Un rinvio a giudizio vaticano che solleva tante domande quante risposte dà, con nuove zone oscure. Il famigerato silenzio assordante della Santa Sede
Condividiamo due significativi analisi delle notizie, in riferimento al rinvio a giudizio del tribunale vaticano di 10 imputati reso noto sabato scorso, pubblicati ieri, domenica 4 luglio 2021, rispettivamente dall’aggregatore para-vaticano Il Sismografo diretto da Luis Badilla e – nella traduzione italiana dall’inglese – dall’autorevolissimo sito di informazione religiose statunitense Crux Now diretto da John L. Allen Jr. Tra i tanti rilievi, va sottolineato quanto osservato da Il Sismografo: “L’impianto accusatorio del rinvio a giudizio è in molti passaggi singolare e tace su molte questioni tra cui il ruolo di una certa stampa e sul rapporto del tribunale con quella stampa”.
Il rinvio a processo del cardinale Angelo Becciu è una buona notizia anche se appaiono nuove zone oscure in questa dolorosa e lunga vicenda
Card. Becciu: “Sta arrivando il momento del chiarimento, ed il Tribunale potrà riscontrare l’assoluta falsità delle accuse nei miei confronti e le trame oscure che evidentemente le hanno sostenute e alimentate”
Il Sismografo, 4 luglio 2021
(LB- R.C. – a cura Redazione “Il sismografo”) Si è saputo ieri, ufficialmente, che il cardinale Angelo Becciu, più di 9 mesi dopo la sua defenestrazione da parte di Papa Francesco, è stato rinviato a giudizio “per i reati di peculato ed abuso d’ufficio anche in concorso, nonché di subornazione”. L’accusa di peculato la fece per primo il Papa stesso al porporato poco dopo le 18,00 del 24 settembre 2020 aggiungendo: “Non hai più la mia fiducia”. Dunque la codifica giuridica di quanto aveva già detto il Pontefice al card. Becciu arriva dopo oltre nove mesi. Certo c’erano altre vie per affrontare quanto era stato riferito al Papa sul conto del porporato sardo “colpevole” di ignobili reati, per ora presunti. Francesco ci ha creduto e in conseguenza ha agito immediatamente. Speriamo che le “prove” consegnate al Pontefice allora siano vere e serie e non solo polpettoni di stampa, in particolare de L’Espresso, alcuni dei quali scritti e firmati da un pregiudicato per delitti gravi. Non occorreva procedere con il metodo “prima la sentenza e poi il processo”, come in Alice nel Paese delle meraviglie. Nemmeno occorreva mobilitare la macchina del fango e la gogna mediatica con la pubblicazione di documenti di cui nessuno ha mai chiarito la provenienza e tantomeno la loro autenticità.
Questo metodo non convince e non piace a chi dalla dottrina della Chiesa Cattolica ha imparato a rispettare, sempre e per davvero, la dignità umana e i diritti dell’uomo. La presunzione d’innocenza è uno di questi diritti basilari. Noi lo abbiamo imparato da piccoli in una scuola cattolica.
Almeno d’ora in poi, premesso che c’è un formale e solenne rinvio a giudizio presso un tribunale, si dovrebbe agire in modo severamente legale e senza arbitrarietà e irruenza.
La buona notizia (tra tante meno buone)
Questo rinvio a giudizio del porporato sardo è una buona notizia. Ora Becciu potrà finalmente difendere e dimostrare la sua innocenza davanti ad un tribunale e mettere fine a molti mesi in cui gli è stato – oggettivamente – impedito di farlo. Si tratta di un diritto inalienabile per tutti in una civiltà democratica e moderna, dove il perno dello stato di diritto sono i diritti umani, che come diceva Giovanni Paolo II, “sono diritti di Dio”. Che la Chiesa e il suo governo siano una monarchia non giustifica nessuna violazione della dignità umana e dei diritti delle persone. Chi confonde l’autorità unica del Papa, trasmessa dallo stesso Gesù nella persona dell’Apostolo Pietro, con un presunto diritto di fare quello che vuole non ha capito cosa sono il cristianesimo e la Chiesa. Certamente non uno stato, un partito, un movimento nazionalista o una nomenklatura ideologica. Quindi, nessun cedimento o compiacenza a un Successore di Pietro che oltrepassa il limite dei diritti umani e della coscienza morale. A questo punto è utile ricordare che “la coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria” (Catechismo della Chiesa Cattolica – Art. 6 – n. 69).
