«La Regina di Cuori, da ciò molto indispettita, ordina che prima sia pronunciata la sentenza e poi siano ricostruiti i fatti». Stupore, ilarità e diffidenza per il funzionamento delle istituzioni giudiziarie

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Non nascondo che talvolta, vedendo nella vita reale applicato con determinazione e accanimento il metodo giudiziario da Alice nel Paese delle Meraviglie, ci viene lo scoraggio. Perché, vengono fatto uscire dai fascicoli dell’Ufficio del Promotore di Giustizia vaticano (il Pubblico Ministero d’Oltretevere) sempre nuovi fatti e costrutti accusatori, messi alla gogna mediatica, che vengono puntualmente smentiti e smontati… fino alla prossima. Lo scoraggio di fronte a questa alternanza tra bagnomaria e bagno nella pece bollente a cui viene sottoposto il primo accusato per importanza (ma non per la sostanza delle accuse), viene però vinto con l’amore per la misericordia nella giustizia, alla ricerca della verità, da cui attingere la forza per andare avanti. E andiamo avanti soprattutto per sostenere lungo il cammino della metacognizione chi ci legge.

La forza ci viene data anche dai nostri attenti lettori, con i loro commenti pubblici sui social e dai loro messaggi in privato. Oggi citiamo in particolare il commento pubblico ad un post sulla pagina Facebook di Korazym.org: “Penso che i nodi verranno al pettine. Nel senso che al dibattimento dubito che il Cardinal Becciu si rassegnerà al ruolo di vittima sacrificale come a suo tempo fece il maggiordomo papale nel processo Vatileaks. E allora si capirà anche perché Perlasca è rimasto fuori dal novero degli imputati. Oltretutto non si può escludere che, per una volta, il processo non si esaurirà nel primo grado di giudizio. A ogni modo, emergeranno tutti i limiti, come dissi in un precedente post, dei vecchi codici vigenti e pure, e forse soprattutto, della loro concreta applicazione in uno Stato assoluto. A ogni modo, mi piacerebbe leggere l’intero papiro redatto dall’ufficio del promotore di giustizia ma, al momento, non riesco a trovarlo” (G.C.).

Innanzitutto, ecco il papiro, per coloro che vorrebbero leggerlo (sono 488 pagine, quindi non 500 e neanche 487…): QUI.

Poi, proseguendo con la condivisione degli articoli sul tema – nell’ambito definito da un lettore “rassegna stampa ragionata” – oggi proponiamo due articoli pubblicati ieri, 10 luglio 2021.

Iniziamo con l’articolo Non resta che la giustizia di Dio. Cardinali a processo e inchieste eterne, così il Vaticano si adatta allo spirito dei tempi. Gogne comprese di Matteo Matzuzzi su Il Foglio. Il processo contro Becciu (perché di questo si tratta, non dimentichiamolo, un processo nell’ambito della campagna per tenere il Cardinale, e non ex-cardinale come taluni pasdaran più realisti del re si ostinano a scrivere, quindi che non si comprende come potrebbe essere tenuto fuori da un prossimo conclave…) si annuncia spettacolare, scrive Matzuzzi: “Lui sa dove sono sepolti i cadaveri in Vaticano”, ha scritto il vaticanista americano Allen. Il problema non è il destino del porporato dimezzato. La questione centrale è il metodo. Giustizialismo, epurazioni e ben poca trasparenza. Il Presidente del Tribunale vaticano, Pignatone: “C’è il problema di un giornalismo incline ad anticipare future (e solo eventuali) condanne”. Il Segretario di Stato: “Bene che ci sia una decisione, perché le autorità giudiziarie si sono prese più di un anno e mezzo per decidere”.

Il Friulsardo Matteo Matzuzzi è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, è caporedattore dal 2020. Si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Il suo scrittore prediletto è Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae).

