Milano 2021: mediare per farsi carico

Condividi su...

“La pandemia ci ha insegnato che gli altri, anche i più lontani, siamo noi, e che la cura è la chiave di un nuovo modello di sviluppo”: così Rosangela Lodigiani, sociologa dell’Università Cattolica e curatrice del Rapporto 2021 della Fondazione Ambrosianeum, ha presentato il rapporto sul prendersi cura, che potrebbe diventare il fulcro della ripresa post pandemica, perché è una cura “che Milano vuole e può perseguire, con una cifra di grande attenzione alle fragilità che fa parte del Dna della città e che non va dimenticata”.

Infatti segnata dai lutti e dalle sofferenze dei mesi passati, consapevole delle fatiche del presente, dei lasciti economici, sociali e sanitari della pandemia, Milano ancora una volta è pronta a ripartire: nessuna soluzione facile e immediata (e i dati sono lì a dimostrarlo) è a portata di mano, ma un cammino di cambiamento da condividere.

Il rapporto evidenzia che Milano ha bisogno di ripartire anche da una nuova narrazione di sé, specchio di una identità ritrovata, quella di una città ‘intermedia’, che ‘sta in mezzo’ e ‘sa mediare’, farsi luogo di incontro, di condivisione e relazione tra generi e generazioni, tra popoli e culture, tra centro e periferie, urbano e rurale, locale e globale, virtuale e reale.

Dal paragone tra il Pirellone ‘simbolo della città’ e le Tre Torri ‘isola di vetrocemento calata su Milano, che avrebbe potuto trovare posto in qualunque altro agglomerato urbano, in qualsivoglia parte del mondo’ Marco Garzonio ha esaminato lo scenario pandemico come “scontro tra le Tenebre e la Luce, attraverso una lettura dell’esplosione del Covid attraverso la riconfigurazione in termini di contemporaneità del mistero di vita, morte e di nuovo vita”.

Il presidente dell’Ambrosianeum si è interrogato sulla reale portata del dettato cristiano oggi e ipotizza un ‘qualche recupero in termini di attenzione al sacro’, pur rilevando, tuttavia come a questo fatto sembri “in realtà corrispondere una sorta di ‘esilio di Dio’ e l’affermarsi di una religiosità pret-à-porter”.

L’introduzione al Rapporto, firmata dalla curatrice del volume Rosangela Lodigiani, prende le mosse dalla dichiarazione esplicita dell’obiettivo di questo Rapporto: “Puntare lo sguardo su alcuni dei risvolti sociali ed economici, istituzionali ed urbanistici di questa transizione con l’ambizione di portare un contributo di idee per un nuovo modo di ‘essere e fare’ città, per rigenerare i luoghi e i legami, le forme della partecipazione e della contribuzione al bene comune…

Puntare l’attenzione primariamente sulla dimensione medico-sanitaria dell’emergenza Covid-19 è stato, ed è ancora, tanto necessario quanto riduttivo”. Quindi la curatrice del Rapporto ha esaminato i dati: dal Recovery Fund, i cui aiuti ‘hanno raggiunto il 25% delle famiglie italiane’, alla sostanziale tenuta del tessuto economico-sociale, per il quale i numeri non sono tuttavia confortanti:

“I dati registrano il forte calo delle ore lavorate (e del reddito) per chi ha goduto comunque della cassa integrazione e ha mantenuto il posto, l’affanno dei lavoratori autonomi, delle piccole e piccolissime imprese, dei lavoratori atipici a cui non è stato rinnovato il contratto, l’impatto particolarmente severo sul terziario, specie nei comparti legati al turismo.

Secondo le stime preliminari per il 2020, il numero di famiglie in povertà assoluta in Italia è cresciuto rispetto al 2019 dal 6,4% al 7,7% (+335.000) arrivando a coinvolgere oltre 2.000.000 di nuclei, mentre sono saliti a 5.600.000 gli individui nello stesso stato (dal 7,7% al 9,4%), coinvolgendo 1.000.000 in più di soggetti rispetto all’anno precedente”.

In questo quadro, e in vista dell’orizzonte temporale del 2026 previsto dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza), la curatrice del Rapporto ha sottolineato che Milano ‘ha tenuto e tiene, ma si è scoperta fragile’, attraverso il ‘ Fondo San Giuseppe’, creato dalla Diocesi ed esaminando i dati sulle conseguenze della pandemia a Milano dal punto di vista del comportamento della forza lavoro.

Richiamandosi all’etimologia dell’antico nome di Milano, Mediolanum (‘in mezzo alla pianura’), la sociologa ha sostenuto che “Milano ha oggi l’occasione di porre al centro del proprio modello di sviluppo la sua attitudine originaria a mediare e collegare, a mettere in relazione, a farsi luogo di incontro e condivisione; ha l’occasione di acquisire un nuovo protagonismo che si appelli non tanto al successo nei ranking internazionali, quanto al primato della cura dei legami:

legami che accomunano e gettano ponti, che aprono all’accoglienza e sospingono l’integrazione, che sono segno di un’interdipendenza costitutiva tra territori, tra centro e periferie, tra popoli e culture, tra persone, ciascuna con la propria unicità e dignità.

E’ questa infatti un’attitudine che si esprime sia in rapporto al territorio e alle vocazioni produttive, sia nella tessitura della trama sociale, economica e culturale della città”.

Alla presentazione del Rapporto è intervenuto anche il prof. Elio Franzini, rettore dell’Università degli Studi di Milano, che ha sottolineato il problema dei giovani:

“Ho un gran timore che gli spritz e gli aperitivi diventino la ritualità del prossimo periodo. Ciò che serve, piuttosto, è una costruzione di senso, di valore non soltanto economico. Questa sarà una delle maggiori responsabilità di chi ha potere decisionale nell’immediato”.

(Foto: diocesi di Milano)

151.11.48.50