Il Papa ha ritardato fin troppo questo rinvio a giudizio aumentando dolori, sconcerti, perplessità e dissociazioni. In attesa del rinvio a giudizio sono state prese diverse misure tra cui modifiche al Codice di Diritto Canonico, nuovi Motu proprio e disposizioni amministrative che non si capisce perché sono state prese in questi 8 anni. Si doveva arrivare al 2021 per pulire, risanare e punire i colpevoli di delitti contro la Chiesa e la morale? Perché Papa Francesco ha continuato a governare tanti anni con molti collaboratori la cui rimozione appariva un bisogno palese già nel 2013?
Questa decisione sul processo a Becciu ed altri era urgente e necessaria e meno male che è arrivata ora. Si era parlato del rinvio a giudizio ma per dopo l’estate. Anticiparlo è stata una buona cosa.
Se il cardinale è colpevole sarà detto e sarà condannato e se non lo è sarà dichiarato innocente. Si lo dovrà riconoscere e il porporato dovrà essere riabilitato con richiesta di perdono. Certo, alla fine sarà il Papa che deciderà ma questa volta lo dovrà fare con una sentenza di un tribunale che dovrebbe decidere liberamente con le prove in mano chi è colpevole e chi è innocente.
Il cardinale che non è cardinale
Era questo ciò che in molti, dal primo momento, hanno chiesto senza avere da nessuno in Vaticano il benché minimo chiarimento. Speriamo dunque, anzi, ci auguriamo che ci sia ora un processo vero, trasparente, aperto (anche alla stampa) e giusto per tutti i 10 imputati. Sarebbe insopportabile e fuorviante montare una sceneggiata con un maxi-processo in una aula bunker.
Va ricordato subito per chiarezza e onestà che il tribunale unico del Vaticano – presieduto da Giuseppe Pignatone, ex Capo della Procura di Roma – esprime una parte importantissima di uno dei tre poteri supremi concentrati nella sola persona del Pontefice. Il Papato è una struttura monarchica e il Pastore universale che la “presiede nella carità” è un autocrate assoluto. Molti Papi lo sono stati di fatto per secoli, sino ad oggi, e pochissimi cattolici si sono posti la questione delle forme, modi e metodi dell’esercizio del potere papale, cosa che nulla c’entra con il munus petrino e con il primato di Pietro, cose fuori da ogni discussione.
Su questo rinvio a giudizio noi abbiamo scritto lo scorso 1° giugno, alla vigilia dei 73 anni del card. Becciu, che dal 24 settembre scorso, tranne che per alcuni pochi giorni, ha vissuto e vive asserragliato nel suo appartamento nel Palazzo del Sant’Ufficio, luogo in cui arrivò il Santo Padre il Giovedì santo scorso per celebrare con lui l’Eucaristia. Quando il Papa defenestrò di colpo a Becciu, gli tolse l’incarico di Prefetto e al tempo stesso il diritto a votare nel Conclave, cosa incomprensibile, perché chi viene creato cardinale dal Papa entra con pieni diritti nel piccolo collegio di persone che possono eleggere il nuovo Pontefice. Continuare a portare il titolo cardinalizio ma con l’impedimento di entrare in un eventuale Conclave è una grave e inspiegabile contraddizione mai chiarita. Anche gli esperti hanno taciuto in questi mesi.
Gli avrebbe potuto togliere anche l’appartamento all’interno delle Mura vaticane, da dove altri caduti in disgrazia sono stati cacciati con un’ingiunzione della Gendarmeria, ma il Pontefice con Becciu fece una concessione permettendogli di restare.
Questa notizia della visita del Papa il Giovedì santo tra l’altro è fumosa. Non è stata mai confermata ma neanche smentita. Il sito Vatican News ne parlò attribuendo la notizia a donne consacrate non identificate vicine al cardinale.
