Papa Francesco ai diaconi: la Chiesa è diaconale

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Incontrando i diaconi permanenti di Roma, papa Francesco ha delinea i compiti e la figura del diacono, che non  è ‘mezzo prete’, né ‘chierichetto di lusso’, ma persona dedicata ‘al servizio’ del popolo di Dio, ‘disponibile’ e ‘docile’, ‘bravo sposo e bravo padre e anche bravo nonno’ e ‘sentinella’ che aiuta la comunità cristiana, salutando il nuovo direttore della Caritas della capitale, Giustino Trincia:

“La via maestra da percorrere è quella indicata dal Concilio Vaticano II, che ha inteso il diaconato come ‘grado proprio e permanente della gerarchia’… Il diaconato, che nella concezione precedente era ridotto a un ordine di passaggio verso il sacerdozio, riacquista così il suo posto e la sua specificità.

Già il solo fatto di sottolineare questa differenza aiuta a superare la piaga del clericalismo, che pone una casta di sacerdoti ‘sopra’ il Popolo di Dio. Questo è il nocciolo del clericalismo: una casta sacerdotale ‘sopra’ il Popolo di Dio.

E se non si risolve questo, continuerà il clericalismo nella Chiesa. I diaconi, proprio perché dediti al servizio di questo Popolo, ricordano che nel corpo ecclesiale nessuno può elevarsi al di sopra degli altri”.

Quindi ha invitato a riflettere sulla logica dell’abbassamento: “Tutti siamo chiamati ad abbassarci, perché Gesù si è abbassato, si è fatto servo di tutti. Se c’è uno grande nella Chiesa è Lui, che si è fatto il più piccolo e il servo di tutti. E tutto comincia da qui, come ci ricorda il fatto che il diaconato è la porta d’ingresso dell’Ordine.

E diaconi si rimane per sempre. Ricordiamoci, per favore, che sempre per i discepoli di Gesù amare è servire e servire è regnare. Il potere sta nel servizio, non in altro.

E come tu hai ricordato quello che dico, che i diaconi sono i custodi del servizio nella Chiesa, per conseguenza si può dire che sono i custodi del vero ‘potere’ nella Chiesa, perché nessuno vada oltre il potere del servizio”.

Come il Concilio Vaticano II ha specificato che la Chiesa è ‘diaconale’: “Come ho parlato di ‘Chiesa costitutivamente missionaria’ e di ‘Chiesa costitutivamente sinodale’, così dico che dovremmo parlare di ‘Chiesa costitutivamente diaconale’. Se non si vive questa dimensione del servizio, infatti, ogni ministero si svuota dall’interno, diventa sterile, non produce frutto. E poco a poco si mondanizza”.

Invece il diacono ‘arde’ nel servizio alla Chiesa nella prossimità: “I diaconi ricordano alla Chiesa che è vero quanto scoprì santa Teresina: la Chiesa ha un cuore bruciato dall’amore. Sì, un cuore umile che palpita di servizio. I diaconi ci ricordano questo quando, come il diacono san Francesco, portano agli altri la prossimità di Dio senza imporsi, servendo con umiltà e letizia.

La generosità di un diacono che si spende senza cercare le prime file profuma di Vangelo, racconta la grandezza dell’umiltà di Dio che fa il primo passo (sempre, Dio sempre fa il primo passo) per andare incontro anche a chi gli ha voltato le spalle”.

Perciò li ha avvertiti nei loro compiti, soprattutto riguardo la carità e l’amministrazione, come si legge negli Atti degli Apostoli: “La frase richiama i primi secoli, quando i diaconi si occupavano a nome e per conto del vescovo delle necessità dei fedeli, in particolare dei poveri e degli ammalati. Possiamo attingere anche alle radici della Chiesa di Roma.

Non penso soltanto a san Lorenzo, ma anche alla scelta di dare vita alle diaconie. Nella grande metropoli imperiale si organizzarono sette luoghi, distinti dalle parrocchie e distribuiti nei municipi della città, in cui i diaconi svolgevano un lavoro capillare a favore dell’intera comunità cristiana, in particolare degli ‘ultimi’, perché, come dicono gli Atti degli Apostoli, nessuno tra di loro fosse bisognoso”.

Per questo ha chiesto disponibilità ed apertura, come sottolineava don Orione: “Disponibili dentro, di cuore, pronti al sì, docili, senza far ruotare la vita attorno alla propria agenda; e aperti fuori, con lo sguardo rivolto a tutti, soprattutto a chi è rimasto fuori, a chi si sente escluso.

Ho letto ieri un passo di don Orione, che parlava dell’accoglienza dei bisognosi, e lui diceva: ‘Nelle nostre case nelle nostre case deve essere accolto ognuno che abbia un bisogno, qualsiasi tipo di necessità, qualsiasi cosa, anche chi abbia un dolore’. E questo mi piace. Ricevere non solo i bisognosi, ma quello che ha un dolore. Aiutare questa gente è importante”.

Ed infine ha lasciato loro tre parole, di cui la prima è umiltà: “E’ triste vedere un vescovo e un prete che si pavoneggiano, ma lo è ancora di più vedere un diacono che vuole mettersi al centro del mondo, o al centro della liturgia, o al centro della Chiesa. Umili. Tutto il bene che fate sia un segreto tra voi e Dio. E così porterà frutto”.

Poi li ha esortati ad essere “bravi sposi e bravi padri. E bravi nonni. Questo darà speranza e consolazione alle coppie che stanno vivendo momenti di fatica e che troveranno nella vostra semplicità genuina una mano tesa… Fare tutto con gioia, senza lamentarsi: è una testimonianza che vale più di tante prediche”.

Infine li ha invitati ad essere ‘sentinelle’, esortandoli ad aiutare la comunità cristiana: “…non solo che sappiate avvistare i lontani e i poveri (questo non è tanto difficile) ma che aiutiate la comunità cristiana ad avvistare Gesù nei poveri e nei lontani, mentre bussa alle nostre porte attraverso di loro.

E una dimensione anche, dirò, catechetica, profetica, della sentinella-profeta-catechista che sa vedere oltre e aiutare gli altri a vedere oltre, e vedere i poveri, che sono lontani… Qualsiasi necessità, vedere il Signore.

Così anche voi avvistate il Signore quando, in tanti suoi fratelli più piccoli, chiede di essere nutrito, accolto e amato. Ecco, vorrei che questo fosse il profilo dei diaconi di Roma e di tutto il mondo. Lavorate su questo. Voi avete delle generosità e andate avanti con questo”.

(Foto: Santa Sede)

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