Le Chiese per salvare il Creato: scegliere la vita

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Nell’udienza generale della scorsa settimana papa Francesco aveva detto che avrebbe scritto un documento sul creato insieme al patriarca ecumenico Bartolomeo ed all’arcivescovo di Canterbury, Welby, unendosi per la prima volta in un appello urgente per il futuro del pianeta e mettendo in guardia sull’urgenza della sostenibilità ambientale, sul suo impatto sulla povertà e sull’importanza della cooperazione globale:

“Per oltre un anno abbiamo tutti sperimentato gli effetti devastanti di una pandemia globale: tutti, poveri o ricchi, deboli o forti. Alcuni sono stati più protetti o più vulnerabili di altri, ma la rapida diffusione dell’infezione ha comportato che dipendessimo gli uni dagli altri nei nostri sforzi per stare al sicuro. Abbiamo compreso che, nell’affrontare questa calamità mondiale, nessuno è al sicuro finché non lo sono tutti, che le nostre azioni davvero influiscono sugli altri e che ciò che facciamo oggi influenza quello che accadrà domani”.

In questa situazione l’appello è un invito a non sprecare la vita, perché come afferma il libro del Deutoronomio (‘Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza’): “Dobbiamo scegliere di vivere in modo diverso; dobbiamo scegliere la vita. Settembre viene celebrato da molti cristiani come Tempo del Creato, un’opportunità per pregare e prendersi cura della creazione di Dio”.

Un passo decisivo in vista dell’appuntamento di novembre a Glasgow: “Mentre i leader mondiali si apprestano ad incontrarsi a Glasgow a novembre per deliberare sul futuro del nostro pianeta, preghiamo per loro e riflettiamo su quali sono le scelte che tutti dobbiamo compiere. Perciò, come guide delle nostre Chiese, esortiamo tutti, quale che sia la loro fede o visione del mondo, a cercare di ascoltare il grido della terra e delle persone povere, esaminando il proprio comportamento e impegnandosi a compiere sacrifici significativi per il bene della terra che Dio ci ha donato”.

Nel documento si sostiene l’importanza  della sostenibilità come responsabilità nella custodia delle risorse: “Nel Nuovo Testamento leggiamo dell’uomo ricco e stolto che accumula una grande abbondanza di grano, dimenticando che la sua vita è limitata. Sentiamo del figliol prodigo, che prende prima la sua eredità solo per sperperarla e finire affamato.

Veniamo messi in guardia dall’adottare opzioni a breve termine, in apparenza poco costose, di costruire sulla sabbia invece di costruire sulla roccia perché la nostra casa comune resista alle tempeste. Tali racconti ci invitano ad adottare una visione più ampia e a riconoscere il nostro posto nella lunga storia dell’umanità”.

Il documento, di contro, sottolinea che la Parola di Dio non è ascoltata: “Però abbiamo preso la direzione opposta. Abbiamo massimizzato il nostro proprio interesse a scapito delle generazioni future. Concentrandoci sulla nostra ricchezza, scopriamo che i beni a lungo termine, tra cui l’abbondanza della natura, vengono consumati per il vantaggio a breve termine. La tecnologia ha dischiuso nuove possibilità di progresso, ma anche di accumulazione di ricchezza illimitata, e molti di noi si comportano in modi che dimostrano scarsa preoccupazione per le altre persone o per i limiti del pianeta”.

Dal questa inosservanza deriva l’invito a cambiare direzione, cioè a compiere una conversione: “La natura è resiliente, e tuttavia delicata. Stiamo già assistendo alle conseguenze del nostro rifiuto di proteggerla e preservarla. Ora, in questo momento, abbiamo un’opportunità per pentirci, per voltarci con determinazione, per dirigerci verso la direzione opposta. Dobbiamo perseguire generosità e correttezza nei modi in cui viviamo, lavoriamo e usiamo il danaro piuttosto che il guadagno egoistico”.

Anche perchè tale modello di vita ha un forte impatto su chi soffre: “L’attuale crisi climatica dice molto su chi siamo e su come vediamo e trattiamo il creato di Dio. Ci troviamo dinanzi a una giustizia severa: perdita di biodiversità, degrado ambientale e cambiamento climatico sono le conseguenze inevitabili delle nostre azioni, poiché abbiamo avidamente consumato più risorse della terra di quanto il pianeta possa sopportare.

Ma ci troviamo anche di fronte a una profonda ingiustizia: le persone che subiscono le conseguenze più catastrofiche di tali abusi sono quelle più povere del pianeta e che hanno avuto meno responsabilità nel causarle.

Serviamo un Dio di giustizia, che si compiace nella creazione e crea ogni persona a Sua immagine, ma che ascolta anche il grido delle persone povere. Perciò c’è in noi una chiamata innata a rispondere con angoscia quando vediamo questa ingiustizia devastante”.

Il prezzo è caro: “I disastri atmosferici e naturali estremi degli ultimi mesi ci rivelano nuovamente con grande forza e con un grande costo umano che il cambiamento climatico non è soltanto una sfida futura, ma anche una questione di sopravvivenza immediata e urgente. Inondazioni, incendi e siccità diffuse minacciano interi continenti.

I livelli dei mari aumentano, costringendo intere comunità a trasferirsi; cicloni devastano intere regioni, rovinando vite e mezzi di sussistenza. L’acqua è diventata scarsa e le scorte di cibo sono incerte, causando conflitto e dislocazione per milioni di persone.

Lo abbiamo già visto in luoghi dove le persone dipendono da proprietà agricole di piccola scala. Oggi lo vediamo nei Paesi più industrializzati, dove anche le infrastrutture sofisticate non possono impedire completamente la distruzione straordinaria”.

Però il documento invita  alla cooperazione, che pone davanti ad una scelta: “Ognuno di noi, individualmente, deve assumersi la responsabilità di come vengono usate le nostre risorse. Questo cammino esige una collaborazione sempre più stretta tra tutte le Chiese nel loro impegno di prendersi cura del creato. Insieme, come comunità, Chiese, città e nazioni, dobbiamo cambiare rotta e scoprire nuovi modi di collaborare per abbattere le tradizionali barriere tra popoli, smettere di competere per le risorse e iniziare a collaborare…

Questa è la prima volta che noi tre ci sentiamo costretti ad affrontare insieme l’urgenza della sostenibilità ambientale, il suo impatto sulla povertà persistente e l’importanza della cooperazione mondiale. Insieme, a nome delle nostre comunità, facciamo appello al cuore e alla mente di ogni cristiano, di ogni credente e di ogni persona di buona volontà… Scegliere la vita significa fare sacrifici ed esercitare autocontrollo”.

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