Vescovi europei: fede patrimonio europeo

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E’ mons. Gintaras Linas Grušas, arcivescovo di Vilnius, il nuovo presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa, eletto dai presidenti delle Conferenze episcopali europee riuniti a Roma in assemblea plenaria, succedendo al card. Angelo Bagnasco. Mons. Grušas è nato il 23 settembre 1961 a Washington D.C. negli Stati Uniti.

E’ cresciuto in una famiglia lituana e prima di entrare in seminario, ha terminato gli studi in Matematica e Informatica presso l’UCLA, l’università di California, a Los Angeles. Ha poi lavorato presso IBM. Ha iniziato i suoi studi in Teologia presso la Franciscan University di Steubenville, in Ohio. Ha poi proseguito i suoi studi per due anni a Roma. Il 25 giugno 1994 è stato ordinato sacerdote nell’Arcicattedrale di Vilnius dall’arcivescovo Audrys Juozas Bačkis. Nello stesso anno è stato scelto come Segretario Generale della Conferenza Episcopale Lituana.

E’ stato rettore del seminario di Vilnius. Il 5 aprile 2013, papa Francesco lo ha elevato al titolo di arcivescovo di Vilnius, succedendo a mons. Bačkis. Il 9 giugno 2014 è stato nominato membro della Congregazione per il clero mentre il 13 luglio 2016 è entrato a far parte del Dicastero per la comunicazione. Dal 28 ottobre 2014 è presidente della Conferenza Episcopale Lituana.

Il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (CCEE) è composto da 39 membri, di cui 33 sono Conferenze Episcopali alle quali si aggiungono gli Arcivescovi del Lussemburgo, del Principato di Monaco, l’Arcivescovo maronita di Cipro e i Vescovi di Chişinău (Moldavia), dell’Eparchia di Mukachevo e dell’Amministrazione Apostolica dell’Estonia. Insieme, rappresentano la Chiesa Cattolica in ben quarantacinque Paesi del continente europeo.

Inoltre sono stati nominati anche i due vice presidenti: card. Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Comece, e mons. Lázlo Nemet, presidente della Conferenza episcopale Cirillo e Metodio.

Nel penultimo giorno i vescovi europei sono stati ricevuti dal presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, che dopo il saluto del card. Bagnasco letto dal card. Bassetti, esprimendo l’esigenza di un’Europa solidale, ha sottolineato l’importanza del ruolo delle Chiese nel sostenere l’edificazione dell’Europa e di una presa di consapevolezza sempre maggiore del valore del fattore religioso per creare una comunità internazionale più giusta:

“Ricorre spesso la tentazione di considerare la conquista della pace, l’affermazione dei diritti di libertà, inclusa quella religiosa, il vivere in società aperte e tolleranti come acquisizioni scontate e irreversibili. Sappiamo, in realtà, che, ancor oggi, molti Paesi sono percorsi da pulsioni particolarmente insidiose, soprattutto in un’epoca in cui, nel mondo, riaffiora la tentazione di asservire le espressioni religiose a motivo di scontro, a pretesto per giustificare discriminazioni di vario segno”.

Nel penultimo giorno il presidente della Repubblica italiana ha messo in evidenza l’importanza della fede: “Nella società europea sta ritrovando spazio la consapevolezza del valore del fattore religioso, nella costruzione di una comunità internazionale più giusta, più solidale, più rispettosa della vita di ogni persona… Esiste un ‘bene comune europeo’ come segnalava, già nel luglio del 1962, Giovanni XXIII, in un indirizzo per la XLIX Settimana sociale di Francia.

A maggior ragione l’Europa deve dimostrare, nei fatti, di essere all’altezza della civiltà che afferma di rappresentare. In tutti gli ambiti che qualificano lo sviluppo umano: sociale, politico, economico, educativo”.

Infine ha ricordato il ruolo delle fedi nel risvegliare la coscienza, come ha sempre esortato san Giovanni Paolo II: “In questo percorso, le personalità religiose dei Paesi europei, hanno un ruolo rilevante nel contribuire a risvegliare le sensibilità assopite e nello stimolare un ampio e fecondo dibattito pubblico, che tocca aspetti cruciali per il futuro della nostra Europa e del mondo intero.

Giovanni Paolo II, in occasione della sua visita al Parlamento Europeo, nel novembre del 1988, auspicava che l’Europa unita si impegnasse a riconciliare l’uomo con la natura, a riconciliare l’uomo con tutti i suoi simili, a riconciliare l’uomo con se stesso. Una missione che non viene mai meno: quella di unire i popoli e i loro destini, per il bene comune dell’umanità”.

Mentre il card. Peter Erdö, già presidente del CCEE, ha messo in evidenza la grande missione del CCEE ovvero “formare un foro di carità fraterna, dove possiamo scambiare le nostre esperienze, studiare dei fenomeni che sono di importanza vitale e mettersi in ascolto delle gioie e delle sofferenze dei nostri confratelli e di cercare di aiutare secondo le nostre possibilità”.

La sfida per i Vescovi europei, indicata dal card. Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i Vescovi, nel suo intervento è di “offrire ai fedeli e all’umanità sofferente del nostro tempo, una comprensione dell’uomo scaturita proprio dal mistero trinitario in tutta la sua ampia articolazione; una visione piena di speranza, che finora è rimasta quasi taciuta o nascosta sotto un certo pudore di sudditanza razionalistica, forse anche per scarso entusiasmo per la potenza illuminante della Parola di Dio”. 

Dieci gli ambiti proposti dal card. Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che le Chiese europee insieme sono chiamate ad affrontare: formazione; carità fraterna; sostegno alle famiglie; difesa della vita umana; nuove generazioni; attenzione ai fragili e ai poveri; migranti; unità dei cristiani; cura dell’ambiente e la pace: “La priorità più urgente è la trasmissione della fede alle nuove generazioni. La Chiesa deve trovare i modi e i linguaggi per educare i giovani di oggi alla fede”.

Nel messaggio conclusivo i vescovi europei invitato a camminare insieme: “Nessuno tema il Vangelo di Gesù: esso ci parla dell’uomo e di Dio, garante della dignità umana, ricorda che nessuno è solo né deve esserlo, che i più deboli devono avere uno sguardo preferenziale.

Ricorda che non esiste libertà senza l’altro, né progresso, poiché ognuno è un bene per tutti: persone, famiglie e Stati. Il punto di sintesi di questo camminare insieme sta in ciascuno come desiderio e in Dio come Principio: Egli non è geloso della creatura umana, del suo desiderio di gioia e di infinito. Ne è piuttosto il principio e il destino”.

(Foto: CCEE)

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