Al Meeting di Rimini il sogno di pace di Giorgio La Pira

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L’Incontro del Mediterraneo, che si terrà nei mesi iniziali del nuovo anno a Firenze, la città di Giorgio La Pira, che “cosa altro è se non un Sinodo dove riunirsi, valutare proposte, esperienze e progettare insieme. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno non solo per la Chiesa italiana ma per tutto il mondo”: lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nell’incontro al Meeting di Rimini, sul tema: ‘Mediterraneo, frontiera di pace’ con il sindaco di Firenze, Dario Nardella.

Il tema della pace nel Mediterraneo è stato un ‘segno/sogno’ del sindaco di Firenze, Giorgio La Pira, concretizzando un appuntamento con i sindaci delle città mediterranee nel 2022: “Dall’antichità cristiana il respiro mediterraneo mancava nel discernimento ecclesiale dei vescovi… Oggi siamo giunti a un punto della storia umana che non possiamo più permetterci dinamiche di contrapposizione e dobbiamo riscoprire il ‘rivale’ come abitante dell’altra riva, amico e vicino, il prossimo. Torniamo a essere veri rivali nel Mediterraneo”.

Un incontro che impatta con il titolo del meeting: “Una riflessione molto importante, perché mi porta a dire ‘io sono l’altro’ e se ci si mette in questa logica tutto cambia, tutto si trasforma, perché si mette in pratica il Vangelo di Cristo. Mentre questo ‘io’ così difeso e urlato da tutte le parti nella società contemporanea è soltanto la brutta maschera che ci si mette per coprire ciò che non abbiamo di bello”.

Il tema della  pace attraverso il dialogo interreligioso ha impegnato il presidente della Cei nel confronto riminese con il sindaco di Firenze: Dario Nardella ha lanciato con la Cei l’iniziativa dell’incontro del 2022 tra vescovi e sindaci del Mediterraneo:

‘Quest’assise è figlia infatti dell’incontro di Bari’, raccontando di aver riscontrato entusiasmo in papa Francesco di fronte all’idea di un nuovo incontro dopo quello in cui, a Bari, il pontefice aveva chiesto di rialzare le città distrutte dalla violenza.

I vescovi dell’area hanno colto l’idea con altrettanto entusiasmo e con loro le autorità delle altre religioni, ha spiegato ancora il presidente della Cei: “L’appuntamento coinvolgerà le comunità ecclesiali e civili del ‘Mare Nostrum’ e si svilupperà attorno al tema della cittadinanza e della fraternità. Io spero che a Firenze possano riunirsi le tre religioni abramitiche, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam”.

E non ha nascosto le paure: “Avevo paura di andare avanti dopo Bari. Poi venne da me il sindaco di Firenze, Dario Nardella, che mi disse che se avessi convocato i vescovi a Firenze, lui avrebbe fatto lo stesso con i sindaci del Mediterraneo. Ci sono tanti sindaci giovani nel mondo e siete un segno di speranza per il mondo. La loro missione non è molto distante da quella dei vescovi e dei sacerdoti: stare vicino alla gente”.

Infine ha sottolineato come “nei monasteri le monache stanno già pregando per questo incontro di pace e noi abbiamo un grande bisogno della loro preghiera”.

Per il sindaco di Firenze occorre ‘unire le città per unire le nazioni’, prendendo a prestito il titolo di un libro dedicato a Giorgio La Pira: “Essere considerato l’erede del patrimonio culturale di Giorgio La Pira mi terrorizza, spaventa, perché la sua eredità è talmente importante da interessare non solo Firenze e l’Italia, ma il mondo intero. Perché lui sapeva parlare del mondo al mondo, al vertice di una città immersa nelle questioni internazionali”.

Ed ha ricordato una frase di La Pira: “Le città restano; i regni passano. Ecco allora dobbiamo chiederci: di ‘cosa’ è fatto il Mediterraneo? Della storia, anche millenaria, di città che lo circondano, cadute, risollevate, che hanno visto cambiare i confini dei regni cui appartenevano ma sono sempre rimaste lì. Ecco, sono le città propriamente l’elemento in cui credeva La Pira come destinate a cambiare la vocazione planetaria”.

