Papa Francesco: l’umorismo via della santità

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“Oggi, prima che voi siete entrati, padre Landousies mi ha detto che alla fine di giugno lascerà questo ufficio qui, in Curia: lui è stato il mio traduttore francese per tanto tempo. Ma io vorrei fare un riassunto della sua persona. E’ un esempio. Io ho trovato in lui la testimonianza di un sacerdote felice, di un sacerdote coerente, un sacerdote che è stato capace di vivere con martiri già beatificati, che conosceva a uno a uno, e anche di convivere con una malattia di cui non si sapeva cosa fosse, con la stessa pace, con la stessa testimonianza. E approfitto di questo pubblicamente, anche davanti all’Osservatore Romano, a tutti, per ringraziarlo per la testimonianza, che tante volte mi ha fatto bene. A me ha fatto bene il modo di essere”.

Così al termine dell’udienza ai sacerdoti del Convitto San Luigi dei Francesi a Roma, papa Francesco ha ringraziato mons. Jean Landousies, Officiale presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, che alla fine del mese lascerà l’incarico e rientrerà in Francia.

Mons. Landousies ha lavorato 6 anni  con papa Giovanni Paolo II, prima di rientrare a Parigi dove ha diretto la casa dei Lazzaristi; dopodiché è tornato in Vaticano dove ha continuato a dirigere la sezione francofona degli Affari  generali della Segreteria di Stato fino alla fine del mese corrente.

Durante l’udienza papa Francesco ha invitato i sacerdoti a riscoprire la figura del padre ‘putativo’ di Gesù: “In questo anno dedicato a San Giuseppe, vi invito a riscoprire il volto di quest’uomo di fede, di questo padre tenero, modello di fedeltà e di abbandono fiducioso al progetto di Dio… Non bisogna lasciare da parte le fragilità: sono un luogo teologico.

La mia fragilità, quella di ognuno di noi è luogo teologico di incontro con il Signore. I preti ‘superman’ finiscono male, tutti. Il prete fragile, che conosce le sue debolezze e ne parla con il Signore, questo andrà bene. Con Giuseppe, siamo chiamati a ritornare all’esperienza dei semplici atti dell’accoglienza, della tenerezza, del dono di sé”.

Quindi ha invitato a vivere la fraternità e l’accoglienza: “Nella vita comunitaria, c’è sempre la tentazione di creare dei piccoli gruppi chiusi, di isolarsi, di criticare e di parlare male degli altri, di credersi superiori, più intelligenti.

Il chiacchiericcio è un’abitudine dei gruppi chiusi, un’abitudine anche dei preti che diventano zitelloni: vanno, parlano, sparlano: questo non aiuta. E questo ci insidia tutti, e non va bene. Bisogna lasciar perdere questa abitudine e guardare e pensare alla misericordia di Dio.

Possiate sempre accogliervi gli uni gli altri come un dono. In una fraternità vissuta nella verità, nella sincerità delle relazioni e in una vita di preghiera possiamo formare una comunità in cui si respira l’aria della gioia e della tenerezza”.

Il papa ha sottolineato che il sacerdote non può vivere senza il popolo di Dio: “Il sacerdozio ministeriale è conseguenza del sacerdozio battesimale del santo popolo fedele di Dio. Questo, non va dimenticato. Se voi pensate un sacerdozio isolato dal popolo di Dio, quello non è sacerdozio cattolico, no; e neppure cristiano.

Spogliatevi di voi stessi, delle vostre idee precostituite, dei vostri sogni di grandezza, della vostra auto-affermazione, per mettere Dio e le persone al centro delle vostre preoccupazioni quotidiane. Per mettere il santo popolo fedele di Dio al centro bisogna essere pastori”.

Altro punto fondamentale della gioia sacerdotale è l’umorismo: “E con la gioia va insieme il senso dell’umorismo. Un prete che non abbia senso dell’umorismo, non piace, qualcosa non va.

Imitate quei grandi preti che ridono degli altri, di sé stessi e anche della propria ombra: il senso dell’umorismo è una delle caratteristiche della santità, come ho segnalato nell’Esortazione Apostolica sulla santità, ‘Gaudete et exultate’. E coltivate in voi la gratitudine di essere al servizio dei fratelli e della Chiesa…

Ed è solo rimanendo radicati in Cristo che potete fare l’esperienza di una gioia che vi spinge a conquistare i cuori. La gioia sacerdotale è la sorgente del vostro agire come missionari del vostro tempo”.

Anche nella lettera a p. Jozef Wouters, abate generale dei Canonici Regolari Premostratensi in occasione del Giubileo per celebrare il 900° anniversario dell’Abbazia di Prémontré, ad opera di san Norberto, e la nascita della prima comunità dalla quale ha preso origine l’Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi, papa Francesco aveva sottolineato la necessità della vita comunitaria:

“L’ardente entusiasmo degli inizi si strutturò in una vita religiosa austera, di cui erano parte integrante l’ospitalità e la cura dei poveri e dei pellegrini. Fin dalle origini, i Premostratensi hanno dato prova di grande impegno verso le persone esterne alla comunità, accogliendole volentieri. Così nacquero rapidamente nuove comunità che seguirono lo stile di vita di Norberto; come pure comunità già esistenti che chiesero di unirsi a quella di Prémontré.

Cari figli di San Norberto, conservate sempre questa apertura del cuore, che sa anche aprire le porte della casa, per accogliere chi cerca un consigliere spirituale, chi chiede un aiuto materiale, chi desidera condividere la vostra preghiera. La vostra liturgia sia sempre ‘canonicale’, ossia lode a Dio per il popolo di Dio e con il popolo”.

Ed ha sottolineato lo stretto rapporto con il territorio: “Così, nel corso dei secoli, le abbazie premostratensi hanno sviluppato un intenso rapporto con il loro territorio, perché fin dall’inizio molti canonici si sono dedicati alla cura pastorale delle parrocchie.

Di conseguenza, le abbazie non sono state attive soltanto nella cura e nell’accoglienza dei poveri, ma hanno sviluppato e mantenuto contatti con persone di ogni estrazione sociale.

Così, l’ispirazione di san Norberto è rimasta viva ed è tuttora una delle ricchezze della Chiesa universale. Il vostro Fondatore ha vissuto in tanti e diversi ambienti, ma in ogni circostanza si è lasciato guidare dal Vangelo: predicatore itinerante, sacerdote, superiore di comunità, vescovo, egli ha continuato ad ascoltare Dio e i fratelli, e ha saputo discernere nelle varie circostanze della vita, senza perdere di vista la sua ispirazione fondamentale”.

(Foto: Santa Sede)

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