Papa Francesco chiede pace per Medio Oriente ed Africa

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Papa Francesco ha ricevuto, a conclusione della 94^ assemblea della Roaco, giovedì 24 giugno, i partecipanti della ‘Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali’, affrontando i temi e le questioni su cui l’organizzazione ha focalizzato la sua attenzione ed esprime la sua preoccupazione per i conflitti che pesano su vari Paesi di Medio Oriente e Africa:

“Nonostante la pandemia, avete avuto riunioni straordinarie nel corso di quest’anno, sia per affrontare la situazione dell’Eritrea, sia per seguire quella del Libano, dopo la terribile esplosione nel porto di Beirut il 4 agosto scorso. E a questo proposito ringrazio per l’impegno a sostenere il Libano in questa grave crisi; e vi chiedo di pregare e invitare a farlo per l’incontro che avremo il 1° luglio, insieme ai Capi delle Chiese cristiane del Paese, perché lo Spirito Santo ci guidi e ci illumini”.

Il papa ha riconosciuto le difficoltà avvenute nel 2020: “Mi hanno riferito che nel 2020 la Colletta per la Terra Santa ha potuto raccogliere circa la metà rispetto agli anni passati. Certamente hanno pesato i lunghi mesi in cui la gente non ha potuto radunarsi nelle chiese per le celebrazioni, ma anche la crisi economica generata dalla pandemia.

Se da un lato questo ci fa bene, perché ci spinge a una maggiore essenzialità, tuttavia non può lasciarci indifferenti, anche pensando alle strade deserte di Gerusalemme, senza pellegrini che vanno a rigenerarsi nella fede, ma anche ad esprimere solidarietà concreta con le Chiese e le popolazioni locali. Rinnovo pertanto l’appello a tutti perché si riscopra l’importanza di questa carità, di cui parlava già san Paolo nelle sue Lettere e che San Paolo VI ha voluto riorganizzare con l’Esortazione Apostolica ‘Nobis in animo’, del 1974, che ripropongo nella sua piena attualità e validità”.

Ed ha parlato dei conflitti che ci sono: “Anzitutto la stessa Terra Santa, con Israele e Palestina, popoli per i quali sogniamo sempre che nel cielo si distenda l’arco della pace, dato da Dio a Noè come segno dell’alleanza tra Cielo e terra e della pace tra gli uomini. Troppo spesso invece, anche di recente, quei cieli sono solcati da ordigni che portano distruzione, morte e paura!

Il grido che si leva dalla Siria è sempre presente al cuore di Dio, ma sembra non riesca a toccare quello degli uomini che hanno in mano le sorti dei popoli. Rimane lo scandalo di dieci anni di conflitto, milioni di sfollati interni ed esterni, le vittime, l’esigenza di una ricostruzione che resta ancora in ostaggio di logiche di parte e della mancanza di decisioni coraggiose per il bene di quella martoriata Nazione”.

Inoltre ha ringraziato i Nunzi apostolici: “Oltre a quella del Cardinale Zenari, Nunzio Apostolico a Damasco, la presenza dei Rappresentanti Pontifici in Libano, Iraq, Etiopia, Armenia e Georgia, che saluto e ringrazio di cuore, vi ha consentito di riflettere sulla situazione ecclesiale in quei Paesi.

Il vostro stile è prezioso, perché aiuta i Pastori e i fedeli a concentrarsi sull’essenziale, cioè su ciò che serve all’annuncio del Vangelo, manifestando insieme il volto della Chiesa, che è Madre, con particolare attenzione ai piccoli e ai poveri. A volte bisogna ricostruire gli edifici e le cattedrali, comprese quelle distrutte dalle guerre, ma anzitutto bisogna avere a cuore le pietre vive che sono ferite e disperse”.

Si è soffermato anche sulla crisi nel Tigray: “Seguo con apprensione la situazione che si è generata con il conflitto nella regione del Tigray, in Etiopia, sapendo che la sua portata abbraccia anche la vicina Eritrea. Al di là delle differenze religiose e confessionali, ci rendiamo conto di quanto sia essenziale il messaggio della Fratelli tutti, quando le differenze tra etnie e le conseguenti lotte per il potere sono erette a sistema”.

L’ultimo riferimento è dedicato alla regione caucasica: “Al termine del mio Viaggio Apostolico in Armenia, nel 2016, insieme al Catholicos Karekin II abbiamo liberato in cielo delle colombe, come segno e auspicio della pace nell’intera regione del Caucaso.

Purtroppo, essa negli ultimi mesi è stata un’altra volta ferita, e per questo vi ringrazio per l’attenzione che avete posto alla realtà della Georgia e dell’Armenia, affinché la comunità cattolica continui ad essere segno e fermento di vita evangelica”.

(Foto: Santa Sede)

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