Crociata (Cei) alle strutture sanitarie cattoliche: “Non perdete il vostro spirito originario”

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“Creare strutture solide, grandi ma senza gigantismi, sorrette da reti di protezione e di solidarietà che salvaguardino specificità, identità, inventiva della carità, garantite da buone pratiche e processi virtuosi, nonché da accresciuta efficienza: questa rappresenta una prospettiva realizzabile”. Mariano Crociata, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, delinea così il futuro delle strutture sanitarie cattoliche. Strutture alle quali guarda con preoccupazione non tanto per alcuni scandali di mala gestione (“che si commentano da sé”),  ma soprattutto “per la perdita o quantomeno dell’appannamento di quello spirito che è all’origine di tante vostre opere”.

Crociata si rivolge ai circa 200 responsabili di strutture sanitarie cattoliche che hanno partecipato a un incontro nella mattinata. E struttura l’intervento su due linee: da una parte, il problema di tenere in vita economicamente queste strutture e anche strozzate in qualche modo dai ritardi. Dall’altra, la necessità di dare alle strutture cattoliche una nuova linfa ideale. E d’altronde, a questa strutturazione pensava anche Benedetto XVI quando ha scritto il motu proprio Intima Ecclessia, che indica il profilo ecclesiale, giuridico, per indicare le responsabilità del vescovo in ordine alla loro missione. Non è un caso che Crociata chieda di approfondire proprio quel motu proprio.

Ma il segretario generale della Cei parte proprio dal dato economico. Ci tiene a sottolineare che gli ospedali e le strutture sanitarie di ispirazione cattolica sono inseriti nel sistema pubblico. Ed è vero: sono inserito nell’ambito dell’Azienda Sanitaria Locale, e sono equiparati ai corrispondenti ospedali pubblici. Per questo, le prestazioni sono remunerate dalle Regioni in base al sistema D.R.G.  (Diagnosis Related Group), con tariffe che però sono ferme alla tabella del 1997. Se c’è un deficit di bilancio, lo Stato ripiana l’ospedale pubblico, mentre è la proprietà di quello ecclesiale a dover colmare il debito che eventualmente si crea. E che in genere diventa anche maggiore se si considera che lo Stato dà un tetto alle prestazioni rimborsabili degli ospedali cattolici.

C’è tutto questo dietro le parole di Mariano Crociata, che parla anche di fronte al ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Sottolinea, il numero 2 della Cei, che “le strutture della sanità cattolica sono sottoposte a uno stress gestionale e organizzativo che, in tempi di crisi come l’attuale, mette a repentaglio la sostenibilità del servizio stesso”. E, consapevole del difficile momento economico, ci tiene anche a rimarcare le “disparità che non sempre rispettano la dignità propria di un servizio pubblico”. Ma Crociata è fiducioso, anche perché si appoggia sull’esperienza “del credito di professionalità e talora anche di eccellenza di cui godono le istituzioni sanitarie cattoliche possa trovare riscontro alle attesi di cura dell’intera popolazione”. Una popolazione che non fa troppe differenze tra pubblico e privato, se non “quelle dettate dal credito scientifico e dalla qualità di servizi offerti”.

Ci sono anche da considerare i numeri della sanità cattolica in Italia, e quelli sono forniti da don Carmine Arice, direttore dell’ufficio Cei per la pastorale della Salute, presentando l’incontro. Arice sottolinea che “le Istituzioni sanitarie di matrice ecclesiale sono presenti in 15 regioni Italiane” e comprendono: 2 policlinici universitari, 24 ospedali classificati, 12 Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, 4  Presidi Sanitari, circa 200 strutture tra, Case di cura e Centri di Riabilitazione. Forniscono 45 mila posti letto.  “Vi lavorano – aggiunge Arice – circa70.000 operatori sanitari, di cui 8.000 medici”. E sono cifre che non comprendono “le numerosissime RSA – Case di Riposo e servizi socio assistenziali”. Aggiunge don Arice: “Nel 2009 in un censimento voluto dalla Conferenza Episcopale Italiana,sono state individuate in Italia, e anche qui per difetto, ben 14.246 servizi socio assistenziali e sanitari ecclesiali, servizi che vanno dal piccolo dispensario, al centro di ascolto o mensa per i poveri, ai grandi policlinici”.

È a tutta questa realtà che si riferisce Crociata. Il quale sottolinea la disponibilità della Segreteria della Cei a dialogare con il governo, per “un percorso che conduca a trovare soluzioni di sostenibilità e di durata per strutture socio-sanitarie attanagliate dalla crisi”.

Ma non è solo crisi economica. È anche crisi riguardo la natura stessa delle strutture sanitarie cattoliche. Perché la crisi è economica, ma riguarda anche l’appannamento dello spirito in quelle opere in cui – afferma il segretario della Cei – “si esige qualcosa di più della professionalità e della legalità, che devono essere assicurate con il massimo rigore: se non si radicano nel vivo carisma ispiratore della storia che ci sta alle spalle, anche la tensione etica si vede indebolita fino a estenuarsi”.

Non è secondario – secondo Crociata – che il personale delle strutture cattoliche comprende sempre meno religiosi. “Si tratta – afferma – di una evoluzione che ha ripercussioni significative non soltanto sul piano economico, e che interpella la capacità di rinnovare la fedeltà al carisma da cui le opere sono sorte, rileggendolo alla luce della realtà presente e tenendolo vivo perché continui a portare frutto”.  In fondo, “l’identità specifica delle istituzioni sanitarie cattoliche, infatti, non è un limite né può costituire un elemento di discriminazione. Rappresenta piuttosto una risorsa in più per la capacità che possiede di interpretare profeticamente i mutamenti in atto, mostrando la viva attualità dei carismi fondatori”.

La forte tensione spirituale permette di entrare in dialogo con il territorio, di rispondere a bisogni vivi, ma non sempre considerati in questo tempo di efficientismo, come le strutture per anziani ammalati di malattie degenerative che il segretario generale della Cei cita nella sua relazione. Una vitalità creativa e spirituale che si deve sempre mettere al primo posto, fedeli ai carismi fondatori.

Quale è il futuro delle strutture sanitarie cattoliche? Come possono ripensarsi? “Oltre la falsa alternativa di andare avanti come si è sempre fatto” o di “gettare la spugna di un’opera come se fosse un peso ingombrante”, Crociata vede la strada della collaborazione tra le varie strutture sanitarie di ispirazione cattoliche. “Non ci si lasci ingannare, in questo mondo globalizzato – ammonisce – dal miraggio che la via d’uscita stia nella creazione di colossi o di mastodonti anonimi, facile preda di oscuri gnomi della finanza virtuale”. Piuttosto, si devono “creare strutture solide, grandi ma senza gigantismi, sorrette da reti di protezione e di solidarietà che salvaguardino specificità, identità, inventiva della carità, garantite da buone pratiche e processi virtuosi, nonché da accresciuta efficienza: questa rappresenta una prospettiva realizzabile”.

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