Milano dà l’addio a don Riboldi, il prete dei nomadi

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“Desidero condividere la preghiera di suffragio e la riconoscenza di coloro che hanno conosciuto, amato, stimato, ammirato don Mario Riboldi. Ha vissuto il suo ministero accampato nella precarietà e radicato nel Vangelo di Gesù. Singolare interprete della pastorale dei nomadi don Mario ha seminato il Vangelo nei cuori di persone e famiglie nomadi perché ha imparato le loro lingue, condiviso la loro vita, ha pronunciato parole di incoraggiamento e inviti a conversione… Ha vissuto accampato tra gli accampamenti, ora ha lasciato la sua roulotte perché il Signore lo accoglie nella sua dimora eterna. Di là continuerà a sorridere e a pregare per la sua gente e per tutti noi che lo ricordiamo con affetto e preghiamo per lui”.

Con questo messaggio l’arcivescovo di Milano, mons.Mario Delpini, ha ricordato don Mario Riboldi, che dopo la sua ordinazione sacerdotale nel 1953 cominciò ad incontrare i nomadi della periferia milanese. Iniziò così il suo viaggio con rom e sinti e la condivisione della loro vita concreta.

Incoraggiato dall’arcivescovo Montini, fu tra i promotori del primo e storico incontro della Chiesa cattolica con Rom e Sinti a Pomezia, il 26 settembre 1965. Dal 1971 al 2018 fu incaricato diocesano per la Pastorale dei Nomadi contribuendo a portare per la prima volta un gitano agli onori degli altari, Ceferino Jimenez Mall, il 4 maggio 1997. Preziose le sue traduzioni nelle varie lingue rom della Bibbia, di testi liturgici e canti.

Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, ha sottolineato la sua fedeltà al Vangelo: “Scompare un prete che ha saputo vivere con radicalità la testimonianza del Vangelo e un punto di riferimento per la comunità rom.

La sua scelta di farsi povero tra i poveri, di vivere come un rom, pur non essendolo, è stata una provocazione anche per molti credenti, costretti dal suo esempio a interrogarsi sui tanti luoghi comuni di cui questo popolo è ancora vittima e ostacolano, purtroppo, la sua piena integrazione.

La sua morte lascia in eredità alla comunità cristiana il dovere di guardare ai rom con occhi scevri da pregiudizi. Caritas Ambrosiana intende farsene interprete, moltiplicando gli sforzi per aiutare i rom ad inserirsi nelle comunità e a superare lo stigma sociale”.

Don Marco Frediani, incaricato diocesano per la Pastorale dei nomadi e vicario parrocchiale a Sant’Agnese, a Quarto Oggiaro, ha evidenziato la sua passione per gli ultimi: “Non ha mai voluto apparire, è sempre stato povero tra i poveri, vivendo anche lui in roulotte.

Ancor prima che arrivasse papa Francesco a parlare della ‘Chiesa in uscita’, don Mario aveva già intuito che non si fa evangelizzazione da ricchi, ma solo prendendo bisaccia e sandali. Era un uomo di preghiera, nel profondo. Ovunque fossimo, in un campo nomadi, in carcere, in viaggio, cascasse il mondo ci si fermava per pregare negli orari canonici”.

Nel messaggio il card. Peter Turkson, presidente del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, ha scritto: “Ha saputo abbracciare con naturalezza ed entusiasmo una scelta singolare, incoraggiata dall’allora cardinale Montini. E’ stato un nomade nelle tante comunità nomadi che hanno camminato con lui, ma con una capacità unica di creare ponti tra la Chiesa, i Rom e i Sinti”.

Anche la Fondazione Migrantes della Cei ha manifestato il suo cordoglio in un messaggio dell’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Giancarlo Perego: “Gli incontri con lui, le telefonate sapevano sempre di ‘gioia del Vangelo’, che desiderava condividere con le diverse comunità rom e sinte. Il suo impegno e la sua intelligenza pastorale, i numerosi materiali da lui realizzati per l’evangelizzazione delle comunità rom e sinte rimangono nella Chiesa italiana un tesoro da custodire e a cui fare riferimento”.

(Foto: Diocesi di Milano)

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