Segue l’articolo Bergoglio? L’articolo 892 del Catechismo: o lo Spirito Santo si è “ammorbidito” o non è Papa. Il papa riceve l’assistenza dello Spirito Santo anche nell’insegnamento ordinario non solo ex cathedra di Andrea Cionci nel suo blog su Liberoquotidiano.it. Nostri attenti lettori non avranno difficoltà a individuare il nesso di questo contributo con il tema che stiamo trattando.

Anche stando molto sulle generali, in questi due contributi vengono reiterati i nostri discorsi e vale la pena leggerli come persone molto devoti e con la particolare devozione alla lente (come disse il Papa regnante in riferimento al suo Segretario di Stato, attualmente ancora in carica).

Lo storico dell’arte, giornalista e scrittore Andrea Cionci si occupa di storia, archeologia e religione. Cultore di opera lirica, ideatore del metodo “Mimerito” sperimentato dal Miur e promotore del progetto di risonanza internazionale “Plinio”, è stato reporter dall’Afghanistan e dall’Himalaya. In giugno 2020 ha pubblicato il romanzo Eugénie (Bibliotheka Edizioni). Ricercatore del bello, del sano e del vero – per quanto scomodi – vive una relazione complicata con l’Italia che ama alla follia sebbene, non di rado, gli spezzi il cuore.

Prima di questi due pezzi con firme pesanti, una riflessione indispensabile, di Lewis Carroll con Alice in tribunale nel Paese delle meraviglie, del giusfilosofo e magistrato Otello Lupacchini, che ha spiegato il 6 agosto 2018 su Ilfattoquotidiano.it, quindi in tempi non sospetti, come funziona la (in)giustizia.

«La Regina di Cuori, da ciò molto indispettita, ordina che prima sia pronunciata la sentenza e poi siano ricostruiti i fatti»

Girovagando per l’universo letterario di Lewis Carroll, ci si imbatte in alcuni processi che – sol provando a riflettere sulle condizioni degli imputati – si prestano a essere considerati in una prospettiva assai meno superficiale di semplici manifestazioni letterarie dello stupore, dell’ilarità e della diffidenza che il funzionamento delle istituzioni giudiziarie ha sempre e dovunque suscitato tra i profani.

Tra questi c’è quello che si celebra presso la “corte” dei reali di Cuori, lo si trova nell’11esimo e nel 12esimo capitolo dello stesso libro. Imputato è il Fante, accusato di aver rubato dei dolci preparati dalla Regina, la quale è a un tempo parte lesa, coadiutrice del giudice e componente, con il Re stesso, dell’ufficio della pubblica accusa. La giuria è composta da 12 animaletti di varia specie, disorientati e ottusi. Araldo, usciere, cancelliere e in genere maestro di cerimonie è il Coniglio Bianco. Di avvocati difensori, nel testo non vi è traccia. Dopo la solenne lettura del capo d’imputazione, il re invita subito la giuria a pronunciare il verdetto, ma il Coniglio Bianco gli fa presente la necessità di assumere prima di tutto le prove.

Vengono allora sentiti, in veste di testimoni, il Cappellaio Matto, la cuoca della Duchessa e, finalmente, Alice. Esaurita, senza alcun esito apprezzabile, l’escussione dei testimoni, il Re torna a sollecitare il verdetto della giuria; ma è ancora una volta il Coniglio Bianco a impedirlo, segnalando al Re un documento decisivo, che si suppone provenga dall’imputato, quantunque non rechi traccia della sua calligrafia. Il documento, letto con la consueta solennità dal Coniglio Bianco, risulta contenere una poesia nonsense, come tale incomprensibile; ma ciò non impedisce al Re di esultare, fregandosi le mani.

È a questo punto che si accende una vivace disputa ermeneutica fra il Re e la Regina da una parte e dall’altra Alice, erettasi a tutrice del senso comune e indirettamente a difensore del Fante, la quale ribadisce la futilità della prova raccolta, mentre gli altri insistono nel ravvisare nel documento un’inconfutabile dimostrazione di colpevolezza del Fante. Il Re tronca la discussione, invitando per la terza volta la giuria a pronunciare il verdetto. Questo ennesimo sovvertimento delle regole processuali eccede la sopportazione di Alice, che, contestando drammaticamente la serietà e la realtà stessa della corte, pone fine repentinamente sia al processo sia al sogno in cui esso s’inserisce (Otello Lupacchini, giusfilosofo e magistrato).

