Sarebbe un disastro – non solo per i “tradizionalisti” ma per l’intera Chiesa Cattolica – se Papa Francesco proibisse o solo limitasse la Forma Straordinaria del Rito Romano

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Ritengo che ha proprio ragione l’amico e collega Marco Tosatti, quando scrive: “L’impressione è che si voglia fare in modo che anche le pecore più tranquille e docili giungano a un punto in cui cominciano a mordere”. Sembra che siamo già ben avanzati sulla strada dello “scisma indotto” [1].

Il 26 maggio abbiamo scritto [Francesco vuole abrogare il Summorum Pontificum di Benedetto XVI. Messainlatino.it riferisce che l’ha detto alla Plenaria della Conferenza Episcopale Italiana]: «Il Summorum Pontificum del 7 luglio 2007 [QUI], l’opera maggiore di Papa Benedetto XVI, è in pericolo. Questa Lettera apostolica in forma di Motu proprio del 7 luglio 2007 contiene le indicazioni giuridiche e liturgiche che, insieme alle precisazioni emanate dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, sono attualmente in vigore per la celebrazione della Santa Messa nella Forma Straordinaria del Rito Romano, cioè, secondo il Missale Romanum promulgato da San Pio V ed edito da San Giovanni XXIII nel 1962, utilizzato durante il Concilio Vaticano II. Le disposizioni del Summorum Pontificum sono entrate in vigore il 14 settembre 2007, festa dell’Esaltazione della Santa Croce e hanno sostituito le precedenti norme contenute nella Lettera della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti Quattuor abhinc annos del 3 ottobre 1984 ai Presidenti delle Conferenze Episcopali relativa alla celebrazione della Messa nella forma tridentina e nella Lettera apostolica in forma di Motu proprio Ecclesia Dei adflicta del 2 luglio 1988, con cui San Giovanni Paolo II ha istituita la Pontificia commissione Ecclesia Dei (soppresso il 17 gennaio 2019 da Papa Francesco)».

Poi, il 31 maggio abbiamo specificato [Ad orientem, conversi ad Dominum. Rivolgersi insieme verso il Signore nella Liturgia Eucaristica]: «Visto le ricorrenti domande che ci vengono poste in riferimento alle recenti notizie circa il pericolo, che il Motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI del 7 luglio 2007 venga abrogato, riteniamo doveroso sottolineare per l’ennesima volta che non si tratta (soltanto) del latino o una lingua volgare come lingua del sacro culto, nella Forma Ordinaria o Straordinaria del Rito Romano, della celebrazione individuale o concelebrazione della Santa Messa. Si tratta in sostanza dell’orientamento nel culto: ad orientem (il celebrante/i concelebranti insieme al popolo verso il Signore o verso il popolo). Mentre nella Forma Straordinaria del Rito Romano (regolata dal Summorum Pontificum) la celebrazione è sempre in latino, individuale e rivolta ad Oriente verso Dio, invece niente proibisce nella Forma Ordinaria del Rito Romano la celebrazione in latino, individuale e rivolta ad Oriente verso Dio (anche se è prassi generale la Santa Messa in lingua volgare, concelebrata e rivolta verso il popolo)».

Di seguito riportiamo un ulteriore intervento – nella nostra traduzione italiana dall’inglese – che porta precise informazioni e conferme preoccupanti, in riferimento a quanto abbiamo già riferito il 23 maggio 2021, da una fonte statunitense autorevole e di solito ben informata.

Un disastro incombe se Papa Francesco limitasse la Messa tradizionale
di Phil Lawler
Catholicculture.org, 2 giugno 2021


Le voci sono vere. Le mie fonti romane – troppe e troppo attendibili per essere dubitate – confermano che in Vaticano sta circolando un documento che, se approvato dal Papa, limiterebbe significativamente l’uso della “forma straordinaria” della liturgia, la Messa Latina Tradizionale (MLT).
Questo documento è in forma di bozza. Potrebbe essere modificato. Potrebbe non essere mai rilasciato. Ma non sarebbe nemmeno in discussione senza il consenso almeno tacito (se non attivo) di Papa Francesco. E se fosse rilasciato nella sua forma attuale, sarebbe un disastro pastorale e dottrinale. Contrasterebbe un potente movimento di riforma nella Chiesa e, paradossalmente, minerebbe l’autorità stessa del Papa.

