Con la Finestra di Overton il focus è spostato dalla causa delle “nozze gay” e del “transessualismo” sull’ideologia della “identità di genere”, per cui l’attivismo LGBTQI+ non cede

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Quando si legge nell’Articolo 1 del DDL S. 2005 (Zan) [QUI] le “definizioni” (per la non accettazione delle quali, come anche per il rifiuto della instaurata “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia”, si rischia il carcere o la rieducazione, secondo l’Articolo 5 del medesimo disegno di legge), viene spontaneo chiedersi come siamo arrivato a questo punto, quasi senza accorgersene:
a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico;
b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso;
c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi;
d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione.

“Nessuna politica fatta nell’ombra
può sopravvivere alla luce del sole”
(James Kirkup).

E in questa conclusione abbiamo il motivo perché è fondamentale che il Ddl Zan vuole impedire la libertà di espressione, reso più facile in tempo di emergenza sanitario, con il Covid-19 usato per limitare i diretti personali costituzionali e la distrazione su questioni di salute e sicurezza. Quatto come un ratto [**] a per la comprensione è fondamentale conoscere il principio della Finestra di Overton [*].

Per trovare una risposta alla domanda, su come siamo arrivato a questo punto, quatto come un ratto [**] (che per chi conosce il principio della Finestra di Overton [*] non è un mistero), viene in aiuto un articolo La lobby trans, pubblicato dal sito #nelleNOTE (Nelle Note: pro-family, pro-life), che condividiamo di seguito.

La lobby trans
(no, non ne avete mai sentito parlare e qui scoprirete perché)
#nelleNOTE, 11 maggio 2021


Si sente spesso parlare di una qualche “Lobby gay” che ha spinto per ottenere una serie di diritti civili per le persone omosessuali. Dalla cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle psicopatologie all’ottenimento dell’equiparazione, nei percorsi di adozione o matrimonio, delle coppie dello stesso sesso alle coppie sposate.

Oggi, come vediamo anche con il dibattito sul ddl Zan, la questione cruciale si è spostata: la discussione più infuocata, che vede tra gli oppositori anche chi magari appoggia la causa delle “nozze gay” e del transessualismo, è sulla questione della “identità di genere”. Argomento numericamente piccolissimo, riguardando una percentuale irrisoria della popolazione, ma che accende gli animi e sul quale la comunità LGBTQ+ non sembra voler cedere.

Un articolo pubblicato un paio di anni fa sul giornale inglese The Spectator a firma di J.Kirkup svela come una piccola ma agguerrita e potente Lobby Trans è riuscita nella sua strategia comunicativa ad ottenere grandi successi senza quasi farsi notare.

Ecco il documento che rivela la tattica  della lobby trans

Una gran parte del dibattito sui transgender inspiegabile. Uno degli aspetti più sconcertanti è la rapidità e il successo con cui un piccolo numero di piccole associazioni ha conquistato una grande influenza su enti pubblici, politica e amministratori. Come ha fatto questa determinata idea a prendere piede in così tanti luoghi così rapidamente?

Persone e organizzazioni che all’inizio di questo decennio non avevano una idee chiare a livello politico o magari nemmeno la minima conoscenza delle questioni trans, oggi abbracciano con entusiasmo temi come le identità di genere non binarie e le transizioni, fornendo servizi igienici “neutri” e mettendo in essere altri cambiamenti richiesti per soddisfare le persone trans e i loro interessi. Cambiamenti che hanno sorpreso molte persone. Persone che ora si chiedono come sia potuto succedere e perché nessuno abbia chiesto loro che cosa ne pensassero o abbia valutato come quelle novità avrebbero potuto riguardarli.

Alcuni degli enti che hanno adottato questi cambiamenti con il massimo zelo sono sorprendenti: le Forze dell’Ordine non sono note per essere particolarmente progressiste, eppure molte di loro sono ormai all’avanguardia in questo campo, al punto di controllare come usiamo i pronomi e perseguitare anziane signore che dicono la cosa sbagliata su Twitter.

