Mons. Sorrentino è vescovo anche di Foligno

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Sabato 28 agosto l’arcivescovo di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, mons. Domenico Sorrentino, è stato accolto dal popolo folignate come nuovo pastore con un richiamo alla sinergia dopo la decisione di papa Francesco di unire le due diocesi ‘nella persona del vescovo’, che succede a mons. Gualtiero Sigismondi, vescovo di Orvieto-Todi:

“Il mio compito porta inscritto il disegno dell’unità. Quello di cui la Chiesa e il mondo hanno fame. Unità che non mortifica le differenze ma moltiplica le risorse, sprigionando nuovi slanci di crescita, di servizio, di testimonianza. Con piacere ho visto che nella mia bolla di nomina anche il Papa, al quale va il mio grato e affettuoso pensiero, suggerisce questo percorso esigente e affascinante, citando le parole della grande mistica Angela: Amare Cristo povero, per diventare con lui poveri”.

Ed è stato proprio mons. Sigismondi, che ha guidato la diocesi per 13 anni, a consegnare il pastorale a mons. Sorrentino con le parole dell’apostolo san Giacomo: “Le parole dell’apostolo Giacomo riassumono i pensieri che attraversano il mio cuore in questo momento che, nella sua solennità, è segnato da tratti di vera familiarità: porta per me la trepidazione del lasciare e per lei, carissimo Arcivescovo Domenico, il timore e la gioia grande del ricominciare”.

La consegna del pastorale gli ha richiamato alla mente le parole di sant’Ambrogio: “Un anziano pastore dell’Altopiano di Colfiorito mi ha fatto notare che il bastone non deve superare l’altezza del mento, perché esso ha la funzione non solo di sostenere il passo, ma anche di alleviare la stanchezza delle gambe quando, nei giorni d’inverno o di pioggia, non ci si può sdraiare per terra”.

Nell’omelia mons. Sorrentino ha sottolineato il bisogno di testimoniare l’unità: “Questo inizio del mio ministero in mezzo a voi ci trova ancora con i volti nascosti a causa della pandemia e privi del simbolo unificante della cattedrale. Vi sono per questo doppiamente grato per la vostra accoglienza. Grazie anche ai fratelli e sorelle della diocesi di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino, che, in presenza o spiritualmente, mi accompagnano.

Continuerò a servirli, ma essi sanno bene che il mio cuore si è dilatato fino a voi, e tutto ormai nella mia vita, le mie forze, il mio tempo, la mia agenda, la mia preghiera, dovrà essere condiviso con entrambe le famiglie ecclesiali. Il mio compito porta inscritto il disegno dell’unità. Quello di cui la Chiesa e il mondo hanno fame. Unità che non mortifica le differenze ma moltiplica le risorse, sprigionando nuovi slanci di crescita, di servizio, di testimonianza”.

L’arcivescovo ha evidenziato l’illusione di ‘essere credenti’, riprendendo la lettura di san Giacomo: “La fede è un’altra cosa, e in questo brano è sintetizzata come una scelta di campo, che ci fa stare lontano dalla mondanità, per far nostro il modo di pensare di Dio…

Mettiamo pure, per attualizzare, al posto dei termini ‘orfani’ e ‘vedove’, tutti i volti concreti delle mille povertà, lontane e vicine, mettiamoci i terremotati haitiani o le donne afghane, mettiamoci il povero della porta accanto, che spesso soffre senza che nessuno se ne accorga, perché povertà non è solo bisogno di pane, ma anche bisogno di uno sguardo, di un sorriso, di una premura, di un tempo dedicato nella gratuità”.

Ed ha ricordato le parole della beata Angela da Foligno, che il papa ha scritto nella bolla di nomina: “Non è ovviamente il programma della ‘miseria’. E’ piuttosto l’evangelico ‘beati i poveri di spirito’, che ci fa essere figli totalmente abbandonati alle braccia del Padre, e per questo esperti del dono e capaci di dono. Il senso di queste ‘tre balze’, da scalare insieme, pastore e popolo, è quello di una vita che torna alla sua verità, ritrova l’essenziale, e soprattutto si rituffa nell’Amore”.

Ed ha esposto il suo programma pastorale: “Dico subito e con semplicità: il mio programma è Gesù. Niente di più, niente di meno. Come lo è stato per voi finora. Gesù da riproporre con slancio missionario alla nostra società, alle nostre famiglie, ai nostri giovani.

Gesù col suo Vangelo, perché il Vangelo sia lievito di fraternità, di cultura autentica, di economia solidale, di una politica posta al servizio del bene comune. Gesù insomma ragione stessa della nostra vita.

Come declinare tutto questo in scelte concrete, personali e pastorali, lo vedremo insieme, con il metodo sinodale che a voi è già caro, sperimentato nei tanti anni di generoso e fecondo servizio di mons. Sigismondi, al quale esprimo il mio affetto davvero fraterno”.

(Foto: Diocesi di Foligno)

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