Papa Francesco all’ILO chiede la tutela del lavoro

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Un sindacalista di 35 anni nei giorni scorsi è morto investito da un camion davanti ai cancelli della Lidl di Biandrate, nel Novarese. Secondo una prima ricostruzione il sindacalista stava attraversando la strada sulle strisce pedonali per raggiungere i cancelli dove stava iniziando il presidio sindacale, quando e’ stato travolto da un camion.

L’episodio si inquadra nel clima di tensioni sociali e sindacali che da settimane caratterizzano il settore della logistica, come era avvenuto a Tavazzano (Lodi), dove alcuni lavoratori erano rimasti feriti durante un presidio di protesta all’esterno di un’azienda di logistica.

In questo clima si inserisce il video messaggio di papa Francesco ai partecipanti alla 109° Conferenza Internazionale del Lavoro dell’ILO, che quest’anno si svolge in forma virtuale, in cui ha chiesto un cambio del modello economico orientato verso un lavoro dignitoso e giusto che non consideri totem intoccabili il profitto e il consumismo cieco:

“Durante la persistente crisi, dovremmo continuare a esercitare una ‘cura particolare’ del bene comune. Molti degli sconvolgimenti possibili e previsti ancora non si sono manifestati, pertanto si richiederanno decisioni attente.

La diminuzione delle ore di lavoro negli ultimi anni si è tradotta sia in perdita di posti di lavoro sia in una riduzione della giornata lavorativa di quanti mantengono il proprio lavoro.

Molti servizi pubblici, come pure imprese, hanno dovuto far fronte a difficoltà tremende, alcuni correndo il rischio di fallimento totale o parziale. In tutto il mondo abbiamo osservato nel 2020 una perdita di posti di lavoro senza precedenti”.

Il papa ha chiesto soluzioni per promuovere il ‘bene comune’: “Al contrario, ricerchiamo soluzioni che ci aiutino a costruire un nuovo futuro del lavoro fondato su condizioni lavorative decenti e dignitose, che provenga da una negoziazione collettiva, e che promuova il bene comune, una base che farà del lavoro una componente essenziale della nostra cura della società e della creazione. In tal senso, il lavoro è veramente ed essenzialmente umano. Di questo si tratta, che sia umano.

Ricordando il ruolo fondamentale che svolgono questa Organizzazione e questa Conferenza come ambiti privilegiati per il dialogo costruttivo, siamo chiamati a dare priorità alla nostra risposta ai lavoratori che si trovano ai margini del mondo del lavoro e che si vedono ancora colpiti dalla pandemia di Covid-19; i lavoratori poco qualificati, i lavoratori a giornata, quelli del settore informale, i lavoratori migranti e rifugiati, quanti svolgono quello che si è soliti denominare ‘il lavoro delle tre dimensioni’: pericoloso, sporco e degradante, e l’elenco potrebbe andare avanti”.

Per il papa questa particolare situazione chiede maggiore attenzione ai più ’deboli’: “Corrono il rischio di essere attaccati da un virus ancora peggiore del Covid-19: quello dell’indifferenza egoista. Ossia, una società non può progredire scartando, non può progredire.

Questo virus si propaga nel pensare che la vita è migliore se è migliore per me, e che tutto andrà bene se andrà bene per me, e così si inizia e si finisce selezionando una persona al posto di un’altra, scartando i poveri, sacrificando quanti sono rimasti indietro sul cosiddetto ‘altare del progresso’. E’ una vera e propria dinamica elitaria, di costituzione di nuove élite al prezzo dello scarto di molta gente e di molti popoli”.

Ed anche la Chiesa ha un compito, come è affermato l’esortazione apostolica ‘Evangelium Gaudium’: “Guardando al futuro, è fondamentale che la Chiesa, e pertanto l’azione della Santa Sede con l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, sostenga misure che correggano situazioni ingiuste o incorrette che condizionano i rapporti di lavoro, rendendoli completamente soggiogati all’idea di ‘esclusione’, o violando i diritti fondamentali dei lavoratori.

Una minaccia la costituiscono le teorie che considerano il profitto e il consumo come elementi indipendenti o come variabili autonome della vita economica, escludendo i lavoratori e determinando il loro squilibrato standard di vita”.