Come siamo arrivati a questo punto? Difficile pensare che si tratti semplicemente di enti che si adeguano a una società che cambia. In realtà la società civile non sa ancora molto del transgenderismo. Chi lavora nel centro di Londra in determinati settori, chi vive in una città universitaria o ha figli che frequentano una scuola (preferibilmente della classe media superiore) può magari averne qualche conoscenza diretta. Ma scommetto che la maggior parte delle persone non conosce persone trans e non si è fatta nessuna opinione su come dovrebbe cambiare la legislazione che riguarda il loro status.

Quindi torna la domanda: come hanno fatto organizzazioni con budget ridotti e risorse limitate a ottenere un successo così impressionante, non solo nel Regno Unito ma ovunque?

Bene, grazie al sito Roll On Friday ora ho visto un documento che aiuta a rispondere a questa domanda.

Il documento (lo vedete qui) è un lavoro di Dentons, che afferma di essere il più grande studio legale del mondo, della Thomson Reuters Foundation, ramo dello storico gigante dei media dedicato in particolare alle politiche dell’identità di vario tipo e della IGLYO – International Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer and Intersex Youth & Student Organisation (organizzazione internazionale di giovani e studenti per lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali). Sia lo studio Dentons sia la Thomson Reuters Foundation precisano che il documento non necessariamente riflette le loro opinioni.

Il documento si chiama “Solo adulti? Buone pratiche nel riconoscimento legale del genere per i giovani”. Il suo scopo è aiutare i gruppi trans nei vari Paesi a introdurre cambiamenti nella legislazione per consentire ai bambini di cambiare legalmente il loro genere, senza il consenso degli adulti né di alcuna istituzione. “Ci auguriamo che questo documento sia uno strumento potente per attivisti e ONG che lavorano per promuovere i diritti dei giovani trans in Europa e altrove”, si legge nell’introduzione.

Come ci si può aspettare da un documento scritto con lo staff di un grande studio legale, si tratta di un testo completo e valido, che riassume leggi, politiche e enti di supporto di diversi paesi. Basandosi sui contributi di gruppi trans di tutto il mondo (tra cui due nel Regno Unito, di cui uno non viene nominato) raccoglie e condivide le “migliori pratiche” di “lobbismo” per cambiare la legge in modo che i genitori non abbiano più voce in capitolo sul genere legale dei figli.

Citando le parole della testo: “È risaputo che il requisito del consenso dei genitori o di un tutore legale può essere limitativo e problematico per i minori”.

Si potrebbe pensare che il compito stesso della genitorialità sia, almeno in parte, quello di “limitare” le scelte dei bambini che, per definizione, non possono fare per loro stessi scelte come fanno adulti pienamente informati. Ma non è questa la posizione della relazione. Di fatto si suggerisce che “gli Stati dovrebbero agire contro i genitori che cercano di ostacolare il libero sviluppo dell’identità di una giovane persona transgender rifiutando di concedere l’autorizzazione quando richiesta”. In breve si tratta di manuale per gruppi lobbistici che vogliano eliminare la necessità del consenso dei genitori su aspetti significativi della vita dei bambini, manuale scritto da uno studio legale internazionale e sostenuto da una delle più grandi fondazioni di beneficenza del mondo.

E come si suggerisce di realizzare il cambiamento legale? 

Penso valga la pena di fare lunghe citazioni, perché questa è la prima volta che viene effettivamente messo per iscritto in un dibattito pubblico. E chiunque abbia interesse a come si costruisce e come funziona una strategia politica dovrebbe prestarvi attenzione.

Ecco un ampio stralcio dal rapporto sul modo migliore per attuare un’agenda pro-trans: “Mentre i fattori culturali e politici giocano un ruolo chiave nell’approccio da adottare, ci sono alcune tecniche che si sono dimostrate efficaci nel far avanzare i diritti trans nei paesi che adottano ‘buone pratiche'”. 

Tra queste tecniche: “Anticipare i programmi dei Governi”.

Cosa significa? Ecco in maggior dettaglio: “In molte delle campagne di sensibilizzazione delle ONG che abbiamo considerato ci sono stati chiari vantaggi nel fatto che le ONG siano riuscite ad anticipare il governo e a pubblicare proposte legislative progressiste prima che il governo avesse il tempo di sviluppare la propria. Le ONG devono intervenire precocemente nel processo legislativo, prima ancora che sia iniziato. Questo darà loro una capacità di gran lunga maggiore di plasmare l’agenda del governo e la proposta definitiva di quanto succederebbe se intervenissero dopo che il governo ha già iniziato a sviluppare proposte proprie”.

