La Giornata del Migrante a Loreto per costruire un ‘noi’ più grande

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“A tutti gli uomini e le donne del mondo va il mio appello a camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso”: questo è stato il tweet con il quale papa Francesco ha introdotto la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.

Mentre al termine della recita dell’Angelus il papa ha invitato a non chiudere la porta alla speranza: “Mi unisco a quanti, nelle varie parti del mondo, stanno celebrando questa Giornata; saluto i fedeli riuniti a Loreto per l’iniziativa della Conferenza Episcopale Italiana in favore dei migranti e dei rifugiati.

Saluto e ringrazio le diverse comunità etniche presenti qui in Piazza con le loro bandiere; saluto i rappresentanti del progetto ‘APRI’ della Caritas Italiana; come pure l’Ufficio Migrantes della Diocesi di Roma e il Centro Astalli. Grazie a tutti per il vostro impegno generoso!

E prima di lasciare la piazza, vi invito a avvicinarvi a quel monumento là: la barca con i migranti, e a soffermarvi sullo sguardo di quelle persone e a cogliere in quello sguardo la speranza che oggi ha ogni migrante di ricominciare a vivere. Andate là, vedete quel monumento. Non chiudiamo le porte alla loro speranza”.

Quindi a Loreto si è svolta la celebrazione eucaristica nazionale in occasione della Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato promossa dalla Commissione Cei per le Migrazioni e della Fondazione Migrantes, presieduta da mons. Piero Coccia, presidente della Conferenza Episcopale delle Marche:

“Il Santuario di Loreto definito da papa Francesco nella sua visita del 25 marzo 2019, casa dei giovani, dei malati e della famiglia, compresa quella umana, custodisce la Santa Casa dove fu accolto Gesù il Verbo fatto carne. Questo luogo pertanto ci fa fare memoria dell’accoglienza.

Le Marche inoltre, regione al plurale ma plasmata dalla fede, da sempre ha saputo declinare la sua identità cristiana in sintesi culturali, integrando le varie differenze nella prospettiva dell’accoglienza e dell’arricchimento reciproco.

Di fatto l’accoglienza è nel DNA della nostra gente perché l’esperienza religiosa ha generato una ricca tradizione culturale. Non a caso la regione registra una significativa presenza di persone provenienti da altre terre ed oggi felicemente integrate nel suo tessuto sociale, economico e culturale.

Infine non va sottovalutato il fenomeno della migrazione interna che la regione sta vivendo a causa del recente terremoto e che ha visto migliaia di persone, lasciare l’entroterra per riversarsi sulla costa. Fenomeno questo che molto ha impegnato anche le nostre diocesi”.

Proprio le letture della domenica introducono a capire meglio il migrante: “Il libro dei Numeri ci riferisce la reazione decisa di Mosè di fronte alla richiesta di Giosuè di escludere dal ministero della profezia Eldad e Medad. La tentazione di Giosuè è anche la nostra.

Non di rado anche noi siamo portati all’esclusione dell’altro, anche del migrante. Ma la parola di Dio ci chiama ad un cambio di mentalità. Il migrante è sempre un fratello, anche se meno fortunato di noi, che quasi sempre fugge dalla guerra, dalla fame e dalla violenza di ogni tipo”.

E san Giacomo indica il processo per costruire il ‘noi’: “Pungenti sono le parole dell’apostolo nei confronti di chi assolutizza ed accumula i beni materiali… La costruzione del ‘noi sempre più grande’ richiede una forte convinzione: i beni materiali sono necessari ma non assoluti ed il loro accumulo non è giustificato”.

Mons. Coccia ha invitato a superare ogni forma di ingiustizia che discrimina: “Oggi si rende sempre più necessario il superamento di un duplice pregiudizio: quello della ‘materialità’ intesa come unica sfera realizzativa della persona, come anche quello dell’accumulo dei beni come segno di grande potere.

L’inseguimento di questi ‘miti’ potrebbe renderci corresponsabili di tante ingiustizie anche nei confronti dei migranti i quali non poche volte per un pezzo di pane si piegano ad ogni forma di ricatto e di sfruttamento. Non rendiamoci responsabili di un’umanità disumana!”

Per questo occorre riscoprire l’esperienza della condivisione: “Non sempre ci rendiamo conto che quanto ci è dato o quanto da noi conquistato, va condiviso per motivi di giustizia e di amore fraterno con chi ha meno di noi e vive nel bisogno dell’essenziale: cibo, casa, vestiario, lavoro…

Per costruire un ‘noi sempre più grande’ abbiamo bisogno di sostituire l’ansia del possesso individualistico con il sentimento e la convinzione della condivisione”.

Nel commentare il messaggio papale per la Giornata suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Suore Missionarie Scalabriniane, ha sottolineato: “E’ necessario camminare alla ricerca della collettività, del ‘noi’, abbracciando la diversità delle persone che compongono il mondo.

Il papa nel suo messaggio sottolinea che tutti siamo fratelli. ‘Noi’ vuol dire avere una vita a colori, vuol dire parlare di casa e beni comuni, vuol dire condivisione di culture, di esperienze, di fede, di storie.

La crisi afghana quest’anno ci fa concentrare l’attenzione su un Paese che da più di 40 anni non conosce la parola pace. Ma ci sono tanti angoli del mondo dove si soffre e dove abbiamo il dovere di agire e fare qualcosa.

L’impegno di ognuno di noi, più o meno grande, può fare la differenza. Comprendere le lezioni della storia può voler dire anche sapere che il mondo è uno e che ne siamo custodi. Prendercene cura significa anche tendere la mano a chi ha bisogno”.

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