Il famigerato silenzio assordante
In tutta questa vicenda c’è silenzio, anzi mutismo, o meglio tabù. E c’è anche paura. Nessuno sa nulla eppure è da qualche anno che si parla della faccenda.
A Il Sismografo sono arrivati, qualche anno fa, per quanto riguarda l’allora chiamato sottovoce “investimento a Londra”, indiscrezioni che citavano nomi e cognomi di alcune delle persone oggi rinviate a giudizio ma anche di altre persone che invece non compaiono nell’elenco dei 10 di cui si parla nel dispositivo del tribunale vaticano. Questa storia andava avanti quando il Cardinale Becciu già era il Sostituto della Segreteria [di Stato] e quando poi venne nominato Prefetto e creato cardinale. Come mai si attese fino al settembre 2020 per far scoppiare la vicenda? Cosa si fece prima per fermarla e contrastarla se si sapeva che si consumavano reati così gravi ai danni addirittura dei “soldi dei poveri”, l’Obolo di San Pietro?
Va detto infine che l’impianto accusatorio del rinvio a giudizio è in molti passaggi singolare e tace su molte questioni tra cui il ruolo di una certa stampa e sul rapporto del tribunale con quella stampa. Qualcuno un giorno chiarirà questa parte ombrosa poiché potrebbe spiegare molte cose oggi sotterrate.
Dichiarazioni dell’avvocato del card. Becciu
“Sono vittima di una macchinazione ordita ai miei danni, e attendevo da tempo di conoscere le eventuali accuse nei miei confronti, per permettermi prontamente di smentirle e dimostrare al mondo la mia assoluta innocenza. In questi lunghi mesi – scrive il cardinale attraverso il legale Fabio Viglione – si è inventato di tutto sulla mia persona, esponendomi ad una gogna mediatica senza pari al cui gioco non mi sono prestato, soffrendo in silenzio, anche per il rispetto e la tutela della Chiesa, a cui ho dedicato la mia intera vita. Solo considerando questa grande ingiustizia come una prova di fede riesco a trovare la forza per combattere questa battaglia di verità. Finalmente – dice Becciu attraverso il suo legale – sta arrivando il momento del chiarimento, ed il Tribunale potrà riscontrare l’assoluta falsità delle accuse nei miei confronti e le trame oscure che evidentemente le hanno sostenute e alimentate”.
Lo storico rinvio a giudizio vaticano solleva tante domande quante risposte dà
di John L. Allen Jr
Crux Now, 4 luglio 2021
Verso la fine della scorsa settimana, tra i giornalisti accreditati presso la Santa Sede girava la voce, che il venerdì sarebbe stato un venerdì di fuoco. Il venerdì andava e veniva senza scintille, quindi abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Si è rivelato essere di breve durata, tuttavia, perché sabato ha portato un incendio che, a seconda di cosa accadrà dopo, potrebbe bruciare senza controllo.
Il tribunale penale vaticano ha annunciato ieri di aver rinviato a giudizio 10 persone e tre entità aziendali per varie forme di corruzione finanziaria, in gran parte incentrate su uno sfortunato affare immobiliare da 400 milioni di dollari a Londra portato avanti dalla Segreteria di Stato, lo storico “800-pound gorilla” [1] tra i vari dipartimenti del Vaticano.
Per la prima volta, uno di quegli imputati è un principe della Chiesa: il cardinale italiano Angelo Becciu, l’ex Sostituto, ovvero il funzionario numero due della Segreteria di Stato dal 2011 al 2018.
Becciu ha immediatamente rilasciato una dichiarazione tramite il suo avvocato [QUI] affermando la sua “assoluta innocenza”, come ha fatto dall’inizio della saga, e altri imputati hanno rilasciato dichiarazioni simili.
Era uno di quei giorni in cui potevi quasi sentire e percepire le placche tettoniche della storia spostarsi sotto i tuoi piedi. Nel sistema cattolico, essere cardinale significava non dover mai dire scusa; ora, a quanto pare, anche i cardinali possono essere incriminati e processati, proprio come tutti gli altri.