Attenta lettura, buona riflessione e fruttuoso proseguimento con la metacognizione.

Buona festa nazionale ai miei amici fiamminghi (e pure i francesi… che in fondo vogliamo bene), in questo 11 luglio, che non dimentico mai di ricordare, da quando ero ancora bambino [QUI].

Per i credenti (e pure i non credenti, per anche loro sono amati dal Signore…) tra i miei amici (e pure i nemici, per cui preghiamo sempre…), anche una buona XV Domenica del Tempo Ordinario, in cui la nostra Chiesa Cattolica Romana ci propone la Colletta per iniziare la celebrazione della Santa Messa: «O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo» e la lettura dalla Lettera di San Paolo Apostolo agli Efesini (Cfr. Ef 1,3-10): «Egli l’ha riversata in abbondanza su di noi con ogni sapienza e intelligenza, facendoci conoscere il mistero della sua volontà, secondo la benevolenza che in lui si era proposto per il governo della pienezza dei tempi: ricondurre al Cristo, unico capo, tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra».

Non resta che la giustizia di Dio
Cardinali a processo e inchieste eterne, così il Vaticano si adatta allo spirito dei tempi. Gogne comprese
di Matteo Matzuzzi
Il Foglio, 10 luglio 2021


“La Regina di Cuori, da ciò molto indispettita, ordina che prima sia pronunciata la sentenza e poi siano ricostruiti i fatti” (Lewis Carroll, “Alice nel paese delle meraviglie”).

Pregusta i popcorn John Allen [QUI], capofila dei vaticanisti americani, quando ricorda che nessuno meglio di Giovanni Angelo Becciu sa dove sono sepolti i cadaveri in Vaticano – “Becciu knows about where the bodies are buried in the Vatican” – ha scritto su Crux. Linguaggio da thriller per dire che al processo che si aprirà in Vaticano a fine mese in relazione alla compravendita dell’ormai celebre palazzo londinese in Sloane Avenue sono attese molte sorprese. Il porporato sardo, cardinale a metà per volere del Papa senza che mai nessun esperto di diritto canonico abbia chiarito in cosa consista questa deminutio, preannuncia la volontà di difendersi con le unghie e con i denti dalle accuse di peculato, abuso d’ufficio e subornazione (offrire denaro a un testimone per indurlo a rendere una falsa testimonianza) messe nero su bianco da un comunicato d’Oltretevere diffuso sabato mattina e poi certificato da quasi cinquecento pagine di ricostruzioni e testimonianze che delineano punto per punto e con dovizia di particolari il cosiddetto “sistema marcio”. Una liberazione, quasi, dopo nove mesi e mezzo dalla decapitazione pontificia avvenuta in un tardo pomeriggio settembrino quando, andato da Francesco con il solito dossier sui venerabili da beatificare e i beati da canonizzare, fu colpito dai fulmini papali: dimissioni imposte dall’incarico di Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, revoca (elegantemente fatta passare per “rinuncia”, come da antica prassi) dai diritti connessi al cardinalato senza però intaccare tutti gli altri privilegi, che in questo caso sono forma e sostanza: abito rosso, titolo di eminenza, abitazione vaticana. Situazione talmente surreale che mai qualcuno s’ è preso la briga di spiegare -“Ma un domani, al Conclave, chi potrà dire a Becciu ‘tu in Sistina non entri’?”, osservava un porporato all’indomani dell’epurazione.

