XVI Domenica: Una pastorale che è servizio a amore

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La Liturgia evidenzia due temi: una invettiva contro i pastori infedeli e il passaggio ad una relazione nuova, stabile e sistematica tra Pastore e il suo gregge. Nel primo tema si evidenzia la presenza nel gregge di pastori fedeli e pastori infedeli che disperdono il gregge. Pastore infatti non è solo la guida spirituale ma chiunque guida il popolo; è pastore infedele quando questi dimentica che guidare, comandare significa servire, vivere ed adoperarsi per gli altri.

L’invettiva del Profeta si riferisce a chiunque si presenta come pastore o guida spirituale o sociale, religiosa o politica; una invettiva forte  che mira a scuotere l’uomo e la sua coscienza. Gesù è il primo che si autodefinisce ‘Buon pastore’ con i relativi attributi di guida ricolma di amore e compassione per il suo gregge. Egli infatti conosce le sue pecore, le chiama per nome e queste ascoltano la sua voce.

Nella realtà nuova istaurata da Gesù, Egli rimane l’unico pastore: gli altri vescovi, presbiteri, autorità politiche e sociali non sono chiamati a sostituire Gesù, ma sono veri collaboratori chiamati ad attuare i comandi del Signore.

Sacerdoti e laici siamo tutti pecore del gregge di Gesù che egli personalmente guida e questa consapevolezza porta anche i ministri ordinati ad agire senza presunzione o prevaricazione: ognuno è chiamato a rispondere e a contribuire conforme  ai talenti e ai carismi ricevuti; lo stesso vale per coloro che sono a capo del popolo (anche i politici di tutti i livelli). Se sei a capo del popolo, devi essere una guida credibile in nome di Cristo  e non per tornaconto personale.

Diceva l’apostolo a Timoteo: ‘annuncia la parola, insisti, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina’ (2 Tm. 4,2). Tutti siamo chiamati a conformarci a tali principi. I discepoli di Gesù erano ritornati felici per avere incontrato tanta gente; ora Gesù li invita all’incontro con se stessi: ‘venite in disparte e riposatevi’. C’era ancora tanta gente che soffriva, che chiedeva aiuto, ma il Signore insegna ai suoi collaboratori la sapienza del vivere e li invita al riposo.

Nel frattempo Gesù non abbandona il popolo per coltivare solo una élite di persone. Egli rimane il Pastore di tutti; gli apostoli non sono collaboratori esterni, ma veri amici; essi non sono impiegati o mercenari, anzi Gesù crea in essi l’anima del pastore, di colui che deve essere pronto a dare la vita per le pecore e per il Regno di Dio. Gesù ama tutti e allo stesso modo: ama i suoi, ma ama anche la folla accorsa a lui ‘come pecore senza pastore’. 

Davanti a questa folla Gesù sente solo ‘compassione’; essa infatti non è venuta perché Gesù l’aveva saziato con la moltiplicazione dei pani, ma era venuta perché si era sentita amata e non disprezzata o messa da parte. Gesù non fa discorsi politici o a base economica; il Regno di cui parla è solo regno  di giustizia e di pace. 

La gente cerca Gesù perché ha fame e sete di giustizia, Gesù legge nel loro cuore questo anelito e ne appresta l’opportuno rimedio: ‘convertitevi’, egli evidenzia, collaborate per restaurare il regno dell’amore e si avrà la pace vera. La pace si può costruire solo cercando con coraggio di eliminare le disuguaglianze generate da sistemi ingiusti, al fine di assicurare a tutti un livello di vita che permetta una esistenza degna e prospera.

Le disuguaglianze oggi sono ancora più evidente a causa della crisi economica, del covid che incombe sull’umanità e sulla relativa disoccupazione che affligge l’uomo di oggi. Crisi che può trasformarsi anche in catastrofe; la crisi economica porta anche alla disperazione o alla ricerca angosciata di una soluzione che permetta la sopravvivenza.

Giustizia e pace non sono possibili senza la purificazione del cuore, senza un rinnovamento di pensiero, una vera metanoia, senza una vera novità che deve risultare  proprio dall’incontro con Dio.

Tale novità coinvolge anche la dimensione politica perché senza di essa difficilmente si realizza la novità dello spirito. ‘Se il Signore è il mio pastore non manco di nulla’. La pace è sempre il frutto della solidarietà globale; globalizzazione finalizzata solo nell’interesse della grande famiglia umana.

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