Lettere di fede e di amicizia tra Roncalli e Montini

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“Studiare la linfa spirituale che, per strade distinte ma spesso intersecate, ha nutrito Giovanni XXIII e Paolo VI facendone i protagonisti del Concilio Vaticano II”. Questi gli obiettivi del Convegno “Giovanni XXIII e Paolo VI. I papi del Vaticano II” che si svolgerà il 12 e 13 aprile a Bergamo su iniziativa della Fondazione Giovanni XXIII e Istituto Paolo VI. I due pontefici risplendono nella storia della Chiesa del XX secolo come due alberi maestosi, spiegano i promotori sottolineando che ciascuno presenta caratteristiche proprie, ma le loro radici affondano in un terreno comune e le rispettive fronde si intrecciano in modo così stretto da proiettare un’ombra unica, pur diversa nei toni. Per l’occasione mons. Loris Capovilla e Marco Roncalli pubblicano – per le edizioni Studium – duecentouno lettere che sono “ lo specchio nitido di una fede forte come la roccia e di un’amicizia discreta”.

Nel volume “Lettere di Fede e amicizia (1925-1963) missive che si alternano nel segno di un servizio dove a prevalere sono le ragioni pastorali e religiose e che affrontano diversi temi. L’analisi dei loro rapporti offre un contributo essenziale per un’interpretazione complessiva dell’evento conciliare e fa emergere il “contributo personale dato da entrambi al Vaticano II, pensato e vissuto – ci spiega Marco Roncalli – con sensibilità e in congiunture storiche differenti, ma con il medesimo intento” di “aggiornare” la Chiesa e di “rilanciare il suo dialogo con il mondo”. Un carteggio che, nello spessore di molti scambi di informazioni, nelle convergenze di pensieri, offre interessanti tasselli per la storia della prima metà del Novecento in alcuni suoi snodi cruciali, aggiungendo nuovi e significativi dettagli sui percorsi biografici dei due corrispondenti e delle tante persone citate.

Una fonte a disposizione degli studiosi che, per la sua cifra di comunione spirituale sempre più evidente, costituisce quasi un unicum nella letteratura epistolare. Non solo per il destino che accomuna i due corrispondenti, ma per la graduale sintonia che si rafforza – e ben si percepisce nel registro stilistico sempre meno protocollare –, orientata verso orizzonti che trascendono la quotidianità, i rispettivi ruoli, le differenti sensibilità. Missive ufficiali o private, dai toni prudenti o confidenziali, costellate di massime e citazioni dalla Sacra Scrittura e dai Padri, e sempre segnate da una fiducia fondata sulla condivisione di esperienze; talora, invece, caratterizzate da tratti allusivi fra un mittente e un destinatario “vicini in Domino” che non hanno bisogno di esplicitare tutto, ben conoscendosi a vicenda.

Una corrispondenza che – affrontando temi disparati, ordinari o importanti, questioni minori o delicatissime […], indicando fatti accaduti o propositi per il futuro – si svela spesso dettata, nonostante lacune facilmente registrabili, dall’intelligenza del cuore, e, progressivamente, dalla stessa sollecitudine per un progetto che non riguarda mai le proprie persone, ma la Chiesa e l’umanità. Al convegno di Bergamo, tra gli interventi, quelli dei cardinali Walter Kasper e Paul Poupard, Goffredo Zanchi, Luciano Pazzaglia, Roberto Morozzo della Rocca, Luca Bressan, Angelo Maffeis e Philippe Chenaux.

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