Rita da Cascia: la santa dei casi impossibili

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Oggi si celebra la festa di santa Rita da Cascia, che ha il bel titolo di ‘santa dei casi impossibili’, cioè di quei casi clinici o di vita, per cui non ci sono più speranze e che con la sua intercessione, tante volte miracolosamente si sono risolti. Basta leggere la sua storia per capire il significato: nata intorno al 1381 a Roccaporena, un villaggio nel comune di Cascia, in provincia di Perugia, da Antonio Lottius e Amata Ferri, che si sposarono in età ‘matura’ e solo dopo 12 anni di vane attese nacque Rita, accolta come un dono della Provvidenza.

Frequentava la chiesa di S. Agostino, scegliendo come suoi protettori i santi che lì si veneravano, oltre s. Agostino, s. Giovanni Battista e Nicola da Tolentino, canonizzato poi nel 1446. Aveva 13 anni quando i genitori, forse obbligati a farlo, la promisero in matrimonio a Fernando Mancini, un giovane del borgo, conosciuto per il suo carattere forte, impetuoso, perfino secondo alcuni studiosi, violento. Da lui sopportò con pazienza ogni maltrattamento, senza mai lamentarsi, chiedendogli con ubbidienza perfino il permesso di andare in chiesa. Con la nascita di due gemelli, Giangiacomo Antonio e Paolo Maria, e la sua perseveranza di rispondere con la dolcezza alla violenza, riuscì a trasformare con il tempo il carattere del marito e renderlo più docile; fu un cambiamento che fece gioire tutta Roccaporena, che per anni ne aveva dovuto subire le angherie. Narra la leggenda che Rita per sottrarli alla vendetta, abbia pregato Cristo di non permettere che le anime dei suoi figli si perdessero, ma piuttosto di toglierli dal mondo, ‘Io te li dono. Fa’ di loro secondo la tua volontà’. Un anno dopo i due fratelli si ammalarono e morirono.

 

Allora si rivolse alle Suore Agostiniane del monastero di S. Maria Maddalena di Cascia per essere accolta fra loro; ma fu respinta per tre volte, nonostante le sue suppliche. I motivi non sono chiari, ma sembra che le Suore temessero di essere coinvolte nella faida tra famiglie del luogo e solo dopo una riappacificazione, avvenuta pubblicamente fra i fratelli del marito ed i suoi uccisori, essa venne accettata nel monastero. Per la tradizione, l’ingresso avvenne per un fatto miracoloso, si narra che una notte, Rita come al solito, si era recata a pregare sullo ‘Scoglio’ di Roccaporena, dove ebbe la visione dei suoi tre santi protettori già citati, che la trasportarono a Cascia, introducendola nel monastero, si cita l’anno 1407; quando le suore la videro in orazione nel loro coro, nonostante tutte le porte chiuse, convinte dal prodigio e dal suo sorriso, l’accolsero fra loro.

Nel primo centenario della canonizzazione, durante il Giubileo del 2000 papa Giovanni Paolo II si chiedeva: “Ma quale è il messaggio che questa santa ci lascia? E’ un messaggio che emerge dalla sua vita: umiltà e obbedienza sono state la via sulla quale Rita ha camminato verso un’assimilazione sempre più perfetta al Crocefisso. La stigmate che brilla sulla sua fronte è l’autenticazione della sua maturità cristiana. Sulla Croce con Gesù, ella si è in un certo senso laureata in quell’amore, che aveva già conosciuto ed espresso in modo eroico tra le mura di casa e nella partecipazione alle vicende della sua città… La santa di Cascia appartiene alla grande schiera delle donne cristiane che «hanno avuto significativa incidenza sulla vita della Chiesa, come anche su quella della società». Rita ha bene interpretato il genio femminile”. Lo scorso anno il cardinale emerito, Dionigi Tettamanzi, nell’omelia pronunciata nella festività, sottolineò:

“Santa Rita non è lontana da noi. Lei è qui con noi ed entra nel nostro cuore per riversarvi le grazie del Signore, di cui sentiamo di aver bisogno, e le attese e richieste che il Signore rivolge a ciascuno di noi. Sì, santa Rita è qui con noi. Ma insieme è qui con tutti i nostri fratelli e sorelle nella fede che, sparsi in ogni parte del mondo, oggi venerano la Santa. Ci sentiamo allora vicini gli uni gli altri nell’essere un unico grande popolo di devoti in preghiera che, tutti bisognosi di speranza e di coraggio, si rivolgono fiduciosi verso la Santa di Cascia… Ma ciò che è decisivo per la nostra devozione nei riguardi di santa Rita è il messaggio che ci rivolge, e che noi siamo invitati ad ascoltare e ad incarnare nel nostro vissuto quotidiano. Proprio perché ‘santa’ in forza della sua sequela di Cristo, il messaggio che da lei ci viene è quello stesso del Vangelo, più precisamente di quelle pagine che Rita da Cascia ha ritrascritto nelle concrete circostanze della sua esistenza”.

La chiamata alla santità è per tutti ed avviene attraverso l’amore ed il perdono: “Un altro richiamo ci viene da santa Rita: la forza di saper perdonare. Non c’è santità senza amore. E l’amore chiede comportamenti di pazienza e di gratuità, di tolleranza e di attesa, di comprensione e di misericordia… Sappiamo quale è stato l’atteggiamento di santa Rita di fronte all’uccisione del marito e alla tentazione che i figli avrebbero potuto avere: quella di vendicare il sangue del padre con il sangue degli uccisori… Ecco il messaggio formidabile e disarmante che ci viene da santa Rita. E’ vero che la nostra società, specie in situazioni difficili e complesse a causa dell’egoismo e della prepotenza di non pochi, ha bisogno di giustizia, di tanta giustizia. Questa però non basta! C’è qualcosa che, pur avendo l’apparenza dell’ingenuità, della stoltezza e dell’impotenza, sprigiona un’energia che sola è capace di cambiare in profondità i cuori umani: è la misericordia, che sa perdonare….

Se le singole persone, le famiglie, i gruppi, le comunità, l’intera società dovessero credere alla misericordia, davvero qualcosa di nuovo e di bello potrebbe modificare il volto della nostra società. Se cerchiamo il ‘segreto’ della vita santa di Rita lo troviamo nel suo grande amore a Gesù crocifisso. E’ la Chiesa stessa, nella liturgia della Messa, che ci spinge in questa direzione. Così ci fa pregare: Dona a noi, Signore, la sapienza della Croce e la fortezza con le quali hai voluto arricchire Santa Rita da Cascia, perché, portando le sofferenze con Cristo, partecipiamo più intimamente al suo mistero pasquale”.

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