Save the Children invita a riscrivere il futuro per eliminare la povertà educativa

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La povertà minorile, in poco più di 10 anni, è aumentata di 10 punti percentuali e ha raggiunto nel 2020 il suo massimo storico degli ultimi 15 anni: 1.346.000 minori (il 13,6% dei bambini e degli adolescenti in Italia), ben 209.000 in più rispetto all’anno precedente, sono in condizioni di povertà assoluta. Un dato destinato a crescere con la crisi economica generata dal Covid e dovuto, in larga parte, all’aumento consistente del numero di genitori che hanno perso temporaneamente o definitivamente il lavoro, 345.000 durante l’anno trascorso, e la conseguente diminuzione delle loro disponibilità economiche

Nonostante abbiano trascorso oltre un anno davanti agli schermi di tablet e pc, alle prese con la didattica a distanza e con un nuovo tipo di socialità, quasi solo virtuale, studenti e studentesse in Italia sembrano ancora impreparati e senza le necessarie competenze per affrontare il mondo digitale che si è loro aperto davanti.

La chiusura e l’apertura a singhiozzo delle scuole, la mancanza di strumenti e di abitazioni idonee a seguire la didattica a distanza hanno contribuito ad aumentare la povertà educativa e la dispersione scolastica, lasciando molti bambini indietro.

E’ per far ascoltare la loro voce che Save the Children ha rilanciato la campagna ‘Riscriviamo il Futuro’, che quest’anno vede proprio bambine, bambini e adolescenti come protagonisti assoluti, attraverso un Manifesto elaborato con il contributo dei ragazzi del Movimento ‘Giovani Sottosopra’, all’interno del quale si chiede agli adulti di provare finalmente a guardarli e che tutti possono firmare sul sito di Save the Children:

“Mettetevi questi occhiali, e guardateci! Siamo stati invisibili, sfocati agli occhi di chi ci ha guardato fino ad oggi. Abbiate il coraggio di aprirvi al nostro punto di vista, per vedere sia le nostre capacità che le nostre difficoltà e fragilità. Dal valore che darete loro, dipenderà il presente e il futuro di tutti noi. Indossate questi occhiali e guardate il futuro, guardate noi”.

E gli occhiali rossi assurgono a simbolo della campagna di Save the Children, che chiede a tutti di indossarli per veder finalmente meglio i bisogni, le esigenze e i desideri dei ragazzi, come ha affermato afferma Daniela Fatarella, direttrice generale di Save the Children:

“E’ proprio dalle bambine, dai bambini e adolescenti che abbiamo voluto partire, ascoltando le loro esigenze e amplificando la loro voce, per farli uscire dall’invisibilità in cui si sono sentiti relegati nell’ultimo anno e fare in modo che diventino protagonisti della ricostruzione del tessuto sociale del Paese.

Ora è il momento di agire in maniera decisa per rilanciare il futuro dell’Italia ripartendo dalle giovani generazioni. L’ascensore sociale che fino a qualche anno fa era fermo, ora sembra addirittura avere invertito la rotta e rischiamo che i nostri ragazzi debbano abdicare al loro domani.

Non possiamo permettere che questo accada e per invertire la rotta è necessario partire dal sistema educativo e dalle diseguaglianze che contribuisce a generare”.

Sono chiamati ‘nativi digitali’, eppure secondo quanto emerge dall’indagine pilota condotta da Save the Children una percentuale significativa di studenti intervistati mostra evidenti lacune nella conoscenza e l’utilizzo degli strumenti tecnologici, nonostante nell’ultimo anno abbiano vissuto in una ‘dimensione digitale’.

Tanto che un quinto dei ragazzi che hanno partecipato all’inedita rilevazione sulla povertà educativa digitale di Save the Children non è ancora in grado di eseguire semplici operazioni utilizzando gli strumenti informatici, come condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom (11%) o scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola (29,3%).

