Il Cura gaucho Brochero beato a settembre, la sua vita in mostra in Vaticano

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Nato a Santa Rosa de Rio Primero vicino Córdoba nel 1840, per metà sevigliano e per metà prtoghese, José Gabriel del Rosario entra in seminario a 16 anni. Era un allievo diligente nello studio, di una profonda pietà e amore verso il prossimo che commuoveva, essendo questo, la pietra angolare della sua esistenza come raccontano i suoi compagni. Il 13 marzo 1858, il giovane José Gabriel del Rosario entra all’Università “Universidad de San Carlos” per iscriversi al primo anno di Filosofia. A quei tempi, i sacerdoti gesuiti, dopo il ritorno dell’espulsione, riavviano a Córdoba la pratica degli Esercizi Spirituali di San Ignazio di Loyola e nei diversi gruppi di esercitanti, si inizia a notare l’importanza del metodo nel cammino di approfondimento spirituale. Brochero è un giovane seminarista che sa utilizzare un linguaggio semplice che va dritto al cuore di chi lo ascolta. Nel 1866 viene consacrato sacerdote nella Cattedrale di Córdoba e il 10 dicembre dello stesso anno celebra la sua prima messa. La svolta avviene con l’arrivo al Distretto di San Alberto, una “parrocchia” di 4.300 chilometri quadrati.

Di lui iniziano a parlare i giornali quando con un gruppo di parrocchiani arriva a Córdoba, dopo un viaggio di tre giorni, a cavallo percorrendo i “caminos de herradura” [cammini di ferro da cavallo] che a volte raggiungono i 2000 metri di altezza. Di fronte alle difficoltà del viaggio e il gran numero di giorni che gli esercitanti devono lasciare le loro case e mestieri, Brochero decide di costruire una Casa di Esercizi Spirituali nel villaggio di transito “Villa del Tránsito” (attuale “Villa Cura Brochero”). Lo fa disposto ad ottenere una maggiore partecipazione e inizia così la sua grande opera, dimostrando una fervida carità pastorale, preludio della santità della sua vita. Tutte le opere materiali che esegue non tolgono mai il momento di intensa preghiera; non manca mai alla lettura spirituale, la Santa Messa quotidiana e l’ascolto delle confessioni. Veramente posso dire come San Paolo: “Non so predicare altro che Cristo Crocifisso”… Il 15 agosto 1875 colloca la pietra angolare della sua opera maggiore, la “Casa de Ejercicios”. Mossi dalla sua parola, i vicini cominciano ad aiutare nel cantiere, trascinano il materiale, cuociono mattoni e piastrelle, portano pietra calcare, aprono fosse e trascinano tronchi.

Nel 1877 viene inaugurata la Casa di Esercizi. Diverse centinaia di uomini arrivano da luoghi diversi e lontani. Nel 1880 nasce il Collegio per le Bambine. Brochero lo affida alle “Hermanas Esclavas del Corazón de Jesús”. In quegli anni c’erano pochissime opportunità educative per i bambini, in particolare per le donne, con una mancanza di formazione cristiana. Prendersi cura dei malati è una priorità nella sua vita e non esita un solo istante a venire in aiuto dei bisognosi, tra cui molti lebbrosi. Brochero contrae questa terribile malattia; per cui lascia la Parrocchia e si ritira nella sua casa, dove viene curato da sua sorella Aurora. Celebra la messa quotidianamente già anziano in onore alla Vergine —“La mia Immacolata”—, come la chiamava lui, perché rimasto cieco è l’unica che ricorda a memoria. In una lettera al Monsignore Yaníz, Vescovo di Santiago del Estero, e suo compagno di studio, racconta: “Guarda in che stato è rimasto il Chesche ( un tipo di cavallo), l’energico, il brioso. Ma è una grande grazia che Dio mi ha fatto nell’allontanarmi completamente della vita attiva, e lasciarmi nella vita passiva, voglio dire, che Dio mi dà il compito di cercare la mia fine e di pregare per gli uomini passati, presenti e quelli che verranno fino alla fine del mondo”. Brochero si spegne il 26 gennaio 1914.

Nel 2009, l’arcivescovo di Cordoba, monsignor Carlos José Ñáñez, ha avviato il processo di beatificazione. Una commissione di medici ha dichiarato inspiegabile scientificamente la guarigione di un bambino, nato gravemente prematuro: in poche parole un miracolo. E questo miracolo è avvenuto per intercessione di padre Brochero. Non è escluso che padre Brochero possa diventare il patrono di tutti i sacerdoti argentini. Oggi la città che si chiamava Traffico Villa porta il suo nome e si chiama Villa Cura Brochero.

La mostra allestita nel Braccio Carlo Magno fino a giugno“Argentina- il gaucho tradizione, arte e fede” è una occasione unica per conoscere la vita e le tradizioni di questo personaggio simbolo delle pampas di Rio de la Plata. Cavallerizzo e mandriano, figura centrale, fortemente evocativa e parte integrante della storia del paese, accresce la propria storia attraverso il rapido sviluppo dell’allevamento del bestiame bovino ed equino portato dai conquistadores. All’origine, nelle estancias dei Gesuiti che fornivano il bestiame alle missioni che la Compagnia di Gesù amministrava in Paraguay, Brasile, Argentinas e Uruguay, i gauchos erano indigeni evangelizzati, creoli di radice ispano-indigena e schiavi neri. Il gaucho, nato in queste circostanze, adotta una personalità ribelle ma molto rispettosa di un codice proprio di giustizia e carico di fede. Da guardiano delle grandi praterie, con la caduta nel 1810 del governo monarchico spagnolo, il gaucho viene inserito nelle file dell’esercito patriota. Nel nord argentino, i gauchos de Güemes  capitanati da Martín Miguel de Güemes, scrissero un capitolo importante della storia del paese. Consolidato il proprio ruolo, non solo economico, all’interno della nuova struttura del paese, il gaucho si caratterizza per il forte gusto di lussuosi finimenti in argento che esibisce con orgoglio nelle feste domenicali, nelle celebrazioni nazionali, durante le battaglie. Con l’avvento della ferrovia il suo ruolo è ridimensionato ma acquista la valenza del mito.

La mostra al Braccio di Carlo Magno presenta un nucleo unico e significativo di argenteria di uso “gauchesco”, una intera sezione della mostra è dedicata ai “poncho”, realizzati con  vari materiali, e ai finimenti da cavallo. Una sezione è interamente dedicata poi al “cura gauchos” il beato Brochero.

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