Lasciatemi spiegare.

Nel Summorum Pontificum, la sua Lettera apostolica del 2007, Papa Benedetto XVI ha dato ai fedeli cattolici un accesso molto più ampio alla MLT. Con questo nuovo documento, concepito come una “Istruzione” per l’“attuazione” del Summorum Pontificum, Papa Francesco ripudierebbe di fatto l’opera del suo predecessore, e allo stesso tempo interromperebbe l’afflusso di sangue alla parte in più rapida crescita del Chiesa universale.

Papa Benedetto ha scritto Summorum Pontificum perché ha riconosciuto, nella crescente domanda della liturgia tradizionale, un autentico movimento dello Spirito Santo all’interno della Chiesa. Il desiderio per la MLT non è mosso dalla nostalgia; la stragrande maggioranza delle persone nei banchi non ha l’età per ricordare la liturgia che era universale prima del Concilio Vaticano II. In un momento in cui i cattolici stanno lasciando la Chiesa a migliaia, e soprattutto i giovani stanno abbandonando la fede, le parrocchie tradizionaliste stanno vedendo una crescita esplosiva, segnata in particolare da un afflusso di giovani famiglie.

Allora perché un prelato cattolico, impegnato nell’evangelizzazione, dovrebbe voler interferire con la crescita del cattolicesimo tradizionale? Perché scherzare con il successo? Potrebbe essere perché l’evidente salute pastorale delle comunità tradizionaliste crea uno spiacevole contrasto con i fallimenti delle parrocchie che si stanno rapidamente riducendo nella corrente cattolica? Come ho osservato solo poche settimane fa, è rivelatore “che l’unica opzione liturgica che i cattolici liberali non possono rispettare è l’opzione per l’antica liturgia”.

Nel Summorum Pontificum, Papa Benedetto ha dichiarato che ogni sacerdote ha il diritto di celebrare la liturgia tradizionale, senza richiedere un “indulto” o un permesso speciale dal suo vescovo. Secondo quanto riferito, la bozza del documento annullerebbe tale autorizzazione. A dire il vero, in pratica questo cambiamento non avrebbe troppo impatto sulla disponibilità della MLT, perché qualsiasi sacerdote diocesano prudente sa già che se dispiace al vescovo offrendo la MLT senza la sua approvazione, probabilmente subirà rappresaglie. In tal modo, contrariamente allo spirito del Summorum Pontificum, molti vescovi hanno continuato a soffocare la richiesta della liturgia tradizionale.

Tuttavia, il requisito dell’approvazione episcopale (che è solo una delle numerose nuove restrizioni proposte) avrebbe un effetto molto significativo in un altro modo. Nel Summorum Pontificum Papa Benedetto ha anche chiarito che, contrariamente a un’impressione diffusa, la MLT non era mai stato abrogato. “Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso”, ha spiegato Papa Benedetto XVI [2].

Chiaramente, se Papa Francesco ora proibisse effettivamente la celebrazione della MLT, e/o disse che la liturgia tradizionale è dannosa – o dà ai vescovi diocesani il potere di farlo – allora starebbe contraddicendo direttamente il suo predecessore. E se Papa Francesco può contraddire l’insegnamento di Papa Benedetto XVI, cosa impedisce a un futuro Pontefice di contraddire Papa Francesco? Chiunque sia sinceramente interessato a preservare l’autorità papale (invece di ottenere un vantaggio temporaneo nei dibattiti intramurali) dovrebbe riconoscere il danno che questa bozza di documento potrebbe causare.

Ironia della sorte, i leader cattolici che stanno facendo pressioni per un uso pesante del potere papale in questo caso, hanno passato le ultime generazioni a inveire contro l’invocazione dell’autorità papale in altri casi, incluso il caso del Summorum Pontificum. Ma la legittima autorità del Romano Pontefice è severamente limitata. Può solo proclamare le verità tramandate nella Tradizione cattolica. Se contraddice l’insegnamento dei precedenti Pontefici – se suggerisce che ciò che un tempo era sacro non è più sacro – attacca la base su cui poggia la sua stessa autorità.