Suonerà familiare a chiunque sappia che il rapporto del comitato ristretto della Camera dei Comuni nel 2016, che mutuava diverse posizioni dei gruppi trans, è stato seguito nel 2017 da un piano del governo del Regno Unito per adottare l’autoidentificazione del genere legale (self-id). A molti quella proposta, uscita da Whitehall in modo piuttosto dettagliato, sarà sembrata spuntata dal nulla di punto in bianco.

Ecco un altro suggerimento dal documento: “Collega la tua campagna a una riforma più popolare”. Per esempio: “In Irlanda, Danimarca e Norvegia, le modifiche alla legge sul riconoscimento legale del genere sono state introdotte contemporaneamente ad altre riforme più popolari come la legislazione sul matrimonio egualitario. Questo ha fornito un velo di protezione, in particolare in Irlanda dove il matrimonio egualitario era fortemente sostenuto mentre l’identità di genere era un tema difficile per ottenere lo stesso sostegno pubblico”.

Si trattava di una questione per cui era “difficile ottenere il sostegno pubblico”, quindi meglio nasconderla dietro il “velo di protezione” fornito da una questione popolare come i diritti degli omosessuali. Chiunque abbia anche solo dato un’occhiata al dibattito sui transgender nel Regno Unito riconoscerà questa logica.

Un’altra raccomandazione è ancora più rivelatrice: “Evitate un’eccessiva copertura e pubblicità da parte della stampa”. Secondo il rapporto, i Paesi che si sono mossi più rapidamente per promuovere i diritti trans ed eliminare il consenso dei genitori sono stati quelli in cui i gruppi di pressione sono riusciti a impedire ad un pubblico più ampio di conoscere le loro proposte. Al contrario, in posti come la Gran Bretagna dove maggiore è stata la “visibilità” del programma, minore è stato il successo delle attività di lobbying: Un’altra tecnica utilizzata con grande effetto è la limitazione della copertura e della pubblicità da parte della stampa. In alcuni paesi, come il Regno Unito, le informazioni sulle riforme legali del riconoscimento di genere sono state interpretate erroneamente dai media principali e di conseguenza è sorta l’opposizione.… In questo contesto, molti credono che le campagne pubbliche siano state dannose per il progresso poiché gran parte del pubblico in generale non è ben informato sulle questioni trans, e quindi possono sorgere interpretazioni errate. In Irlanda, gli attivisti hanno esercitato pressioni dirette sui singoli politici e hanno cercato di ridurre al minimo la copertura mediatica per evitare questo problema” (il grassetto è nostro).

Sebbene offra ampi consigli sulla necessità di tenere l’agenda dei diritti trans lontana dallo sguardo della pubblica opinione, il documento ha molto meno da dire sulla possibilità che i sostenitori provino semplicemente a fare ciò che fanno tutti gli altri in politica e costruire argomentazione persuasive per la loro causa. In realtà convincere le persone che questa roba sia una buona idea non la si trova granché nel rapporto di 65 pagine.

Non ho intenzione di dirvi cosa penso del documento o dell’agenda che propone. Non ho intenzione di fare commenti sullo stesso o sui suoi autori. Cercherò solo di riassumere la sua natura e i suoi contenuti.

Quindi un importante studio legale internazionale ha contribuito a scrivere un manuale di lobbying per le persone che vogliono cambiare la legge in modo da evitare che i genitori abbiano l’ultima parola su cambiamenti significativi sulla condizione dei propri figli. Questo manuale consiglia a coloro che fanno pressioni per quel cambiamento di nascondere i loro piani dietro un “velo” e di assicurarsi che né i media né il grande pubblico sappiano granché di cambiamenti che riguardano i bambini che si stanno cercando di ottenere. Perché se il pubblico venisse a conoscenza di questi cambiamenti potrebbe avere da obiettare.

