Giornata del Rifugiato: una strage tra l’indifferenza

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“Oggi si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite, sul tema ‘Insieme possiamo fare la differenza’. Apriamo il nostro cuore ai rifugiati; facciamo nostre le loro tristezze e le loro gioie; impariamo dalla loro coraggiosa resilienza! E così, tutti insieme, faremo crescere una comunità più umana, una sola grande famiglia”.

Così al termine dell’Angelus di domenica 20 giugno papa Francesco ha ricordato la Giornata Mondiale del Rifugiato: sono 82.400.000 costretti a scappare dalle proprie case a causa di guerre, violenze e persecuzioni, secondo l’alto commissario nelle Nazioni Unite, Filippo Grandi, mentre ‘i leader mondiali sembrano incapaci o restii a fare la pace’.

Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ribadito  nel messaggio la necessità di tutelare la vita: “La protezione della vita umana, il salvataggio dei profughi, il sostegno ai sofferenti nelle crisi umanitarie, l’accoglienza dei più vulnerabili, sono impegni cui la Repubblica Italiana, in collaborazione con l’Unione Europea e le organizzazioni internazionali, non si è mai sottratta, anche nei tempi recenti segnati dalla pandemia”.

Per tale giornata l’arcivescovo di Ferrara, mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes e della Commissione Episcopale per le Migrazioni della Conferenza episcopale italiana, ha chiesto ‘uno scatto di umanità e solidarietà europea’ a tutela di profughi e rifugiati:

“La Giornata mondiale del rifugiato quest’anno riporta alla nostra attenzione il cammino di 80.000.000 persone, di cui 50.000.000 sfollati interni in diversi Paesi a causa delle guerre e dei conflitti in atto e dei disastri ambientali, 26.000.000 rifugiati e oltre 4.000.000 richiedenti asilo. E’ un popolo in cammino che lascia un Paese, una casa e non trova sempre una casa e un Paese ad accoglierlo”.

Nel messaggio mons. Perego ha sottolineato il dramma dei profughi: “Davanti ai nostri occhi, quasi ogni giorno, vengono ripresentati i volti, le storie, le sofferenze e i drammi di chi cerca di attraversare il Mediterraneo, il Mare nostrum che sembra che l’Europa ignori, come dimostrano le morti sempre più numerose (oltre 700 dall’inizio dell’anno) i respingimenti continui, le omissioni di soccorso, ma soprattutto gli abbandoni di persone al di là del Mediterraneo, in Libia: fratelli tutti, tutte sorelle abbandonate al loro destino”.

Con tali numeri è una strage nell’indifferenza: “Una strage sotto gli occhi di tutti, ma che sembra interessi solo a pochi. Una passione che dalla Libia arriva anche alle porte di casa nostra in Bosnia che non può essere dimenticata in questa giornata dove affermiamo un diritto, il diritto d’asilo, che però di fatto è ancora negato. In questo giorno si alza forte il grido per una nuova operazione europea di soccorso in mare che abbia ancora una volta l’Italia come protagonista e per un nuovo sistema di accoglienza europeo”.

Infine mons. Perego ha chiesto di ripensare gli accordi con Turchia e Libia: “Al tempo stesso, è urgente ripensare gli accordi con la Turchia e la Libia, perché il diritto d’asilo sia al centro e, attraverso i corridoi umanitari, possa estendersi anche alle persone più fragili e deboli. Uno scatto di umanità e di solidarietà sarebbe un segno di un’Europa che riparte e si rinnova dopo la pandemia proprio a partire dalla tutela dei richiedenti asilo e rifugiati”.

Per l’occasione la Caritas italiana ha voluto pubblicare il 68° Dossier con dati e testimonianze: ‘Una vita da rifugiati. Il conflitto israelo- palestinese e la tragedia di un popolo esule’; degli oltre 13.000.000 di palestinesi nel mondo, 5.600.000 sono rifugiati, prevalentemente in: Giordania (2.300.000), Striscia di Gaza (1.046.000), West Bank (859.000), Siria (562.000) Libano (476.000).

Nell’introduzione del dossier si definisce il significato di rifugiato: “Basti pensare alla parola rifugiato, un termine che nel 1951 ha assunto la valenza di un vero e proprio status, come sancito dall’articolo 1 della Convenzione di Ginevra.

Per cui il rifugiato è una persona a cui viene accordata la protezione del Paese in cui letteralmente trova ‘rifugio’, perché costretto a lasciare la propria nazione a causa di persecuzioni legate a motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.

La parola rifugiato quindi porta con sé una definizione che è complessa: quest’ultima certamente è funzionale a garantire una protezione giuridica a persone estremamente vulnerabili in fuga da guerre e persecuzioni, ma al tempo stesso categorizza i rifugiati agli occhi dell’opinione pubblica, definendo i confini della loro esistenza e facendoli diventare altro rispetto alla società che accoglie.

In questo modo sembra quasi che si contribuisca ad allargare quella separazione sociale fra loro e noi, già purtroppo delineata da razzismi e xenofobie, ritornati protagonisti anche in Europa a partire dal secondo decennio del Duemila”.

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