Questa bozza di documento, quindi, rappresenta non solo un problema per i tradizionalisti, ma un grave pericolo per la Chiesa. Dovrebbe essere vigorosamente contrastato da chiunque abbia a cuore la missione dell’evangelizzazione, l’integrità della dottrina e la conservazione dell’autorità papale.

* * *

[1] Lo “scisma indotto” o la “mossa del cavallo”: lasciare una via di fuga

Quando tempo fa lessi “L’arte della guerra” di Sun Tzu (VI-V secolo a.C.) una delle idee che più mi avevano colpito è quella di lasciare sempre una via di fuga per il nemico – “Lascia una via d’uscita a un esercito accerchiato” – che si può commentare con Cao Cao: “La regola degli antichi aurighi dice: ‘Accerchia da tre lati ma lasciane uno libero, per indicare così la strada alla vita’”.

Se la vita è presente nella loro mente, i soldati nemici si batteranno con meno ardore. Del resto lo stesso Sun Tzu subito dopo dice anche di: “Non incalzare un nemico disperato”, perché: “Un animale atterrito lotterà fino alla fine, è una legge naturale”.

Non è una mossa strategica, sconosciuta all’occidente, tant’è che come racconta Machiavelli nel suo “Arte della guerra”, fu adottato da Cesare contro delle tribù germaniche: queste, completamente circondate si battevano con furia; aprendo loro una via di fuga, Cesare preferì farsi carico del successivo inseguimento piuttosto che avere a che fare con un nemico così combattivo e furioso.

Quello che cambia, e questo lo abbiamo capito leggendo Francois Jullien, è che quello che per gli occidentali è solo un espediente, un aneddoto su cui neanche soffermarsi, per i cinesi è un concetto dalla portata molto più profonda. Nella mentalità cinese quello che rende pavidi o coraggiosi e il “potenziale della situazione”, e quindi quello che il generale deve fare non è chiedersi come rendere i suoi uomini coraggiosi e i suoi nemici pavidi, ma come agire, come operare per costringerli in quelle determinate situazioni.

Se lasciare una via di fuga serve per rendere “pavido” il nemico, tagliare i ponti, bruciare le navi, “far salire in alto e poi togliere la scala” è un modo per rendere coraggiosi i propri soldati. Portati in territorio nemico e isolate le vie di comunicazione, gli uomini non avranno scelta e saranno costretti al coraggio.

“Il bruciare i ponti”, secondo gli economisti Avinash Dixit e Barry Nalebuff e anche un modo per rendere credibili i propri impegni.

Premesso che la credibilità è fondamentale per la buona riuscita di ogni strategia, chiarito che “stabilire una buona credibilità in senso strategico significa far sì che ci si aspetti che portiate a termine le vostre mosse incondizionate, manteniate le vostre promesse e mettiate in atto le vostre minacce”, si può sostenere che bruciarsi i ponti alle spalle è proprio uno dei possibili modi per obbligarsi a mantenere i propri impegni. Citando ancora Dixit e Nalebuff: “Credibilità implica trovare il modo per non tornare indietro. Se non c’è un domani, l’impegno di oggi non può essere ritrattato” (Ivano Paolo Todde).

– Actuating Schism – Provocare lo scisma | by Patrick Archbold – Creativeminorityreport.com, 27-30 November/3 December 2018 (Inglese e Italiano)
– Daniel Mitsui: il Maligno è più raffinato di noi. La Chiesa è debole. Il cristiano deve pregare tra le rovine, come sempre – 1° febbraio 2020

[2] «Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Missale Romanum. Nella storia della Liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e di dar loro il giusto posto. Ovviamente per vivere la piena comunione anche i sacerdoti delle Comunità aderenti all’uso antico non possono, in linea di principio, escludere la celebrazione secondo i libri nuovi. Non sarebbe infatti coerente con il riconoscimento del valore e della santità del nuovo rito l’esclusione totale dello stesso» (Lettera di Sua Santità Benedetto XVI ai Vescovi in occasione della Pubblicazione della Lettera Apostolica “Motu proprio data” Summorum Pontificum sull’uso della Liturgia romana anteriore alla riforma effettuata nel 1970, 7 luglio 2007 [QUI]).

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