Nardella ha ripercorso i due grandi incontri promossi dal sindaco ‘santo: quello del 1955, che ha visto, in piena guerra fredda, la partecipazione del sindaco di Washington e di quello di Mosca. Poi il Meeting del 1958 dedicato al Mediterraneo, paragonato al ‘Lago di Tiberiade’: frutto di una serie di incontri che aveva fatto nel biennio precedente, mantenendo relazioni con il re del Marocco e della Giordania e incontrando il Santo Padre…

L’obiettivo era sempre lo stesso: come poter fare tornare il Mediterraneo un luogo di civiltà e pace. Allora, ci chiediamo: cosa è successo da allora al Mar Mediterraneo? Perché il messaggio di Giorgio La Pira è rimasto inascoltato?

Quel ‘mare nostro’, come lo chiamava, perché le sue pene sono le nostre, quando invece ora pare che sia diventato qualcosa di estraneo e lontano da noi. La pace non va più solo invocata ma va realizzata. Nostro compito ora è inaugurare qualcosa di nuovo per ricostruire legami ed evitare che questi oltre cinquant’anni dall’operato di La Pira vengano perduti”.

Ed il Mediterraneo è stato lo scenario anche dell’incontro sull’enciclica ‘Fratres omnes’ con la partecipazione, in video collegamento, di Damir Mukhetdinov, primo vicepresidente del Consiglio religioso dei musulmani della Federazione Russa e segretario esecutivo del Forum Internazionale Musulmano, e di David Rosen, direttore internazionale degli affari interreligiosi del Comitato Ebraico Americano e direttore dell’Istituto Heilbrunn per l’intesa interreligiosa internazionale, alla presenza del card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna.

Sono stati richiamati diversi passaggi biblici per portare in evidenza che “non possiamo portare sentimenti di odio gli uni verso gli altri» in quanto parte della stessa famiglia, come non possiamo «non considerare la condizione di privazione che molti vivono nei paesi da cui emigrano”.

Il messaggio è che le guerre sono sempre un fallimento: “Il dialogo interreligioso è importante perché propone un passo che va al di là delle nostre tradizioni, individuando un livello nuovo di spiritualità. E’ inoltre un potente strumento per introdurre una sorta di umiltà ideologica: non tutte le risposte possono essere trovate nelle nostre tradizioni”, ha detto il rabbino Rosen.

Mukhetdinov ha raccontato come, durante i mesi più duri della pandemia, davanti agli abbandoni e alla morte, è rimasto colpito dagli appelli di papa Francesco e dalla sua umanità per tutti coloro che si sono trovati senza cure, soprattutto gli anziani: “Quando la pandemia, come una nuova divinità, esige vittime, ebbene qui è importante rivolgersi all’amicizia e alla solidarietà sociale, di tutti”.

Poi a sorpresa il card. Louis Raphaël I Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, è riuscito a collegarsi, parlando della visita del papa in Iraq: “Si è trattato di un momento storico che ha portato speranza e conforto a tutti, in Iraq, dan-doci il coraggio di dire che siamo cristiani…

Siamo molto apprezzati in un mondo pieno di conflitti e settarismi. Siamo fratelli, come il papa ha più volte ripetuto e questo deve dare il coraggio di affermare il proprio credo ma nel rispetto degli altri. Dobbiamo tornare alla fonte della nostra umanità comune”.

Infine il card. Zuppi ha evidenziato che l’enciclica è una grammatica dell’umano: “Se non comprendiamo questo, non conosciamo noi stessi… Non ci sono esperti del dialogo; ognuno deve imparare la lingua che ci fa riconoscere l’altro come fratello.

L’uomo è se stesso nel dialogo. Non c’è tempo da perdere: non si può vivere divisi in un mondo che è sempre più unito. Se la pandemia fa il contrario, ciascuno deve vivere dello spirito della ‘Fratelli tutti’: ne va della salvezza”.

(Foto: Meeting di Rimini)

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