Dalla Chiesa di Germania nuove aperture su donne diacono e divorziati risposati

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Quando Benedetto XVI andò in Germania nel 2011, punse la Chiesa cattolica della sua nazione con parole simili a quelle con cui Papa Francesco ha criticato l’eccesso di strutture nella Chiesa e ha sottolineato il rischio, per la Chiesa, di comportarsi come una qualunque Organizzazione Non Governativa. I vescovi in Germania non la presero bene, e dall’incontro della Conferenza Episcopale tedesca successivo al viaggio trapelò una certa amarezza. Ora che c’è Papa Francesco, i vescovi tedeschi ci riprovano. E, al termine di un incontro di circa quattro giorni, per bocca del loro presidente Robert Zoellitsch hanno fatto trapelare la possibilità della caduta di un tabù: quello delle donne diacono.

La proposta è venuta all’interno di una iniziativa senza precedenti: 300 esperti di cattolicesimo sono stati invitati a proporre possibili riforme per la Chiesa. Tra le varie proposte, rientra sempre quella per un diverso ruolo per le donne all’interno della struttura della Chiesa, anche se in effetti le parole di Zoellitsch lasciano pensare più ad una diaconia femminile di tipo diverso da quella maschile.

L’impegno in realtà è più ampio. Secondo Zoellitsch, la Chiesa cattolica può solo riacquisire credibilità e forza nell’impegnarsi nella riforma, e ha parlato di “un’atmosfera di apertura e libertà” che si è respirata durante le conferenza.

Oltre alla possibilità di ordinare delle donne diacono, è emersa anche la proposta di estendere il diritto ai divorziati risposati di sedere in consigli di tipo ecclesiastici, come ad esempio i consigli parrocchiali. I membri della conferenza hanno anche discusso riguardo la possibilità di garantire ai divorziati risposati il diritto di ricevere la comunione.

“E’ importante per me – ha detto Zoellitsch – che, senza che per questo venga minata la santità del matrimonio, questi uomini e donne siano presi seriamente all’interno della Chiesa e si sentano rispettati e a casa”.

La conferenza ha anche parlato della difficoltà riscontrata, in particolare nella Germania dell’Est, di assumere persone per lavorare nelle istituzioni cattoliche, come asili ed ospedali. Al momento, la Chiesa può solo assumere Cattolici Romani. Zoellitsch ha chiesto di estendere i permessi di lavoro anche ai non cattolici e a quanti hanno “differenti stili di vita” (e questo prevederebbe una apertura anche per le persone omosessuali). È comunque improbabile che riforme sulla legge di lavoro della Chiesa in Germania siano introdotte nei prossimi tre anni.

Al momento, ovviamente, le riforme sono solo speculazioni, e non c’è nemmeno un tempo preciso perché si cominci a discutere il modo in cui queste vengano messe in atto. Ma questo ha segnalato persino una certa inquietudine nella Chiesa di Germania, che continua a spingere sull’agenda progressista.

Non è una novità. A febbraio, la conferenza episcopale tedesca ha messo la questione della pillola del giorno dopo nell’agenda della loro riunione, e ha detto un clamoroso “sì”, seppur condizioni, al suo utilizzo nelle cliniche e ospedali cattolici in tutto il Paese. La pillola del giorno dopo – avevano deciso – si può somministrare a donne che, dopo aver subito violenza sessuale, chiedano di avere il farmaco per non affrontare una gravidanza non voluta e causata solo dallo stupro. Le cliniche vengono autorizzate a somministrare alle donne soltanto quei tipi di pillola del giorno dopo che impediscono la fecondazione dell’ovulo, e non invece i farmaci che colpiscono l’ovulo già fecondato provocando di fatto un aborto.

Questa apertura aveva aperto un dibattito. Pochi giorni dopo in Spagna, il vescovo ausiliare di Madrid Juan Antonio Martinez Camino aveva commentato che “la violenza sessuale non è un atto coniugale, ma un atto di ingiustizia e violenza e in questo caso, è legittimo impedire la fecondazione, purché si disponga di una pillola che eviti che ci sia concepimento, non di una che provochi l’espulsione dell’ovulo fecondato”. E ha aggiunto: “Forse esiste in Germania, ma a noi non consta l’esistenza di questa  possibilità tecnica”.

E a inizio marzo, in Svizzera, i vescovi hanno annunciato a inizio marzo che prima di pronunciarsi sulla questione attendono il responso della Commissione Bioetica. In quella circostanza, i vescovi svizzeri hanno parlato anche della “Iniziativa delle parrocchie”, i cui firmatari lanciano una sorta di “appello alla disobbedienza” sulla base di quelle che chiamano “evidenze”, ovvero prassi abitudinarie nella vita parrocchiale, come la distribuzione della comunione ai divorziati risposati.

Una iniziativa, anche quest’ultima, nata in ambito di lingua tedesca. È da lì che soffia il vento della rivoluzione?

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