Il cardinale dimezzato sarà processato e si vedrà se è un malfattore della peggior specie, ladruncolo familista come la gogna mediatica l’ha dipinto, o se invece la verità è un’altra. Non credendo alla chiaroveggenza né avendo alcuna pretesa di conoscere come siano andate davvero le cose, sarà utile seguire il dibattito in Aula, ascoltando anche la campana di chi va alla sbarra in ceppi, anziché fermarsi al ditino accusatorio dei forcaioli di professione. Non c’è da essere tifosi, non è il caso di arroccarsi attorno a una propria verità supportata solo da affetti, legami datati, partigianerie “politiche”. Insomma, si faccia come si usa nelle società civili dove l’imputato è solo una parte del processo e non il reietto da compatire e sanzionare. Tempo al tempo, memori che tante volte inchieste che sembravano perfette, con impianti a prova di bomba processuale, poi si sono sgretolate al primo refolo di vento.

In ogni caso, la gestione della faccenda Becciu (e di tutti gli altri coimputati) è stata un macello, dove il più elementare dei diritti, quello della presunzione d’innocenza, è stato sacrificato sull’altare della forca mediatica. Intanto colpevole, è il giudizio corale. Poi si vedrà. E via con il solito spettacolo fatto di titoloni sui giornali ed efficaci estratti sui “magistrati porci”, sulle chat che si autodistruggono, sui bonifici alle coop del fratello fatti passare con causale “opere di carità del Santo Padre”, così da alimentare anche la pubblica ilarità e fornire sapido materiale per qualche talk-show.

Precisazione ovvia: se fosse tutto vero, come emerge dalla ricostruzione dell’atto d’accusa, la faccenda sarebbe penosa prima ancora che criminale. Soprattutto per l’ex Prefetto delle Cause dei Santi, che immerso giorno e notte in quelle vite straordinarie ad altro avrebbe dovuto pensare e dedicarsi anziché ai palazzi londinesi, ai bonifici e ai giochi di potere. Come in ogni saga che si rispetti, anche qui ci sono i complici, la dama nera, gli incontri notturni, tweet allusivi della serie so-ma-non-dico, eccetera.
Fango in quantità industriale che spesso, almeno alle nostre latitudini, neanche un’assoluzione piena- spesso comunicata con un algido bollettino e conseguente trafiletto nelle pagine interne dei quotidiani – è in grado di togliere.

Resta la macchia e con essa il sospetto eterno.

Per nove mesi un cardinale di Santa Romana Chiesa è stato tenuto a bagnomaria, marchiato in fronte come ladro dopo che L’Espresso l’aveva messo metaforicamente in croce in una copertina recapitata, non si sa bene da chi, sulla scrivania della suite di Santa Marta dove alloggia il Pontefice. Che indignato per lo scandalo rivelato, sbatteva fuori dalla curia Becciu.

Per quale motivo? Non si è mai saputo, a meno che Francesco non avesse già in mano – e non è escluso, visto che l’indagine era partita nel luglio del 2019 su denuncia dell’Istituto per le Opere di Religione e dell’Ufficio del Revisore Generale – tutto quanto illustrato per sommi capi dalle autorità vaticane solo una settimana fa.

C’è da sperare, paradossalmente, che tutta la mole di accuse prodotte negli incartamenti del Promotore di giustizia vaticano corrisponda al vero. Altrimenti sarebbe questo sì uno scandalo, la violazione più elementare di ogni diritto umano alla difesa e alla sacra presunzione d’innocenza. A meno di non essere in uno stato totalitario dove è sufficiente uno sguardo del capo supremo per destinare al cappio l’uomo finito nel mirino. Non dovrebbe essere il caso della Città del Vaticano, almeno fino a prova contraria. Il Papa è sì il supremo legislatore, ma non un ayatollah.

