Papa Francesco: Caritas palestra di vita per scoprire il dono

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“La carità, vissuta sulle orme di Cristo, nell’attenzione e nella compassione verso ciascuno, è la più alta espressione della nostra fede e della nostra speranza”: il tweet di papa Francesco ha ricordato i 50 anni di vita della Caritas, istituita da san Paolo VI il 2 luglio 1971, indicando mete non assistenziali, ma pastorali e pedagogiche.

Ed anche papa Francesco, a distanza di 50 anni, davanti a 1000 persone, ha ribadito la necessità di un organismo pastorale per ‘promuovere la testimonianza della carità nello spirito del Concilio Vaticano II, perché la comunità cristiana fosse soggetto di carità’, attraverso tre vie, di cui la prima è quella di seguire la ‘via degli ultimi’:

“E’ da loro che si parte, dai più fragili e indifesi. Da loro. Se non si parte da loro, non si capisce nulla. E mi permetto una confidenza… La carità è la misericordia che va in cerca dei più deboli, che si spinge fino alle frontiere più difficili per liberare le persone dalle schiavitù che le opprimono e renderle protagoniste della propria vita”.

Ha quindi ricordato le scelte compiute in questi anni: “Molte scelte significative, in questi cinque decenni, hanno aiutato le Caritas e le Chiese locali a praticare questa misericordia: dall’obiezione di coscienza al sostegno al volontariato; dall’impegno nella cooperazione con il Sud del pianeta agli interventi in occasione di emergenze in Italia e nel mondo; dall’approccio globale al complesso fenomeno delle migrazioni, con proposte innovative come i corridoi umanitari, all’attivazione di strumenti capaci di avvicinare la realtà, come i Centri di ascolto, gli Osservatori delle povertà e delle risorse”.

Per il papa è necessario uno sguardo diverso per ‘allargare i sentieri della carità’: “Se noi non siamo capaci di guardare negli occhi i poveri, di guardarli negli occhi, di toccarli con un abbraccio, con la mano, non faremo nulla.

E’ con i loro occhi che occorre guardare la realtà, perché guardando gli occhi dei poveri guardiamo la realtà in un modo differente da quello che viene nella nostra mentalità. La storia non si guarda dalla prospettiva dei vincenti, che la fanno apparire bella e perfetta, ma dalla prospettiva dei poveri, perché è la prospettiva di Gesù”.

La seconda via è quella del Vangelo: “E’ lo stile dell’amore gratuito, che non cerca ricompense. E’ lo stile della disponibilità e del servizio, a imitazione di Gesù che si è fatto nostro servo… La carità è inclusiva, non si occupa solo dell’aspetto materiale e nemmeno solo di quello spirituale.

La salvezza di Gesù abbraccia l’uomo intero. Abbiamo bisogno di una carità dedicata allo sviluppo integrale della persona: una carità spirituale, materiale, intellettuale. È lo stile integrale che avete sperimentato in grandi calamità, anche attraverso i gemellaggi, bella esperienza di alleanza a tutto campo nella carità tra le Chiese in Italia, in Europa e nel mondo”.

Ed ha indicato le “due mappe evangeliche che aiutano a non smarrirci nel cammino: le Beatitudini (Mt 5,3-12) e Matteo 25 (vv. 31-46). Nelle Beatitudini la condizione dei poveri si riveste di speranza e la loro consolazione diventa realtà, mentre le parole del Giudizio finale, il protocollo sul quale saremo giudicati, ci fanno trovare Gesù presente nei poveri di ogni tempo.

E dalle forti espressioni di giudizio del Signore ricaviamo anche l’invito alla parresia della denuncia. Essa non è mai polemica contro qualcuno, ma profezia per tutti: è proclamare la dignità umana quando è calpestata, è far udire il grido soffocato dei poveri, è dare voce a chi non ne ha”.

Carità e Vangelo sviluppano la creatività, come aveva sottolineato san Giovanni Paolo II nella lettera apostolica ‘Novo millennio ineunte’: “La ricca esperienza di  questi 50 anni non è un bagaglio di cose da ripetere; è la base su cui costruire per declinare in modo costante quella che San Giovanni Paolo II ha chiamato fantasia della carità.

Non lasciatevi scoraggiare di fronte ai numeri crescenti di nuovi poveri e di nuove povertà. Ce ne sono tante e crescono! Continuate a coltivare sogni di fraternità e ad essere segni di speranza. Contro il virus del pessimismo, immunizzatevi condividendo la gioia di essere una grande famiglia. In questa atmosfera fraterna lo Spirito Santo, che è creatore e creativo, e anche poeta, suggerirà idee nuove, adatte ai tempi che viviamo”.

Ringraziandoli ha invitato a prestare la propria attenzione ai giovani: “Non è mai sprecato il tempo che si dedica ad essi, per tessere insieme, con amicizia, entusiasmo, pazienza, relazioni che superino le culture dell’indifferenza e dell’apparenza. Non bastano i ‘like’ per vivere: c’è bisogno di fraternità, c’è bisogno di gioia vera.

La Caritas può essere una palestra di vita per far scoprire a tanti giovani il senso del dono, per far loro assaporare il gusto buono di ritrovare sé stessi dedicando il proprio tempo agli altri. Così facendo la Caritas stessa rimarrà giovane e creativa, manterrà uno sguardo semplice e diretto, che si rivolge senza paura verso l’Alto e verso l’altro, come fanno i bambini. Non dimenticare il modello dei bambini: verso l’Alto e verso l’altro”.

(Foto: Vatican News)

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