Ho iniziato il mio primo lavoro come ricercatore alla Camera dei Comuni nel 1994. Da allora ho studiato e scritto di politica. E in base alla mia esperienza del modo in cui le leggi vengono cambiate, l’approccio descritto in quella relazione semplicemente non è normale o usuale. In democrazia siamo tutti liberi di sostenere qualunque politica o posizione desideriamo. Ma normalmente chiunque voglia cambiare una legge accetta che per farlo sia necessario ottenere il sostegno o almeno il consenso del popolo la cui autorità, in ultima istanza, fine dà forza alla legge. L’approccio delineato nel rapporto Dentons equivale a un modo molto diverso di fare pressioni per ottenere le leggi e le politiche desiderate. In particolare indica che in diversi Paesi si sono ottenuti buoni successi facendo pressioni nascondendosi dietro un “velo”, in un modo da evitare  deliberatamente l’attenzione dell’opinione pubblica. Penso che questo dovrebbe interessare a chiunque si preoccupi di come vengono condotte le politiche, indipendentemente dal fatto che si tratti o meno della questione transgender.

Concluderò con un’osservazione che ho già fatto, ma che credo valga la pena di ripetere riguardo a quel rapporto e a quello che potrebbe comunicare alle gente anche su altri aspetti della questione trans: nessuna politica fatta nell’ombra può sopravvivere alla luce del sole.

James Kirkup
Direttore della Social Market Foundation ed ex-redattore politico di The Scotsman The Daily Telegraph

[*] La Finestra di Overton è uno schema di comunicazione/persuasione ideato da Joseph P. Overton (1960-2003), già Vice-presidente del centro studi statunitense Mackinac Center for Public Policy.

In estrema sintesi, si tratta di uno spazio concettuale graduato all’interno del quale si individuano alcune fasi, sei per la precisione, in cui si può descrivere lo spostamento dell’atteggiamento dell’opinione pubblica rispetto a una certa idea. Overton ha spiegato che si possono costruire e sono state costruite campagne a favore di alcune idee non ancora accettate dalla società. Si tratta quindi della una teoria di uno dei modi in cui avviene la persuasione politica e dei meccanismi che possono essere utilizzati, un modello di rappresentazione delle possibilità di cambiamenti nell’opinione pubblica, descrivendo come delle idee, totalmente respinte al loro apparire, possano essere poi accettate pienamente dalla società, per diventare infine legge.

Secondo Overton, qualsiasi idea, anche la più incredibile, per potersi sviluppare nella società ha una finestra di opportunità. In questa finestra l’idea può essere ampiamente discussa, e si può apertamente tentare di modificare la legge in suo favore. L’apparire di questa idea permette il passaggio dallo stadio di “impensabile” a quello di un pubblico dibattito, prima dalla sua adozione da parte della coscienza di massa e il suo inserimento nella legge. La cosa più inquietante è che queste idee nascono spesso da un piccolo gruppo e a vantaggio solo di pochi, con danni per tutti gli altri.

Non si tratta di lavaggio del cervello puro e semplice, ma di tecniche più sottili, efficaci e coerenti, si tratta di portare il dibattito fino al cuore della società, per fare sì che il cittadino comune si appropri di una certa idea e la faccia sua. All’inizio è talvolta sufficiente che un personaggio pubblico o politico la promuova in modo caricaturale ed estremo (“ballon d’essai”), e che poi il resto della classe pubblica e politica smentisca con grande foga. Ecco, l’idea è nata, e la danza dei furbetti può cominciare.

Il Cardinale Angelo Bagnasco, nella Prolusione del 30 settembre 2015 al Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, nelle sue riflessioni sulla famiglia ha citato questa tecnica di persuasione delle masse, la cosiddetta Finestra di Overton, per dimostrare come con vere e proprie strategie di comunicazioni si riescono a fare accettare “l’introduzione e la successiva legalizzazione di qualsiasi idea o fatto sociale”.

Secondo questa teoria, una finestra è l’intervallo di idee che possono essere accettate dalla società in un determinato momento e che vengono apertamente manifestate dai politici senza che questi ultimi passino per estremisti. Le idee evolvono secondo i seguenti stadi:
1. Inconcepibili/impensabili (inaccettabile, vietato)
2. Radicali/vietate (ma con delle riserve e delle eccezioni)
3. Considerabili/accettabili (opinione pubblica sta cambiando)
4. Utili/sensate (ragionevole, razionalmente difendibili)
5. Popolari/diffuse (socialmente accettabili)
6. Introdotte/legalizzate (accettate a pieno titolo nella politica dello Stato)

Il concetto di base è capire in quale finestra si trovi attualmente un’idea (ad esempio, la legalizzazione delle droghe, dell’aborto o delle unioni tra persone dello stesso sesso, l’introduzione di app Immuni o biochip, confinamento in casa o coprifuoco) e farla progressivamente slittare verso quella successiva, in una serie di passi.