Per il papa è lo stesso momento in cui papa Pio XI ha scritto l’enciclica ‘Quadragesimo Anno’: “Di fronte all’Agenda dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, dobbiamo continuare come abbiamo già fatto nel 1931, quando Papa Pio XI, dopo la crisi di Wall Street e nel bel mezzo della ‘Grande Depressione’, denunciò l’asimmetria tra lavoratori e imprenditori come una flagrante ingiustizia che concedeva al capitale carta bianca e disponibilità…

Persino in quelle circostanze, la Chiesa promosse la posizione secondo cui la remunerazione per il lavoro svolto non solo deve essere destinata a soddisfare i bisogni immediati e attuali dei lavoratori, ma anche ad aprire la capacità dei lavoratori di salvaguardare i risparmi futuri delle loro famiglie o gli investimenti capaci di garantire un margine di sicurezza per il futuro”.

Infine un pensiero per gli imprenditori: “Ricordo agli imprenditori la loro vera vocazione: produrre ricchezza al servizio di tutti. L’attività imprenditoriale è essenzialmente «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, Dio ci promuove, si aspetta da noi che sviluppiamo le capacità che ci ha dato e ha riempito l’universo di potenzialità.

Nei suoi disegni ogni persona è chiamata a promuovere il proprio sviluppo, e questo comprende l’attuazione delle capacità economiche e tecnologiche per far crescere i beni e aumentare la ricchezza.

Tuttavia, in ogni caso, queste capacità degli imprenditori, che sono un dono di Dio, dovrebbero essere orientate chiaramente al progresso delle altre persone e al superamento della miseria, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate”.

Ed anche ai sindacalisti: “Invito i sindacalisti e i dirigenti delle associazioni dei lavoratori a non lasciarsi rinchiudere in una ‘camicia di forza’, a focalizzarsi sulle situazioni concrete dei quartieri e delle comunità in cui operano, affrontando al tempo stesso questioni legate alle politiche economiche più vaste e alle ‘macro-relazioni’”.

Infine ha lanciato due sfide: “La prima è la profezia, collegata alla natura stessa dei sindacati, alla loro vocazione più genuina. I sindacati sono un’espressione del profilo profetico della società.

I sindacati nascono e rinascono ogni volta che, come i profeti biblici, danno voce a quanti non l’hanno… mettono a nudo i potenti che calpestano i diritti dei lavoratori più vulnerabili, difendono la causa degli stranieri, degli ultimi e dei rifiutati. Chiaro, quando un sindacato si corrompe, non può più farlo, e si trasforma in uno status di pseudo datore di lavoro, a sua volta distanziato dal popolo”.

L’altra riguarda l’innovazione: “I profeti sono sentinelle che vigilano dal loro posto di osservazione. Anche i sindacati devono sorvegliare le mura della città del lavoro, come una guardia che sorveglia e protegge quanti sono dentro la città del lavoro, ma che sorveglia e protegge anche quelli che stanno fuori dalle mura.

I sindacati non svolgono la loro funzione fondamentale d’innovazione sociale se tutelano solo i pensionati. Questo va fatto, ma è la metà del vostro lavoro. La vostra vocazione è anche di proteggere quanti ancora non hanno diritti, quanti sono esclusi dal lavoro e che sono esclusi anche dai diritti e dalla democrazia”.

Per questo le Acli hanno apprezzato il discorso del papa, chiedendo il rispetto della dignità dei lavoratori: “Va detto con forza  che la pandemia s’innesta su una crisi economica e sociale in gran parte non affrontata nelle sue tante contraddizioni civili e ambientali.

C’è all’origine un insostenibile leggerezza della democrazia di fronte ad una globalizzazione far west, nella quale il primato dell’economia finanziarizzata e senza regole detta legge nei confronti dell’economia reale e di fatto condiziona pesantemente le agende della politica e i suoi protagonisti.

Se si vuole riscattare il lavoro e creare per le persone una condizione di dignità da tante situazioni di scarto e di sempre più drammatica discriminazione, bisogna ripartire da regole e tutele globali e da una riforma della finanza che tolga il bastone del comando alla speculazione e all’assenza di trasparenza”.

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