Eppure, anche tra coloro che hanno seguito il corso della riforma di Papa Francesco, le accuse sembravano sollevare tante domande quante le risposte che offrirono. Il modo in cui le risposte verranno approfondite nei giorni e nei mesi a venire determinerà se il sabato sarà davvero ricordato come un punto di svolta davvero storico, o semplicemente l’ultimo capitolo di tutto cambia in Vaticano in modo che tutto possa rimanere lo stesso.
Domanda 1: Che dire di Parolin e Peña Parra?
Tra gli incriminati sabato non c’erano altre due figure coinvolte nello scandalo londinese: il Cardinale italiano Pietro Parolin, Segretario di Stato, e l’Arcivescovo venezuelano Edgar Peña Parra, attuale Sostituto e quindi successore di Becciu. Secondo i retroscena dell’inchiesta pubblicata da Vatican News, la testata giornalistica ufficiale, i pm hanno riscontrato che nessuno dei due “era stato effettivamente informato per essere pienamente consapevole degli effetti giuridici che le diverse categorie di azioni avrebbero causato”.
L’accordo londinese è iniziato nel 2013 quando la Segreteria di Stato, con Becciu ancora in carica, ha deciso di investire circa 240 milioni di dollari per acquistare una quota parziale di un ex magazzino di Harrod’s nel raffinato quartiere di Chelsea, con l’idea allora di convertire la proprietà in appartamenti di lusso. Attraverso vari colpi di scena, la vicenda è continuata fino al 2019, quando Peña Parra era entrato in carica. In tutto questo, Parolin era l’uomo alla fine al comando.
C’è una chiara traccia cartacea che mostra che Parolin e Peña Parra sono stati informati sui dettagli delle varie transazioni coinvolte e hanno dato il loro assenso. Un memorandum del 25 novembre 2018 di Parolin, ad esempio, afferma chiaramente: “Sono favorevole all’esecuzione del contratto” con uno dei finanzieri laici italiani, Gianluigi Torzi, ora sotto accusa.
Quella nota, tra gli altri documenti, è stata la base per un giudice britannico all’inizio di quest’anno che ha revocato il congelamento dei beni di Torzi nel Regno Unito, concludendo che le prove contro Torzi non potevano sostenere una condanna perché le sue mosse sono state pienamente approvate dai più alti funzionari Vaticani.
Se è vero che Parolin e Peña Parra sono stati ingannati dal loro stesso staff e da altri funzionari vaticani, agendo in combutta con consulenti esterni, ciò sembrerebbe sollevare interrogativi preoccupanti sul loro giudizio e sulla loro competenza.
Per molti osservatori, tuttavia, si è tentati di giungere alla conclusione che Parolin e Peña Parra siano stati risparmiati almeno in parte perché vicini a Papa Francesco e quindi politicamente “intoccabili”. Becciu, nel frattempo, era caduto in disgrazia con il pontefice nel 2018 e poteva essere visto come “sacrificabile”.
L’antica strategia della vecchia guardia del Vaticano in materia criminale è stata quella di isolare i superiori dalla colpa, mentre permetteva ad alcuni pesci più piccoli, di solito un laico o un religioso minore, di prendersi la colpa. La prospettiva cinica su queste accuse sarebbe quindi che l’unica cosa diversa qui è che la parola “minore” è stata tolta dal copione; ora, se l’opportunità papale lo richiede, anche un cardinale può essere scaricato.
Quanto siano credibili i risultati su Parolin e Peña Parra senza dubbio emergeranno durante il processo, dal momento che ci si può aspettare che gli avvocati difensori sostengano che qualunque cosa i loro clienti abbiano fatto è stata pienamente approvata e autorizzata dall’alto.
Non è ancora chiaro, inoltre, se il tribunale consentirà a Parolin e Peña Parra di essere chiamati come testimoni durante il processo, la cui prima udienza è fissata per il 27 luglio [2]. Quando l’ex Segretario di Stato, Cardinale Tarcisio Bertone era al centro di un tutt’altro caso di corruzione nel 2017, il tribunale ha rifiutato di consentire agli avvocati della difesa di interrogarlo, portando a obiezioni sul giusto processo.
Domanda 2: Perché René Brülhart?
