Don Gallo: l’amore per la Chiesa e gli ‘ultimi’

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Sabato 25 maggio a Genova si sono celebrati i funerali di don Andrea Gallo, il sacerdote degli ‘ultimi’, alla chiesa del Carmine,dove celebrò la sua prima messa e da dove fu cacciato negli anni ’70. Il rito delle esequie è stato celebrato dal card. Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che è stato contestato, ma la segretaria di don Gallo, Lilli rivolgendosi ai contestatori, ha detto: “Così mancate di rispetto allo stesso Gallo. Lui ha sempre creduto nella Chiesa”. L’arcivescovo di Genova ha ricordato il suo amore per la città: “Negli ultimi giorni della malattia, curato ed accompagnato dai familiari e dai tanti amici, andai a trovarlo a casa. Come sempre era felice e grato dell’incontro, sereno e a tratti scherzoso. Nella sua stanza da una parte l’immagine della Madonna, dall’altra la finestra sul porto. Potremmo dire le due presenze della sua vita di sacerdote e di uomo. Tra questi due poli ha camminato. L’amore a Genova, e l’amore alla Santa Vergine, al figlio Gesù, al Vangelo e alla Chiesa”.

Alle esequie ha preso la parola anche don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera, che ha ricordato che “don Andrea è stato sacerdote, un prete che ha dato nome a chi non l’aveva o, se lo aveva, se lo era visto negare da qualcuno per riconoscere la dignità, la libertà della persona su cui bisogna continuare sempre a scommettere… Don Andrea è stato un sacerdote, un prete, che ha dato un nome a chi non lo aveva o se lo era visto negare da qualcuno. Ci ha insegnato a guardare nei nostri limiti. Se trovate qualcuno che ha capito tutto, a nome di Don Gallo e mio, salutatelo e cambiate strada, per piacere. E’ la strada che ci ha insegnato che ogni persona è vita, è storia. E che la diversità mai deve diventare avversità”.

 

Nell’omelia il card. Bagnasco ha ripercorso la vita di don Andrea Gallo, ricordando le parole di don Giovanni Bosco, ‘l’educazione è una questione del cuore’: “Ovunque svolse il suo ministero sacerdotale, lo sguardo e il cuore erano attirati da coloro che portavano più evidenti le ferite della vita, quelle del corpo e quelle dell’anima. Come il samaritano del Vangelo, e come è missione di ogni sacerdote, ha cercato di lenire i dolori di chi incontrava con l’olio della consolazione e il vino della fiducia, ridonando speranza per guardare al domani. Anche qui svolse il suo ministero, e infine approdò nella Parrocchia di San Benedetto al Porto dove ebbe inizio la Comunità: cominciò quasi alla spicciolata, aprendo la porta a chi bussava e cercava calore. E la comunità, da iniziale ricovero e incontro, divenne sempre più abbraccio fecondo di chi si sentiva o appariva ai margini, forse senza nome. Don Andrea sapeva che, la sua, era una risposta a coloro che, per motivi diversi, sono percossi dalla vita; una risposta alle tante malattie che tolgono la luce, ma non la voglia di cercare o solo attendere un sorriso e una carezza”.

E dal carcere di Padova gli scrive una appassionante lettera l’ergastolano Carmelo Musumeci (che Korazym lo aveva intervistato), perché era il primo firmatario contro l’ergastolo: “E’ da poco calata la sera dentro la mia cella e il blindato è già chiuso, ho appena saputo dalla televisione della tua morte. E le ombre dentro questo buco si sono fatte più fitte. Ciao Don Gallo, oggi sono un uomo ombra ancora più triste, la tua partenza lascia un altro vuoto nella mia vita e nel mio cuore. Non ti ho mai conosciuto di persona e non ho mai avuto tanta simpatia per i preti dopo tutte le botte che ho preso da loro in collegio da piccolo, ma tu eri uno di quelli che da grande mi hanno fatto venire dei dubbi…

Quando ti ho chiesto di aiutarmi a far conoscere che in Italia esiste la ‘Pena di Morte Viva’, l’ergastolo ostativo ad ogni beneficio, che fa morire in carcere un uomo senza la compassione di ucciderlo prima, tu sei stato davvero uno dei primi che ha aderito e il tuo nome è in prima pagina nella lista dei primi firmatari dell’iniziativa ‘Firma contro l’ergastolo’. Ciao Don Gallo, grazie per tutte le volte che hai fatto sentire la tua voce per noi, che ci hai prestato un po’ della tua luce per dire alla società civile che il male non potrà mai essere sconfitto con altro male, che non serve a nessuno la sofferenza di un uomo destinato a morire dentro una cella che è già la sua tomba… Ciao Don Gallo, tu ora che sei libero nell’universo, non dimenticarti di noi che ancora viviamo murati vivi tra ferro e cemento per tutti i nostri giorni”.

 

 

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