A proposito del ddl Zan nel rispetto della Costituzione italiana

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Nei giorni scorsi durante la riunione dei capigruppo di maggioranza sul ddl Zan non è stato trovato alcun accordo e quindi il Senato ha confermato la calendarizzazione della legge sull’omofobia oggi  alle ore 16,30 dopo mesi di dibattito senza approdare ad una sintesi.

E nei giorni scorsi il Consiglio di Presidenza del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI) ha scritto una lettera aperta, chiedendo ‘da che parte stare’: “Ci sono dei momenti in cui è necessario prendere una posizione, anche se in un campo di battaglia disegnato in modo un po’ maldestro, come quello attivato attorno al DdL Zan: da una parte la giusta e sacrosanta istanza di eliminare ogni forma di discriminazione e di violenza omotransfobiche, dall’altro la reazione di chi teme decostruzioni e disordini simbolici”.

Secondo il Coordinamento delle teologhe la situazione è molto complessa: “Viene in mente allora l’immagine usata da Popper per certi modi di fare filosofia, quando continuamente ci si preoccupa di strofinare gli occhiali per renderli lindi e trasparenti, senza mai inforcarli per vedere che cosa accade intorno a noi.

Oppure ci si sente come Piero nella canzone di De Andrè, che mentre si sofferma a pensare alla situazione e al destino dell’uomo che ha di fronte, vestito con la divisa del nemico, si ritrova improvvisamente a terra e poi sepolto in un campo di grano”.

Per le teologhe ‘è scaduto il tempo per gli indugi’: “E’ ora di scegliere da che parte stare. Non dalla parte di chi giudica senza capire, non dalla parte di chi vuole controllare la grazia di Dio, non dalla parte di chi teme che le differenze possano corrompere il bene, non dalla parte di una cultura che misura l’amore senza mai riferirsi alla disponibilità di dare la vita per coloro a cui vogliamo bene”.

In tale dibattito anche le teologhe fanno difficoltà a trovare parole giuste, soprattutto nel linguaggio: “Le parole però vanno trovate, magari imperfette e fragili ma chiare nel significato di comunione con le sorelle e i fratelli omosessuali e transessuali che ora hanno bisogno di tutta la solidarietà possibile.

Una volta espressa questa nostra chiara posizione di fondo, ci permettiamo anche di muovere alcune critiche al linguaggio che la proposta di legge ha assunto: è un linguaggio problematico per come usa le categorie di sesso e di genere e per l’antropologia sottesa al testo, che tende a separare, anziché a distinguere, il piano dell’esperienza corporea sessuata da quella più propriamente interpretativa”.

L’invito è quello di ‘cogliere’ la complessità della differenza sessuale: “Dovremmo sapere (le donne solitamente lo sanno) che la differenza sessuale è il segno della finitezza di ogni vita che viene al mondo, e che questa differenza è al contempo biologica, psichica, simbolica e sociale e che con tutti questi tratti essa si fa storia. Invece ancora non lo abbiamo capito.

E’ dunque questo lavoro ermeneutico a essere urgente e dovremmo iniziare a farlo nelle scuole, nelle nostre catechesi, nelle nostre famiglie. L’omotransfobia si evita così, con un’educazione alle differenze”.

Anche la rivista trimestrale di approfondimento culturale dell’Azione Cattolica Italiana, ‘Dialoghi’, ha invitato ad evitare le forti contrapposizioni: “Rispetto ad un obiettivo che dovrebbe accomunare tutti coloro che si riconoscono nei principi e valori fondamentali sanciti in Costituzione a tutela dei diritti inviolabili della persona umana e della pari dignità sociale, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, sembra stiano prevalendo spinte volte o ad approvare il Ddl Zan senza prendere in considerazione possibili proposte migliorative di un testo oggettivamente poco chiaro o discutibile in alcune formulazioni oppure, all’opposto, a dilazioni sine die, se non ad un suo affossamento”.

Attraverso le contrapposizioni ci saranno sempre divisioni: “Fermo restando il ruolo sovrano del Parlamento, espressione rappresentativa primaria di uno Stato laico, è essenziale che le scelte legislative siano il più possibile chiare e univoche, tanto più dato il rilievo penale che avrebbero le sanzioni prospettate per discriminazioni concernenti le condizioni e gli orientamenti sessuali delle persone. Di qui la necessità di evitare sia formulazioni ambigue o suscettibili di interpretazioni plurime, se non fuorvianti, sia espressioni che riflettano visioni antropologiche o filosofiche divisive”.

Per questo la rivista dell’Azione Cattolica propone un’integrazione della legge ‘Mancino’: “E’ invece indispensabile una riflessione pacata che miri, senza intenti dilatori, a non perdere di vista l’obiettivo essenziale, ossia l’integrazione della legge Mancino del 1993, con ipotesi ulteriori di discriminazioni da sanzionare: il che richiederebbe la più larga condivisione, proprio per essere efficace nel combattere fenomeni latenti socialmente assai pericolosi”.

Un ruolo particolare è riservato alla scuola: “In tal senso può certo essere molto utile, se non talora decisivo, anche il ruolo formativo della scuola, tanto più tenendo conto della recente scelta di potenziamento dell’educazione civica, intesa come base culturale di una vita comunitaria che deve poter coinvolgere e impegnare tutti coloro che ne fanno parte, senza discriminazioni di sorta.

Naturalmente un ruolo formativo in cui vanno salvaguardate le libertà e le differenti prospettive educative, evitate impostazioni di parte, con insegnanti e docenti rispettosi delle finalità complessive del sistema pubblico di istruzione, in funzione di una cultura dell’inclusione, sempre improntata alla non discriminazione e alla pari dignità sociale”.

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