Papa Francesco ai movimenti chiede testimonianza

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Il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ieri 16 settembre, aveva convocato a Roma i Moderatori, i Presidenti e i Responsabili internazionali di tutti i movimenti ecclesiali, le nuove comunità e le associazioni riconosciute o erette dalla Santa Sede, per riflettere sul tema ‘La responsabilità di governo nelle aggregazioni laicali. Un servizio ecclesiale’, per approfondire i temi contenuti nel decreto generale ‘Le associazioni internazionali di fedeli’ con lo scopo di riflettere sull’esercizio dell’autorità nelle aggregazioni laicali.

Il Simposio, seguito in parte in videoconferenza a causa della pandemia, è stato partecipato da 300 persone che condividono responsabilità di governo in aggregazioni laicali, oltreché alcuni membri e consultori del Dicastero.

Dopo il saluto di benvenuto di papa Francesco il prefetto del dicastero, il card. Farrell ha introdotto i lavori, identificando nel ‘servizio’ l’aspetto fondamentale e irrinunciabile dell’esercizio del governo nelle realtà ecclesiali: servizio alla persona, al carisma e alla missione della Chiesa.

D’altra parte tale servizio può essere compreso solo nella sua dimensione ecclesiale. A tal proposito, ha riflettuto sulla relazione tra governo delle associazioni e autorità ecclesiastica, facendo riferimento alla relazione intrinseca e provvidenziale che esiste tra doni carismatici e doni gerarchici.

Mons. Matteo Visioli, sottosegretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha concentrato la sua relazione sul fondamento teologico-ecclesiologico del concetto di autorità nella Chiesa, rivelandone il paradigma relazionale, per poi formulare alcune conseguenze sull’esercizio dell’autorità della Chiesa, in particolare sui rischi di un esercizio non virtuoso dell’autorità.

Nel pomeriggio, la dott.ssa Linda Ghisoni, sottosegretario per i laici, ha strutturato il suo intervento in tre parti: dopo una panoramica riguardo le realtà ecclesiali interessate dal Decreto, focus dell’incontro, ha considerato il passaggio dal carisma di fondatore al carisma collettivo.

A tal proposito, è stata fondamentale la distinzione operata dalla Ghisoni tra i carismi o doni personali del fondatore e il nucleo essenziale del carisma di fondazione, che è destinato a divenire collettivo e di cui nessuno detiene l’impronta né la proprietà. Si è quindi dato spazio alle testimonianze di Eliana e Paolo Maino, fondatori della comunità ‘Via Pacis’ e di don Stefano Aragno, vicepresidente della Comunità Cenacolo.

Particolarmente interessante l’intervento di don Aragno, che ha raccontato l’esperienza del ‘lasciare’ da un punto di vista completamente diverso, giacché oggi è lui che si ritrova a sostituire nella guida della Comunità Cenacolo la fondatrice, Madre Elvira, impedita dalla malattia a condurre il governo della realtà da ella fondata.

Nel saluto iniziale papa Francesco ha sottolineato che evangelizzare deriva dal battesimo: “Noi dobbiamo capire che l’evangelizzazione è un mandato che viene dal Battesimo; il Battesimo che ci fa insieme sacerdoti, nel sacerdozio di Cristo: il popolo sacerdotale. E non dobbiamo aspettare che venga il sacerdote, il prete a evangelizzare, il missionario… Sì, questo lo fanno molto bene, ma chi ha il Battesimo ha il compito di evangelizzare. Voi avete risvegliato questo con i vostri movimenti, e questo è molto buono”.

Ed ha ringraziato chi in questo periodo ha continuato a testimoniare: “Vi sono grato perché non vi siete fermati: non avete smesso di portare la vostra solidarietà, il vostro aiuto, la testimonianza evangelica anche nei mesi più duri, quando i contagi erano molto alti.

Nonostante le restrizioni dovute alle necessarie misure preventive, non vi siete arresi, anzi, so che tanti di voi hanno moltiplicato il loro impegno, adeguandosi alle concrete situazioni che avevate e avete di fronte, con quella creatività che proviene dall’amore, perché chi si sente amato dal Signore ama senza misura”.

Li ha ringraziati per l’apostolato, ricordando un episodio di santa Madre Teresa: “Con dedizione cercate di vivere e far fruttificare quei carismi che lo Spirito Santo, per il tramite dei fondatori, ha consegnato a tutti i membri delle vostre realtà aggregative, a beneficio della Chiesa e di tanti uomini e donne a cui vi dedicate nell’apostolato.

Penso specialmente a coloro che, trovandosi nelle periferie esistenziali delle nostre società, sperimentano nella loro carne l’abbandono e la solitudine, e soffrono per le tante necessità materiali e le povertà morali e spirituali. Farà bene a tutti noi ricordare ogni giorno non solo le povertà altrui, ma anche, e prima di tutto, le nostre.

La tentazione dell’ateismo, quando viene nella preghiera. La povera Madre Teresa ha sofferto tanto perché è la vendetta del diavolo per il fatto che noi andiamo lì, alle periferie, dove c’è Gesù, proprio dove è nato Gesù. Preferiamo un Vangelo sofisticato, un Vangelo distillato, ma non è Vangelo, il Vangelo è questo. Grazie. Farà bene a tutti pensare a queste povertà”.

E si è soffermato sul decreto riguardante le associazioni internazionali di fedeli: “Governare è servire. L’esercizio del governo all’interno delle associazioni e dei movimenti è un tema che mi sta particolarmente a cuore, soprattutto considerando i casi di abuso di varia natura che si sono verificati anche in queste realtà e che trovano la loro radice sempre nell’abuso di potere.

Questa è l’origine: l’abuso di potere. Non di rado la Santa Sede, in questi anni, è dovuta intervenire, avviando non facili processi di risanamento. E penso non solo a queste situazioni tanto brutte, che fanno rumore; ma anche alle malattie che vengono dall’indebolimento del carisma fondazionale, che diventa tiepido e perde la capacità di attrazione”.

Il decreto è valido per tutte le associazioni perché c’è il rischio di svilire la dimensione del servizio, a cui si è chiamati: “E cadiamo nella trappola della slealtà quando ci presentiamo agli altri come gli unici interpreti del carisma, gli unici eredi della nostra associazione o movimento; oppure quando, ritenendoci indispensabili, facciamo di tutto per ricoprire incarichi a vita; o ancora quando pretendiamo di decidere a priori chi debba essere il nostro successore…

Nessuno è padrone dei doni ricevuti per il bene della Chiesa (siamo amministratori), nessuno deve soffocarli, ma lasciarli crescere, con me o con quello che viene dopo di me. Ciascuno, laddove è posto dal Signore, è chiamato a farli crescere, a farli fruttificare, fiducioso nel fatto che è Dio che opera tutto in tutti e che il nostro vero bene fruttifica nella comunione ecclesiale”.

(Foto: Santa Sede)

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