Becciu potrebbe essere l’imputato di più alto profilo tra i dieci, ma probabilmente non è il più sorprendente. Questa distinzione probabilmente appartiene all’avvocato svizzero René Brülhart, ex Presidente di una nuova unità di vigilanza vaticana chiamata “Financial Information Authority”, o AIF, creata sotto il Papa emerito Benedetto XVI. I pm accusano Brülhart, insieme al suo ex vice Tommaso Di Ruzza, di aver “violato gravemente le regole basilari che disciplinano la vigilanza”, dando una patina di legittimità a un pagamento illegittimo a Torzi.
È una constatazione un po’ sconcertante, dato che secondo lo statuto dell’AIF (ora noto come “ASIF”, l’Autorità per la supervisione e l’informazione finanziaria”) non ha alcun potere di vigilanza sulla Segreteria di Stato e all’epoca Brülhart non l’aveva. L’unico ente vaticano a cui sovrintende è l’Istituto per le Opere di Religione, popolarmente noto come la “banca vaticana”. In astratto, è quindi difficile sapere quali “regole basilari che disciplinano la vigilanza” Brülhart avrebbe violato.
Inoltre, Brülhart era un Presidente non esecutivo dell’AIF, il che significa che mentre forniva direzione e visione, l’autorità operativa era investita in Di Ruzza. Anche se avesse voluto approvare un affare losco, non aveva l’autorità propria per farlo.
A titolo di background, Brülhart è stato in precedenza capo dell’unità di intelligence finanziaria del Liechtenstein dal 2004 al 2012, quando ha contribuito a porre fine alla reputazione del piccolo principato come un paria finanziario e a guadagnare un posto nelle “liste bianche” di enti finanziari virtuosi. Durante il suo mandato, Brülhart è stato eletto vicepresidente del Gruppo Egmont, un consorzio internazionale di unità di intelligence finanziaria che facilita la condivisione di informazioni per combattere la criminalità finanziaria e il finanziamento del terrorismo.
Quando Brülhart è stato assunto sotto Papa Benedetto XVI, è stato preso come un segno della serietà del Vaticano riguardo alle riforme. Durante il suo mandato, ha contribuito a creare un sistema di segnalazione per le transazioni sospette che ha ricevuto elogi da parte dei valutatori di Moneyval, l’agenzia antiriciclaggio del Consiglio d’Europa.
Alcuni osservatori qui sospettano che possano essere quelle valutazioni di Moneyval che hanno spinto l’accusa, poiché hanno spesso elogiato Brülhart ma criticato l’ufficio del Promotore di Giustizia, dal 2013 guidato dal laico italiano Gian Piero Milano, per la lentezza nel perseguire i reati finanziari. I cinici si chiedono se includere Brülhart tra le accuse non sia una forma di vendetta da parte di Milano per un risentimento percepito.
In una dichiarazione rilasciata sabato, Brülhart ha definito la sua accusa “un errore procedurale”, prevedendo che andrà in pezzi non appena la sua difesa sarà in grado di sostenere il caso.
Nel frattempo sorge un’altra idea: sebbene Brülhart guadagnasse un bel salario per gli standard vaticani – secondo quanto riferito 425.000 dollari all’anno, più altri 6.000 dollari al mese per spese personali inclusi i viaggi regolari a Roma – è stato probabilmente un taglio di stipendio secondo gli standard convenzionali del mondo finanziario in cui si muove. Eppure ha risposto alla chiamata di un Papa e ha passato sei anni difficili, cercando di costruire un nuovo sistema di intelligence finanziaria per il Vaticano, e, alla fine, questo è il suo premio d’uscita.
Qualunque cosa accada al processo, altri professionisti là fuori, con talenti che potrebbero essere utili al Vaticano un giorno, potrebbero guardare la storia di Brülhart e chiedersi: “Perché qualcuno sano di mente dovrebbe accettare l’incarico?”.
Domanda 3: Dov’è la trasparenza?
Quando il rinvio a giudizio è stato emesse sabato a mezzogiorno [in realtà il comunicato è delle ore 11.50. V.v.B.], ora di Roma, tutti i giornalisti dovevano accontentarsi di un comunicato della Santa Sede di due pagine, che consisteva principalmente in un elenco delle persone nominate e una descrizione generale delle accuse che devono affrontare – “abuso di ufficio”, ad esempio, o “appropriazione indebita” ed “estorsione”.