Non si tratta di ergersi ad avvocati difensori di Becciu, che di avvocati ne ha già tanti e che per anni ha goduto di notevoli simpatie da certa stampa che ora, invece, lo scopre uomo nero del Vaticano. Il problema è più ampio e grave, non limitato al singolo uomo al centro dell’affaire: per nove mesi la Chiesa cattolica ha seguito il copione scritto da Lewis Carroll, quando in Alice nel paese delle meraviglie descrisse il processo surreale che portò la Regina di cuori a ordinare che fosse prima pronunciata la sentenza e solo dopo ricostruiti i fatti. Uno stillicidio in cui della versione dell’epurato è interessato poco o nulla, contava solo la grancassa di dettagli meticolosamente centellinati utili a definire il profilo del criminale. Nove mesi in cui si è detto e scritto di tutto, alludendo a scenari a metà tra il romanzesco e il criminale. Il tutto giustificato dal principio della “trasparenza”, eretta a stella polare con le fattezze da vitello d’oro da adorare e verso cui prostrarsi.

Peccato che il risultato ottenuto sia l’opposto, e anziché la trasparenza s’è visto alzarsi solo un banco di nebbia, una sorta di cortina fumogena che non ha fatto capire niente. “Questo metodo non convince e non piace a chi dalla dottrina della Chiesa cattolica ha imparato a rispettare, sempre e per davvero, la dignità umana e i diritti dell’uomo. La presunzione d’innocenza è uno di questi diritti basilari. Noi lo abbiamo imparato da piccoli in una scuola cattolica”, ha scritto in un durissimo editoriale sull’autorevole aggregatore di notizie cattoliche relative alla vita della Chiesa (già benedetto dal Vaticano) il direttore Luis Badilla [QUI].

È infatti questo il punto centrale: il metodo, che prescinde dalla colpevolezza o dall’innocenza di Becciu. Un metodo che ha davvero poco a che fare con i princìpi cristiani, come sottolineava su Start Magazine Geraldina Boni, ordinario di Diritto canonico, Diritto ecclesiastico e Storia del diritto canonico all’Università di Bologna: “Il Popolo di Dio ha diritto non tanto alla trasparenza – oggi molto di moda – ma a conoscere la verità dopo che essa è stata accertata. Mi sembra che questa possa essere una ricostruzione giuridica corrispondente a quella ragionevolezza che nella Chiesa traduce l’irrinunciabile conformità alla giustizia. La soddisfazione che qualcuno ha manifestato per questa condanna senza processo mi pare, oltre che senza giustificazione, non genuinamente cristiana”. Insomma, brutto affare.

E pensare che solo lo scorso aprile Giuseppe Pignatone scriveva su La Stampa che “in una società conflittuale come la nostra” “indagini e processi sono utilizzati strumentalmente in ogni campo -economico, finanziario, sociale – e troppo spesso, per ragioni risalenti alla storia stessa del nostro paese, come arma di lotta politica. Accanto alle responsabilità di alcuni magistrati – che, ribadisco, vanno perseguite – emerge qui con forza il problema di un giornalismo più incline ad anticipare future (e solo eventuali) condanne, specie se in danno di un avversario politico, piuttosto che, come nota un grande giurista, Mario Chiavario, ‘a vigilare senza guardare in faccia nessuno, contro inerzie, insabbiamenti e depistaggi. Come è invece suo preciso diritto e dovere'”. Parole esemplari e coraggiose, da vero garante dello stato di diritto. Piccolo particolare, Pignatone è l’attuale Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano. Che deplora, indirettamente, tutto ciò che è accaduto in Vaticano da settembre a oggi, ruolo attivo dei media compreso.

Nei mesi scorsi si segnalava su questo giornale le criticità del sistema vaticano. “Le indagini sull’ormai famoso palazzo di Londra acquistato dalla Segreteria di Stato vaticana nel 2018 non solo hanno messo in luce la debolezza del sistema giudiziario vaticano, ma hanno anche mostrato l’altra faccia della medaglia, con indagini sommarie e persecuzioni fuori da ogni procedura che rischiano di mettere in dubbio la credibilità e la coerenza della Santa Sede alla propria missione e indiscussa autorità morale a livello internazionale. Tanto più che tutte le persone indagate sono cittadini italiani, cioè europei e quindi stranieri per la giurisdizione vaticana”.

