Il Papa: la sinodalità esprime lo stile della Chiesa

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Sabato scorso papa Francesco ha ricevuto in udienza i fedeli della diocesi di Roma, accompagnati dal vicario di Roma, card. Angelo De Donatis per illustrare il ‘processo sinodale’, che si aprirà tra qualche settimana con un intervento articolato che, addentrandosi nella Scrittura, ha messo a fuoco i punti nodali della natura e della missione della Chiesa e nel quale più volte il papa ha inserito sottolineature a braccio volte a far comprendere bene la sorgente e l’importanza del cammino sinodale a cui è chiamata la Chiesa in vista dell’Assemblea del Sinodo dei vescovi del 2023:

“Questo itinerario è stato pensato come dinamismo di ascolto reciproco, voglio sottolineare questo: un dinamismo di ascolto reciproco, condotto a tutti i livelli di Chiesa, coinvolgendo tutto il popolo di Dio. Il Cardinale vicario e i Vescovi ausiliari devono ascoltarsi, i preti devono ascoltarsi, i religiosi devono ascoltarsi, i laici devono ascoltarsi.

E poi, inter-ascoltarsi tutti. Ascoltarsi; parlarsi e ascoltarsi. Non si tratta di raccogliere opinioni, no. Non è un’inchiesta, questa; ma si tratta di ascoltare lo Spirito Santo, come troviamo nel libro dell’Apocalisse…

Ecco come ci parla Dio. Ed è per questa ‘brezza leggera’ (che gli esegeti traducono anche ‘voce sottile di silenzio’ e qualcun altro ‘un filo di silenzio sonoro’) che dobbiamo rendere pronte le nostre orecchie, per sentire questa brezza di Dio”.

La sinodalità è l’essenza della Chiesa: “Il tema della sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri. No! La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione.

E quindi parliamo di Chiesa sinodale, evitando, però, di considerare che sia un titolo tra altri, un modo di pensarla che preveda alternative. Non lo dico sulla base di un’opinione teologica, neanche come un pensiero personale, ma seguendo quello che possiamo considerare il primo e il più importante ‘manuale’ di ecclesiologia, che è il libro degli Atti degli Apostoli”.

Sinodo è un cammino insieme, come è scritto negli Atti degli Apostoli: “Il libro degli Atti è la storia di un cammino che parte da Gerusalemme e, attraversando la Samaria e la Giudea, proseguendo nelle regioni della Siria e dell’Asia Minore e quindi nella Grecia, si conclude a Roma.

Questa strada racconta la storia in cui camminano insieme la Parola di Dio e le persone che a quella Parola rivolgono l’attenzione e fede. La Parola di Dio cammina con noi. Tutti sono protagonisti, nessuno può essere considerato semplice comparsa. Questo bisogna capirlo bene: tutti sono protagonisti”.

L’autorità della chiesa nasceva dall’ascolto di Dio e da quello del popolo, che non devono essere divisi: “Ma quella storia non è in movimento soltanto per i luoghi geografici che attraversa. Esprime una continua inquietudine interiore: questa è una parola chiave, la inquietudine interiore.

Se un cristiano non sente questa inquietudine interiore, se non la vive, qualcosa gli manca; e questa inquietudine interiore nasce dalla propria fede e ci invita a valutare cosa sia meglio fare, cosa si deve mantenere o cambiare.

Quella storia ci insegna che stare fermi non può essere una buona condizione per la Chiesa. E il movimento è conseguenza della docilità allo Spirito Santo, che è il regista di questa storia in cui tutti sono protagonisti inquieti, mai fermi”.

La storia degli apostoli Pietro e Paolo è la dimostrazione: “Pietro e Paolo, non sono solo due persone con i loro caratteri, sono visioni inserite in orizzonti più grandi di loro, capaci di ripensarsi in relazione a quanto accade, testimoni di un impulso che li mette in crisi (un’altra espressione da ricordare sempre: mettere in crisi), che li spinge a osare, domandare, ricredersi, sbagliare e imparare dagli errori, soprattutto di sperare nonostante le difficoltà.

Sono discepoli dello Spirito Santo, che fa scoprire loro la geografia della salvezza divina, aprendo porte e finestre, abbattendo muri, spezzando catene, liberando confini. Allora può essere necessario partire, cambiare strada, superare convinzioni che trattengono e ci impediscono di muoverci e camminare insieme”.