Ovviamente, avere questo schema non consente molto di più di una fotografia della situazione, se non si è in grado effettivamente di influenzare l’opinione pubblica con esempi, testimonial, propaganda mirata, capacità di persuasione, narrazioni di episodi specifici, potere politico.

L’uso della Finestra Overton è il fondamento della tecnologia di manipolazione della coscienza pubblica finalizzata all’accettazione da parte della società di idee che le erano precedentemente estranee e consente l’eliminazione dei tabù. L’essenza di questo metodo sta nel fatto che l’auspicato mutamento di opinione deve perseguirsi attraverso varie fasi, ciascuna delle quali sposta la percezione ad uno stadio nuovo dello standard ammesso fino a spingerlo al limite estremo. Ciò comporta uno spostamento della stessa finestra, ed un dibattito polemico ben governato permette di raggiungere la fase ulteriore all’interno della finestra [V.v.B.].

[**] Quatto, rannicchiato in silenzio, o più specificatamente appiattito a terra, per non essere visto, dal latino “coactus”, participio passato di “cogere” nel significato di restringere, comprimere, ridurre.

Arrivato al canto XXI dell’Inferno il lettore ha quasi l’impressione che qualcuno si sia seduto sul telecomando e abbia cambiato canale per sbaglio, perché all’improvviso ci troviamo nel mezzo di un film comico. Anzitutto l’inferno, luogo di rispettabile terribilità, assume un aspetto farsesco, con tanto di diavolazzi armati di forcone che cucinano i dannati nella pece bollente. Per giunta il loro capo esibisce un peculiare sistema di chiamata a raccolta, immortalato nel verso: “Ed elli avea del cul fatto trombetta”.

Anche Virgilio non fa una grande figura. Sì, impedisce che Dante venga scaraventato seduta stante nella pece e contratta un sicuro passaggio per la bolgia successiva. Peccato che il passaggio in realtà non esista e che i diavoli siano ben decisi a fare la festa ai due viaggiatori, appena potranno.

Quanto a Dante, si è capito sin dall’inizio che il coraggio fisico non è il suo forte, ma ora la sua fifoneria raggiunge punte notevoli. In pratica tutto ciò che il narratore aspira a fare, per due canti abbondanti, è fuggire a gambe levate o nascondersi.

Va detto però che Virgilio stesso, all’approssimarsi dei diavoli, gli suggerisce di rifugiarsi dietro ad alcune rocce, o meglio di “acquattarsi”. Un termine che compare qui per la prima volta nella storia della nostra lingua, così come l’aggettivo “quatto” utilizzato poco dopo.

Ciò non vuol dire necessariamente che siano di conio dantesco; in effetti è probabile che fossero già diffusi nella lingua orale. Tuttavia Dante li ufficializza, introducendoli nel vocabolario dell’italiano ancora in costruzione. Inoltre si deve a lui la formula ‘quatto quatto’, così usata che la Crusca la rubricò nel suo primo Vocabolario come un lemma a sé stante.

Innovazioni successive sono invece le similitudini “quatto come un gatto” o “quatto come un ratto” (in realtà la rima quatto-ratto è presente già nella Commedia, ma con altro significato). Paragoni appropriati, comunque, dato che “acquattarsi” descrive un movimento molto specifico: quello di appiattirsi a terra, come fa il gatto per tendere un agguato.

Dante, dal canto suo, preferisce una similitudine più elaborata: quando Virgilio gli dice di uscire dal nascondiglio dove se ne sta “quatto quatto”, assicurandogli che i diavoli non gli faranno nulla, il poveretto ha la sensazione di essere un assediato che lascia la propria città per inoltrarsi in mezzo ai nemici, con il forte timore che questi rompano i patti e gli saltino addosso… [Unaparolaalgiorno.it].

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