Afghanistan: non abbandoniamo i cittadini

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“Seguo con grande preoccupazione la situazione in Afghanistan, e partecipo alla sofferenza di quanti piangono per le persone che hanno perso la vita negli attacchi suicidi avvenuti giovedì scorso, e di coloro che cercano aiuto e protezione. Affido alla misericordia di Dio Onnipotente i defunti e ringrazio chi si sta adoperando per aiutare quella popolazione così provata, in particolare le donne e i bambini. Chiedo a tutti di continuare ad assistere i bisognosi e a pregare perché il dialogo e la solidarietà portino a stabilire una convivenza pacifica e fraterna e offrano speranza per il futuro del Paese. In momenti storici come questo non possiamo rimanere indifferenti, la storia della Chiesa ce lo insegna. Come cristiani questa situazione ci impegna”.

Con questo appello al termine dell’Angelus di ieri papa Francesco ha chiesto di pregare intensamente per il popolo afgano, colpito da guerra ed attentati, dopoché l’Occidente ha fatto il disastro e stanno abbandonando la popolazione ai combattenti dell’Isis ed ai talebani, dopo l’attentato in aeroporto. E’ il fallimento della NATO, come ha sottolineato Alessandro Marescotti sul sito di Peacelink:

“Nel 1975, quando finì la guerra del Vietnam, la disfatta militare americana venne salutata come un evento positivo. Non solo per la disfatta in sé, ma per la lezione che essa comportava verso la leadership americana che per quindici anni non tentò, fino alla guerra dell’Iraq, altre avventure militari.La disperazione dei soldati americani, ogni giorno si suicidano

Oggi occorre constatare che il delirio di onnipotenza americano di plasmare il mondo è fallito, almeno per ora. Ed è una cosa positiva che sia finito questo delirio di onnipotenza che alimentava la guerra infinita. E’ stato evidente il collasso di un governo fantoccio che, dopo aver prosciugato una parte degli oltre duemila miliardi bruciati in questa guerra ‘democratica’, si è sbriciolato in pochi giorni. In pochi giorni venti anni di menzogne si sono polverizzate”.

E’ un atto di accusa contro i Paesi occidentali: “I millantati progressi della società afghana sono emersi in tutta la loro vergognosa falsità negli Afghanistan Papers… Oggi la realtà emerge e ci dice che siamo stati tutti avvolti da una nube invisibile di informazioni narcotizzanti, le quali hanno addormentato anche parti importanti del movimento pacifista che non ha chiesto con la sufficiente determinazione il ritiro dei contingenti militari.

Avevamo di fronte una raffinata forma di imperialismo che utilizzava i diritti umani per giustificare l’estensione della Nato fuori dalla sua area geografica originaria, delimitata nell’articolo 6 del Trattato del 1949”.

Alessandro Marescotti ha sottolineato che la ‘strategia’ occidentale è stata fondamentale: “Occorre prima di tutto essere chiari: la strategia dell’Occidente non può essere quella di destabilizzare l’Afghanistan per una sorta di rivincita. Destabilizzare l’Afghanistan significa favorire la crescita del terrorismo dell’ISIS che cerca – lo si è visto con i recenti attentati – di puntare alla destabilizzazione dell’Afghanistan per insediarsi pericolosamente”.

I Paesi occidentali hanno chiuso ‘gli occhi’ su due problemi fondamentali: “Quello che dobbiamo chiedere all’Afghanistan è la fine delle coltivazioni di oppio che hanno fatto dell’Afghanistan un narcostato, su cui gli occupanti occidentali hanno chiuso un occhio. E’ un tumore economico che alimenta una metastasi mondiale a cui occorre porre rimedio.

L’altro nemico è la povertà, che favorisce la misera condizione della donna e la sua mancata emancipazione. E qui occorre una forte pressione perché il nuovo governo apra spiragli di novità rispettando le promesse fatte nella prima conferenza stampa sui diritti umani”.

L’Italia ha anche alimentato tale guerra: “Altro grande nemico è la guerra, che anche l’Italia ha alimentato. Abbiamo puntato su ciò che creava il problema e non sulla sua soluzione. Il rapporto con il nuovo governo afghano deve essere improntato sulla pace, oltre che sul rispetto dei diritti umani fondamentali.

Occorre cambiare strada e noi, come pacifisti, possiamo avere la voce libera per indicare una strada che vada nell’interesse del popolo afghano e non delle lobby militari che in questi venti anni hanno dominato la scena”.

Un altro ‘orrore’ causato da tale ‘invasione’ è stato il carcere di Guantanamo: “E, come gesto simbolico ma concreto, possiamo e dobbiamo esigere la chiusura della prigione di Guantanamo. Perché il medioevo è lì. Se ai talebani va chiesto il rispetto dei diritti umani, come è giusto che sia, occorre che l’esempio parta da noi, chiedendo agli Stati Uniti la chiusura della prigione di Guantanamo, simbolo della violazione occidentale dei diritti umani”.

Per questo l’Azione cattolica italiana ha sostenuto l’iniziativa promossa da Economy of Francesco (EoF), invitando a scendere in piazza al grido di ‘Le donne afgane esistono – Together we stand’ in una sorta di marcia globale a favore delle donne e delle bambine dell’Afghanistan, nuovamente sotto la morsa della repressione da parte dei talebani:

“Perché, purtroppo, come in tutti i conflitti e gli scenari di guerra, a pagare il prezzo maggiore sono sempre le donne, a prescindere dalla loro età. E le afgane sono di nuovo schiave, private dei loro diritti e delle loro libertà, anche se con coraggio, nelle strade di Kabul continuano a lottare per i loro diritti al grido di ‘Sostenete la nostra voce! Non ci fate sparire. Mondo, riesci a sentirci?’.

Non possiamo far finta che tutto questo non stia succedendo! EoF lancia una marcia globale chiedendo di scendere in piazza o nelle strade delle nostre città per far sentire la nostra vicinanza alle donne afgane: nelle mani e alle finestre delle nostre case, EoF chiede di indossare o apporre un pezzo di stoffa blu, come quello che le vuole nascondere, per dire alle donne afgane che siamo con loro, che le vediamo, che le sentiamo e che non abbiamo intenzione di lasciarle sole”.

Infine suor Neusa de Fatima Mariano, superiora generale delle Scalabriniane, ha chiesto di aprire i corridoi umanitari: “Sempre più persone oggi si preoccupano di quanto sta avvenendo in Afghanistan, soprattutto per il grande pericolo a cui sono esposte le donne.

Il mondo delle istituzioni, della cooperazione internazionale, deve essere sempre più convinto che la soluzione principale è quella delle porte aperte, per aiutare le tante persone che stanno richiedendo asilo.

Lo stiamo vivendo in questi giorni nella piccola isola di Lesbo, in Grecia, dove nella missione svolta dalla nostra congregazione, possibile grazie alla partecipazione a un progetto della Comunità di Sant’Egidio, vediamo tanti afghani preoccupati e segnati per tanto dolore. Alle spalle hanno il terrore, davanti a loro c’è l’ansia di non poter avere un futuro”.

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