Gli esempi non mancano, la lista è lunga: uomini un tempo fedelissimi e tenuti in palmo di mano, repentinamente liquidati il più delle volte nel silenzio tombale. Senza adeguate motivazioni. Di nuovo: il metodo. Perquisizioni al di fuori d’ogni regola, richieste d’arresto giudicate quantomeno irrituali, funzionari sospesi nel giro di qualche ora senza neanche sapere il perché. Quanto può essere credibile, allora, l’opera di “pulizia del magazzino”, per citare una metafora fatta propria dal Papa durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario, lo scorso marzo, se la trasparenza manca già quando si tratta di avviare le inchieste? Alla Santa Sede è sempre stata riconosciuta un’autorità prima di tutto morale. Ma se sotto ai colpi del giustizialismo più manettaro che esista al mondo inizia a traballare il rispetto dei più minimi – ma non per questo minori -princìpi del garantismo, crolla il sistema. E c’è ben poco da fare per recuperare. Possono fare ben poco anche le conferenze stampa in cui il Cardinale Pietro Parolin annuncia di voler costituire la Segreteria di stato parte civile al processo che sta per iniziare “perché siamo vittime”. Il Segretario di Stato, comunque – che stando all’inchiesta non sapeva nulla di quanto facevano nel caso in esame i suoi sottoposti – tra le righe ha fatto capire che più di un’ombra sull’iter seguito c’è: “Speriamo che sia breve, perché molte persone hanno sofferto. Bene che ci sia una decisione perché le autorità giudiziarie si sono prese più di un anno e mezzo per decidere. Sono molto triste per le persone coinvolte”. Un anno e mezzo è tempistica propria, più che da realtà occidentale, dei regimi mediorientali, dove le garanzie per gli imputati sono dettagli interessanti solo per le agenzie umanitarie internazionali.

Chissà che, se tra una riforma e l’altra, tra un motu proprio e una direttiva, non si riesca a tradurre nella realtà – anche senza cedere troppo al lirismo – quanto il Papa diceva pochi mesi fa nell’aula delle Benedizioni: “Il linguaggio della pittura e della scultura spesso rappresenta la Giustizia intenta, con una mano, a soppesare con la bilancia interessi o situazioni contrapposti, e pronta, con l’altra mano, a difendere il diritto con la spada. L’iconografia cristiana poi aggiunge alla tradizione artistica precedente un particolare di non poco conto: gli occhi della Giustizia non sono bendati, bensì rivolti verso l’alto, e guardano il Cielo, perché solo nel Cielo esiste la vera giustizia”. Sarebbe un buon punto di partenza, questo sì all’insegna della vera trasparenza e del rispetto dei diritti di tutti.

Bergoglio? L’articolo 892 del Catechismo: o lo Spirito Santo si è “ammorbidito” o non è Papa
Il papa riceve l’assistenza dello Spirito Santo anche nell’insegnamento ordinario non solo ex cathedra
di Andrea Cionci
Liberoquotidiano.it/Il blog di Andrea Cionci, 10 luglio 2021

Nel suo editoriale del 6 luglio [QUI], il fondatore e direttore editoriale di Libero, Vittorio Feltri, che pure si professa ateo, in una battuta ha sollevato con acume una questione teologica non da poco.

Scrive così in merito al massacro subìto dal card. Becciu: “Se non ce la fa a sottrarsi alle lusinghe degli adulatori il Santo Padre, che ha l’aiuto dello Spirito Santo, una volta di più avremmo ragione noi atei a non crederci”.

Per quanto provocatorio, il sillogismo fulminante del direttore Feltri risponde a una logica adamantina.

Infatti, molti cattolici ritengono che il papa sia infallibile, in quanto assistito dallo Spirito Santo, ma SOLO QUANDO PARLA EX CATHEDRA, ovvero quando si pronuncia su importantissime questioni di fede.

Il dogma dell’infallibilità papale venne stabilito durante il Concilio Vaticano I, nel 1868. L’ultimo e supremo pronunciamento ex cathedra  venne applicato da Pio XII nel 1950 per l’Assunzione di Maria. Quindi, questi pronunciamenti non sono affatto frequenti, anzi, rarissimi.

