Camille Eid: in Afghanistan è fallita la democrazia

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Ad un mese dal ritiro degli eserciti occidentali dell’Afghanistan i taleban hanno scoperto un’altra delle loro carte, ripristinando le esecuzioni dei condannati per omicidio e le amputazioni delle mani e dei piedi dei condannati per furto, applicando con severità le pene previste dalla sharia, come Arabia Saudita e Iran.

I taleban hanno ripristinato alcune punizioni usate in passato per i piccoli furti: gli accusati vengono portati nelle strade sul retro di furgoncini con le mani legate, a volte con il volto colorato di nero, per esporli a pubblica umiliazione. Ed in questi 40 anni di guerra in Afghanistan ci sono stati 1.500.000 morti e centinaia di migliaia di feriti e mutilati, mentre i profughi sono stati oltre 4.000.000.

Intanto dalle piazze italiane è partito un appello per la tutela dei diritti umani nel Paese, come ha sottolineato sabato scorso Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat e presidente del Women 20, il gruppo di lavoro del G20 sull’empowerment femminile:

“Quella a cui abbiamo assistito è stata una resa senza condizioni sul rispetto dei diritti delle donne e dei diritti mani, i talebani non sono cambiati e noi dobbiamo essere la voce delle donne afghane…

Habiba Sarabi, la ministra della condizione femminile e la prima governatrice donna dell’Afghanistan, ha lanciato un appello agli italiani e all’Onu: servono corridoi umanitari permanente e che ci sia un controllo costante sul rispetto dei diritti delle donne e dei diritti umani in Afghanistan”.

Per comprendere meglio la situazione abbiamo intervistato il giornalista libanese, Camille Eid, docente di lingua araba all’Università Cattolica di Milano ed all’Università di Milano Bicocca, al quale abbiamo chiesto di spiegarci cosa può succedere in Afghanistan dopo l’abbandono dei Paesi occidentali:

“Bisogna attendere i fatti, che comunque finora non sono mancati, per capire questa nuova versione dei taleban. Tra il 1996 ed il 2001 era un gruppo agguerrito contro la modernità, contro i diritti della donna e l’istruzione.

I taleban, che si sono presentati ora anche con una dose di pragmatismo, hanno una versione più modernizzata della loro ideologia, affermando di riconoscere i diritti della donna ed all’istruzione; però concludono con una frase asserendo che tutto deve essere in armonia con i dettami della sharia islamica.

Per ora la cosa più importante è stata la formazione di un governo, che non rispecchia, nonostante le loro promesse, la diversità delle etnie dell’Afghanistan: non ci sono solo pastun, che rappresentano il 40%  della popolazione, ma anche tagiki, uzbeki e molte altre etnie.

Quindi su 33 nuove nomine 30 sono stati assegnati ai pastun, a cui appartengono anche questi taleban, e solo 3 alle altre etnie. Perciò una prima promessa non è stata rispettata. Si può temere che sarà così per tutto il resto. Per quanto riguarda le donne abbiamo visto l’imposizione della separazione del sesso nella scuola e nell’università.

Si teme che, con il trascorrere del tempo, l’andamento non sarà più positivo. Riguardo ai rapporti con gli Stati esteri stanno cercando di tenere ‘buoni’ almeno gli Stati vicini, rassicurandoli che il Paese non sarà un ‘rifugio’ per tutti i gruppi radicali islamici… E’ troppo presto per giudicare, ma non bisogna fidarsi presto”.

Questa situazione ha dimostrato che la democrazia non si può esportare. Dove è stato l’errore dei Paesi occidentali?

“E’ un tasto dolente. La situazione degli ultimi 20 anni è stato un tentativo di democrazia non molto riuscito. La principale causa sia stata quella di ‘costruire’ una classe dirigente corrotta. La stessa cosa è successa anche in Libano.

In questi 20 anni la gestione del potere è stata gestita dai ‘signori’ della guerra hanno scelto personaggi, che nel bene e nel male avevano partecipato a lotte interne, che erano state all’origine dell’arrivo al potere dei taleban nel 1996.

Adesso si è ripetuta la stessa situazione; la popolazione è stufa delle lotte intestine ed ha aperto le porte ai taleban. Nonostante alcuni organi democratici l’Afghanistan era soffocato dalla corruzione, perché arrivavano molti soldi dai Paesi occidentali e molti ‘signori’ si sono ritagliati un proprio feudo per trafficare con l’oppio ed altri traffici illegali. Alla fine la corruzione ha rovinato quella parvenza di democrazia, che l’Occidente ha cercato di mettere a sistema”.

Allora per quale motivo i Paesi occidentali non hanno saputo creare una classe dirigente?

“I Paesi occidentali si sono fidati troppo di gente che non meritava fiducia. La popolazione afgana ha molti eminenti personaggi; però hanno preferito trattare con politici, che nutrivano le proprie ambizioni. In questo senso l’Occidente ha evidenti colpe, scegliendo persone che non avevano il rispetto della popolazione.

Questa situazione ha motivazioni dovute alle dinamiche interne imposte. Questo poteva valere per i primi anni per pacificare il Paese; ma dopo 20 anni ci siamo ritrovati con  le stesse ‘famiglie’ che governano l’Afghanistan…

E’ il fallimento della politica americana, come abbiamo potuto constatare anche in Iraq. Non è la prima volta che succede e non sarà l’ultima. I Paesi occidentali non hanno imparato, o sembra non imparare, dai propri errori”.

Quale ripercussione avrà nel Medio Oriente la presa di potere dei taleban in Afghanistan?

“Certamente avrà un impatto sul prossimo ritiro delle truppe americane dall’Iraq; oppure anche in Siria ai confini con la Turchia nella zona occupata dalla popolazione curda. In questo modo si spiega il ritorno degli attentati nel Kurdistan irakeno.

Secondo me assisteremo ad una crescita di questi attentati, imitando la tattica dei taleban, che prende di mira le basi militari degli americani, costringendoli a lasciare il Paese. Ora c’è un accordo tra Washington e Bagdhad sul ritiro delle truppe americane.

Non sarà esattamente lo stesso copione, però ci fa capire che ormai si adotterà questo modello talebano nei Paesi mediorientali. Poi nell’Africa sub sahariana molte fazioni stanno chiamando gruppi talebani e facendo attacchi contro i francesi, che hanno contingenti militari in quella zona”.        

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