Dai risultati della ricerca, emerge infatti che circa un quinto (20,1%) dei minori che hanno partecipato all’indagine non è in grado di rispondere correttamente a più della metà delle domande proposte per valutare le competenze di base nell’utilizzo degli strumenti digitali, come  identificare una password sicura, condividere lo schermo durante una videochiamata (1 su 10), inserire un link in un testo, scaricare un file da una piattaforma della scuola (29,3%), utilizzare un browser per l’attività didattica (32,8%).

Un risultato che non dovrebbe stupire se consideriamo che l’82% dichiara di non aver mai utilizzato prima della pandemia il tablet a scuola, percentuale che si assesta al 32.5% per la lavagna interattiva multimediale (LIM).

Tra gli studenti partecipanti allo studio, coloro che dichiarano di non avere a disposizione nessun tablet a casa sono il 30.4%, mentre il 14.2% afferma di non avere un personal computer. Più della metà (54%) vive in abitazioni dove ciascun membro della famiglia ha a disposizione meno di un dispositivo.

Circa il 10% degli studenti che hanno partecipato all’indagine pilota non è in grado di riconoscere una password di sicurezza media o elevata. L’11% invece non sa condividere uno schermo durante una chiamata con Zoom.

Tale percentuale sale al 15,2% per le chiamate con Teams. Il 32,8% non è capace di inserire un link interattivo in un file di testo ed il 29,3% di scaricare un documento condiviso da un insegnante sulla piattaforma della scuola.

Il 30% dei minori che hanno una madre con nessun titolo di studio, o licenza elementare o media, non risponde correttamente alla maggior parte delle domande relative all’alfabetizzazione digitale di base.

Tale percentuale scende al 13,9% per gli studenti la cui madre ha un titolo di studio superiore ed al 5,5% se la madre ha un diploma universitario. Percentuali pressoché identiche si osservano quando si prende in considerazione il titolo di studio del padre (26,1% -14,6% – 5,1%).

La povertà educativa digitale quindi non è soltanto associata alla presenza di strumenti digitali a casa, ma anche al loro utilizzo, in termini di ore. Maggiore è il tempo dedicato all’utilizzo degli strumenti digitali per fare i compiti, migliori sono i risultati in termini di competenze relative all’alfabetizzazione digitale di base.

Ad esempio, il 29% dei minori di 13 anni che hanno partecipato all’indagine, che non dedicano alcun tempo ai compiti, è in condizione di povertà educativa nella dimensione ‘apprendere per comprendere’, ovvero le competenze necessarie all’apprendimento su digitale, a fronte di una percentuale del 18% per i minori che vi dedicano un’ora o più al giorno.

Al tempo stesso, dall’analisi dei dati, si evince che un maggior tempo dedicato anche all’attualità, può essere benefico per l’apprendimento: il 35,9% dei ragazzi che non dedicano tempo alla ricerca di notizie sull’attualità o su temi di particolare interesse hanno lacune relativamente alle competenze alfabetiche digitali, contro il 16,7% dei coetanei che vi dedicano un’ora o più al giorno.

Al contrario, invece, minore è il tempo che i tredicenni impiegano per stare sui social o giocare online, maggiore il livello di competenze riguardanti l’uso consapevole dei nuovi media in relazione all’identità digitale, le implicazioni sociali, culturali ed etiche e le conseguenze delle proprie azioni online.

Il 33,3% ed il 39,7% dei minori che non sta sui social non risponde correttamente alle domande relative alle competenze digitali necessarie all’apprendimento e alla vita sui social, a fronte del 47.5% e 50.9% per coloro i quali vi dedicano un’ora o più al giorno. 

Sin dall’inizio della pandemia, Save the Children si è attivata immediatamente per far fronte all’emergenza. Attraverso la sua estesa rete di partner presenti nei territori più marginalizzati, in collaborazione con le scuole, già nel marzo 2020 e durante i mesi di lockdown.

A partire da questa esperienza, Save the Children ha lanciato nel maggio del 2020, la campagna ‘Riscriviamo il futuro’, che ha coinvolto fino ad oggi, complessivamente, circa 160.000 bambine, bambini e adolescenti, le loro famiglie e docenti in 89 quartieri deprivati di 36 città e aree metropolitane.

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