Palermo ha festeggiato santa Rosalia

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Prendersi cura dell’altro per ‘costruire la casa comune nella giustizia, nella solidarietà e nella pace’: questo è stato l’impegno chiesto ai palermitani dall’arcivescovo della città, mons. Corrado Lorefice, nella festa liturgica di santa Rosalia, la Santuzza, la sua patrona, che nell’omelia ha parlato del rischio di un cristianesimo senza Cristo:

“Oggi rischiamo un cristianesimo senza amore di Cristo, e di vivere una fede che non immette nella città umana l’alto potenziale dell’amore fraterno, della cura reciproca, energia necessaria perché si possa costruire la casa comune (la città e il pianeta terra che abitiamo) nella giustizia, nella solidarietà e nella pace. Rosalia, vergine-sposa saggia, ci ricorda che non può venire meno quest’olio, l’olio della fede-amore, capace di attraversare anche la notte. Urge una fede che ci faccia amare Dio e i fratelli.

Questa è la fede che ci testimonia Rosalia. La bellezza di questa fede. Un amore conosciuto e vissuto. Per Dio e per i fratelli. E mio fratello e mia sorella sono ogni persona che incontro, vicina o lontana per provenienza geografica, culturale, religiosa. A maggior ragione se porta i segni delle pesti e delle pandemie della vita, di quelle naturali e di quelle determinate dall’incuria umana, dalla bramosia voraginosa dei cuori induriti dalla mancanza di amore”.

Ed ha richiamato l’amore della patrona palermitana verso Dio: “L’intensità dell’amore se è forte come la morte, vince perché sopravvive oltre la morte… Ciò che l’ha condotta è l’amore attrattivo e preveniente di Dio, che chiama alla comunione con lui, verità che libera il cuore e lo unifica. La conoscenza ‘dell’amore di Cristo che supera ogni conoscenza’. Conoscenza nella rivelazione ebraico cristiana sta per relazione vera e viva, coinvolgimento di tutto l’essere, del cuore, dei sentimenti, della mente, del corpo”.

Questo amore consente una libertà forte di prendersi cura del prossimo: “Un amore così forte da permettere a Rosalia una radicale libertà interiore dalle cose materiali per potersi prendere cura (nonostante l’abbandono della sua casa e la separazione dalla sua e nostra città; di noi suoi fratelli che viviamo a valle, nelle strade e nelle case che popoliamo e abitiamo, lì dove gioiamo e soffriamo, lì dove prende quotidianamente corpo la polarità comunione/divisione, solidarietà/indifferenza, salute/malattia, benessere/povertà, amore/odio, pace/violenza, vita/morte”.

La vita della santa ricorda che bisogna scegliere di innamorarsi: “Santa Rosalia ci ricorda però che a un certo punto della vita bisogna porre fine alle tante e diverse esperienze che rincorriamo e che ci rincorrono; prendere consapevolezza dei tanti condizionamenti sempre più subdoli e pervasivi della nostra società opulenta che atrofizzano il cuore fino a  non farci riconoscere nell’altro il valore e la dignità di persona impressi nel volto, soprattutto dei più fragili, dei piccoli, dei senza voce;

scegliere, con una decisione forte e definitiva, decidersi a dare una risposta ad una chiamata, un’adesione positiva a qualche cosa, o meglio a Qualcuno; ‘innamorarsi’ definitivamente, scegliere di amare Dio e di amare i fratelli, gustare la comunione con Dio che apre la vita alla conoscenza dell’amore dei fratelli e delle sorelle, alla responsabilità per l’altro,  all’esserci-per-altri”.

Infine ha ricordato la salita al Monte Pellegrino: “Per questo siamo saliti ancora una volta a Monte Pellegrino da S. Rosalia. Per rinnovare l’olio dell’amore di Dio e del prossimo. L’eremitaggio o il monachesimo non è l’unica forma di conoscenza e di servizio divino e di concretizzazione del cristianesimo. Ogni cristiano che voglia vivere con autenticità e gioia la sua fede deve continuare con decisione e senza tentennamenti nel suo impegno e nel proprio stato di vita. Deve continuare a vivere in famiglia, nella professione, in città. Ma Dio chiede a tutti una relazione d’amore”.

Perciò il cristianesimo è relazione, ha concluso mons. Lorefice: “Rosalia è qui a ricordarci che il cristianesimo o è una relazione personale che segna la vita e tutte le relazioni oppure, oggi più che mai, è destinato a rimanere un sempre meno attrattivo intrattenimento religioso. Ma forte come la morte è l’amore. Le grandi acque non lo possono spegnere!”

(Foto: Diocesi di Palermo)

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