Il sinodo fa vedere cosa è il cristianesimo: “Il cristianesimo deve essere sempre umano, umanizzante, riconciliare differenze e distanze trasformandole in familiarità, in prossimità. Uno dei mali della Chiesa, anzi una perversione, è questo clericalismo che stacca il prete, il Vescovo dalla gente. Il Vescovo e il prete staccato dalla gente è un funzionario, non è un pastore…

L’incontro tra Pietro e Cornelio risolse un problema, favorì la decisione di sentirsi liberi di predicare direttamente ai pagani, nella convinzione … In nome di Dio non si può discriminare. E la discriminazione è un peccato anche fra noi: ‘noi siamo i puri, noi siamo gli eletti, noi siamo di questo movimento che sa tutto, noi siamo…’. No. Noi siamo Chiesa, tutti insieme”.

Il sinodo spiega il dinamismo del ‘sensus fidei’: “Il sensus fidei qualifica tutti nella dignità della funzione profetica di Gesù Cristo, così da poter discernere quali sono le vie del Vangelo nel presente.

E’ il ‘fiuto’ delle pecore, ma stiamo attenti che, nella storia della salvezza, tutti siamo pecore rispetto al Pastore che è il Signore. L’immagine ci aiuta a capire le due dimensioni che contribuiscono a questo ‘fiuto’. Una personale e l’altra comunitaria: siamo pecore e siamo parte del gregge, che in questo caso rappresenta la Chiesa”.

E’ un invito ad esercitare il ‘sensus fidei’: “L’esercizio del sensus fidei non può essere ridotto alla comunicazione e al confronto tra opinioni che possiamo avere riguardo a questo o quel tema, a quel singolo aspetto della dottrina, o a quella regola della disciplina.

No, quelli sono strumenti, sono verbalizzazioni, sono espressioni dogmatiche o disciplinari. Ma non deve prevalere l’idea di distinguere maggioranze e minoranze: questo lo fa un parlamento”.

La Chiesa è la casa di tutti senza distinzione: “E quando alcuni gruppi volevano distinguersi di più, questi gruppi sono finiti sempre male, anche nella negazione della Salvezza, nelle eresie. Pensiamo a queste eresie che pretendevano di portare avanti la Chiesa, come il pelagianesimo, poi il giansenismo. Ogni eresia è finita male. Lo gnosticismo e il pelagianesimo sono tentazioni continue della Chiesa…

Il Sinodo è fino ai limiti, comprende tutti. Il Sinodo è anche fare spazio al dialogo sulle nostre miserie, le miserie che ho io come Vescovo vostro, le miserie che hanno i Vescovi ausiliari, le miserie che hanno i preti e i laici e quelli che appartengono alle associazioni; prendere tutta questa miseria!

Ma se noi non includiamo i miserabili (tra virgolette)– della società, quelli scartati, mai potremo farci carico delle nostre miserie. E questo è importante: che nel dialogo possano emergere le proprie miserie, senza giustificazioni. Non abbiate paura!”

Il Sinodo è un invito a prepararsi alle sorprese, come è narrato al cap. 22 del Libro dei Numeri: “Non siate disincantati, preparatevi alle sorprese. C’è un episodio nel libro dei Numeri che racconta di un’asina che diventerà profetessa di Dio…

Questa storia ci insegna ad avere fiducia che lo Spirito farà sentire sempre la sua voce. Anche un’asina può diventare la voce di Dio, aprirci gli occhi e convertire le nostre direzioni sbagliate.

Se lo può fare un’asina, quanto più un battezzato, una battezzata, un prete, un vescovo, un papa. Basta affidarsi allo Spirito Santo che usa tutte le creature per parlarci: soltanto ci chiede di pulire le orecchie per sentire bene”.

Questo episodio sottolinea che Dio ha bisogno di tutti: “Sono venuto qui per incoraggiarvi a prendere sul serio questo processo sinodale e a dirvi che lo Spirito Santo ha bisogno di voi. E questo è vero: lo Spirito Santo ha bisogno di noi. Ascoltatelo ascoltandovi. Non lasciate fuori o indietro nessuno.

Farà bene alla Diocesi di Roma e a tutta la Chiesa, che non si rafforza solo riformando le strutture (questo è il grande inganno!), dando istruzioni, offrendo ritiri e conferenze, o a forza di direttive e programmi (questo è buono, ma come parte di altro) ma se riscoprirà di essere popolo che vuole camminare insieme, tra di noi e con l’umanità”.

(Foto di repertorio)

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