In pochi sanno, invece, che l’art. 892 del Catechismo della Chiesa Cattolica sancisce che il papa è assistito dallo Spirito Santo anche nella sua ATTIVITA’ ORDINARIA: “L’assistenza divina è inoltre data ai successori degli Apostoli, che insegnano in comunione con il Successore di Pietro, e, in modo speciale, al Vescovo di Roma, Pastore di tutta la Chiesa, quando, pur senza arrivare ad una definizione infallibile e senza pronunciarsi in « maniera definitiva », propongono, nell’esercizio del Magistero ordinario, un insegnamento che porta ad una migliore intelligenza della Rivelazione in materia di fede e di costumi”.

Anche il card. Ladaria, nominato da Francesco Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede conferma: “È importante ribadire che l’infallibilità non riguarda solo pronunciamenti solenni di un Concilio o del Sommo Pontefice quando parla ex cathedra, ma anche l’insegnamento ordinario ed universale dei vescovi sparsi per il mondo, quando propongono, in comunione tra loro e con il Papa, la dottrina cattolica da tenersi definitivamente”.

Perfetto. A questo punto non si può non notare con sollievo che lo Spirito Santo si deve essere ammorbidito su molte questioni, oppure era di vedute più larghe e “moderne” di quanto non pensassero molti cattolici.

Considerando gli atti e le dichiarazioni di Francesco, dobbiamo ritenere, infatti, che la Terza Persona Trinitaria oggi sia divenuta “personalmente” a favore delle unioni civili; che gradisca volentieri l’idolo pagano Pachamama intronizzato in S. Pietro; che tolleri la benedizione di cento preti tedeschi a coppie gay avallando il secondo “peccato che grida al Cielo”; che offra affettuoso sostegno a padre James Martin, sostenitore del più estremo dirittismo omosessualista; che sostenga come “non esista un Dio cattolico” e che “tutte le religioni sono vere”; che la misericordia divina salvi tutti; che “la Chiesa non crede più all’inferno dove la gente soffre”; che non si preoccupi troppo se  la comunione ai divorziati risposati è consentita in Germania, ma non in Polonia, che faccia l’elemosina ai transessuali senza invitarli alla conversione etc…

Inoltre lo Spirito Santo confermerebbe anche tacitamente alcune “questioni familiari” ovvero che “nella Santa Trinità le Persone baruffano a porte chiuse, ma all’esterno danno l’immagine di unità”.

In più lo Spirito Santo approverebbe senza problemi altre sette questioni individuate come vere e proprie eresie da 62 studiosi. Ben le riassume l’AdnKronos [QUI].

Signori Cattolici ortodossi, c’è poco da fare: il Papa è assistito dallo Spirito Santo anche nell’attività ordinaria e bisogna starci. È inutile che protestiate. Questi sono “insegnamenti ordinari in materia di fede e di costumi”.

Per chi non vuole accettare l’ipotesi di uno Spirito Santo “aggiornatosi ai tempi”, le soluzioni restanti sono due:

1) Il Catechismo sbaglia e il papa NON riceve assistenza dallo Spirito Santo anche nell’attività ordinaria.
2) Francesco non è il vero papa, magari perché Benedetto XVI non ha abdicato come sostengono vari vescovi, sacerdoti, teologi, latinisti, magistrati e giuristi. In tal caso, lo Spirito Santo sarebbe “ASSENTE GIUSTIFICATO” e tutto si spiegherebbe.

Della questione ci stiamo occupando da tempo e troverete [QUI] tutti i dettagli.

È un po’ duretta, ci rendiamo conto, ma il Catechismo non l’abbiamo fatto noi e neanche la Logica. Non è colpa nostra se la Chiesa oggi si è messa nei pasticci.

O lo Spirito Santo ha cambiato opinioni, o il Catechismo è sbagliato, o Francesco non è il papa. Non si scappa: scegliete Voi.

Altre spiegazioni ne abbiamo?

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