Il comunicato non ha specificato cosa avrebbero fatto gli imputati per giustificare tali accuse.
Un paio d’ore dopo [in realtà 20 minuti dopo: il Comunicato della Sala Stampa della Santa Sede è stato distribuito alle ore 11.50 e l’articolo di Vatican News è stato pubblicato alle ore 12.10. V.v.B], Vatican News ha pubblicato un articolo di fondo dettagliato che fornisce molti più dettagli, anche se non ha ancora specificato esattamente quali leggi gli imputati avrebbero infranto e come la loro condotta fosse illegale secondo i termini precisi di tali leggi.
Inoltre, almeno uno degli imputati, Brülhart, ha affermato di non aver ricevuto fino a sabato alle 14.30 “alcuna comunicazione formale ai sensi del diritto vaticano”, il che significa che non gli era stato presentato un atto d’accusa formale.
In verità, c’è un atto d’accusa esteso di 488 pagine dell’ufficio del Promotore di Giustizia che specifica le accuse che è stato preparato prima dell’annuncio di sabato. Tuttavia, a quanto pare è stata presa la decisione di non rilasciarlo ai giornalisti e neanche agli imputati prima di rendere pubbliche le accuse.
Potrebbero esserci state ragioni strategiche legittime per tale omissione, ma alcuni osservatori a Roma si chiedono se i funzionari vaticani semplicemente non volessero che nessuno osservasse troppo da vicino i dettagli durante il primo ciclo di notizie, preferendo invece ciò che hanno ottenuto – un giro elogiativo di titoli sulla stampa globale sulla falsariga di: “In un primato storico, il Vaticano incrimina un cardinale, altri nove per crimini finanziari” (A proposito, questo include Crux).
Dato che una delle parole d’ordine dell’attuale riforma dovrebbe essere “trasparenza”, possono sorgere domande su quanto esattamente questo processo si rivelerà trasparente.
Per ora, una cosa sembra chiara: almeno alcuni degli imputati in questo caso, incluso Becciu, non sembrano inclini ad avviarsi dolcemente verso quella notte serena. Invece, sembrano preparati a montare una difesa rigorosa, e soprattutto dato tutto ciò che Becciu sa su dove sono sepolti i cadaveri in Vaticano, ciò potrebbe diventare interessante in fretta.
Molto probabilmente, l’udienza del 27 luglio porterà a un rinvio per il tradizionale periodo di ferie italiane ad agosto, il che significa che potrebbe essere settembre quando le cose inizieranno sul serio. Se è così, il processo sembra destinato a diventare la “tv imperdibile” del Vaticano della stagione autunnale.
[1] Espressione gergale americano, per indicare un’entità prepotente in uno specifico settore o sfera di attività. Una presenza apparentemente imbattibile sempre da non sottovalutare; la cui esperienza, influenza e abilità minacciano di sconfiggere i concorrenti con poco sforzo [V.v.B.].
[2] “Non so se sarò [chiamato a testimoniare], ma se mi viene chiesto, sì, sono pronto a farlo. Se mi dicessero “tu sei responsabile di tutto quello che è successo”, avrò senza dubbio delle cose da dire, delle risposte da dare. Se pensano che non sia responsabile, di certo non mi chiameranno per testimoniare”. Così ha risposto il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità, di passaggio in Alsazia (Francia) in occasione del 1300° anniversario della Morte di Sainte Odile, alla giornalista del giornale della Conferenza Episcopale Francese La Croix [QUI], che gli chiedeva sul rinvio giudizio del Cardinale Angelo Becciu [Il Sismografo].
Articoli precedenti
– Citazione in giudizio degli imputati nell’ambito del caso 60SA. Processo al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano inizia il 27 luglio 2021 – 3 luglio 2021
– Il rinvio a giudizio del tribunale vaticano con clamorose assenze e un pezzo assurdo sull’house organ della Santa Sede – 3 luglio 2021
– Dal “metodo Tortora” e “metodo Boffo” al “metodo Becciu”. Nihil sub sole novum. Processi a mezzo stampa e gogna mediatica – 4 luglio 2021
Foto di copertina: illustrazione da Il Sismografo.