Come una stessa famiglia. Nessuno deve perdere la dignità

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Voi, che lavorate nella Santa Sede, siete la cosa più importante: nessuno va lasciato fuori, nessuno deve lasciare il lavoro. Nessuno deve soffrire l’effetto brutto economico di questa pandemia. Lo disse Papa Francesco nell’udienza per gli auguri di Natale a quanti lavorano per la Santa Sede e lo Stato della Città del Vaticano, il 21 dicembre 2020. Come una famiglia per superare la pandemia [QUI]. Ogni essere umano deve poter guardare negli occhi i propri figli e assicura loro un futuro.

Oggi riceviamo e pubblichiamo di seguito il testo per una petizione al Santo Padre Francesco, che gira tra i dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, per raccogliere consensi.

* * *

Vaticano, 20 maggio 2021

Santità,

ci permettiamo di rivolgerci alla Sua benigna attenzione per esprimerLe rammarico e profondo scoraggiamento per quanto disposto nel Motu Proprio del 24 marzo u.s., il cui testo Le è stato proposto dai Superiori della Segreteria per l’Economia.

Nonostante l’onorevole finalità di coprire, almeno parzialmente, il deficit di bilancio della Santa Sede attraverso l’introduzione del taglio degli stipendi di Cardinali, ecclesiastici, religiosi, Superiori laici (solo alcune categorie e sulla quota base) nonché la sospensione degli scatti biennali d’anzianità degli impiegati, non possono sfuggire a un lettore attento le incoerenze che comunque permangono nel Vaticano e che rendono questo provvedimento troppo sbilanciato a discapito dei lavoratori onesti.

Innanzitutto, il “futuro sostenibile” è un traguardo difficilmente raggiungibile nell’immediato. Volerlo fare nel breve termine non può che comportare un intervento troppo invasivo sui diritti dei lavoratori, privandoli dei benefici di cui già limitatamente godono, soprattutto a seguito dell’Officio N. 004445 G.N. del Segretario di Stato datato 13 febbraio 2014. Il blocco delle assunzioni (con inevitabile sovraccarico degli impiegati già in servizio), la sospensione di promozioni e passaggi di livello funzionali (nonostante le accresciute responsabilità lavorative), il mancato pagamento delle ore di lavoro straordinario, il recupero gratuito delle ore spese obbligatoriamente in casa nel periodo del lockdown con impossibilità di lavorare in smart-working, e ora il taglio degli scatti biennali di anzianità, non fanno che aggravare le condizioni di lavoro dei dipendenti vaticani. Non possiamo fare a meno, Santità, di citare il concetto di “giusta ricompensa” di cui si parla nel Vangelo di Matteo (Mt 20, 1-16) o o “la debita mercede” cui si fa riferimento in Ger 22,13 o Gc 5,4. Quanto dovremo sacrificarci ancora per pagare un deficit di bilancio che non deriva certo dal nostro malfatto?

Gli scatti di anzianità dovrebbero compensare tutto ciò che il Vaticano, rispetto ad aziende private, non contempla (bonus produttività, promozioni in base agli obiettivi raggiunti, sistema meritocratico di selezione e crescita professionale, ecc.). Crediamo che l’attuale contesto non si presti ad accogliere interventi così radicali, almeno fintantoché non verranno messi in atto cambiamenti lungimiranti e perspicaci, in grado di trasformare la struttura nel profondo. Con grande amarezza dobbiamo constatare che molte delle proposte di riforma avanzate dal Consiglio per l’Economia circa le Risorse Umane non sono state seriamente considerate.

Pensiamo di essere in linea con Vostra Santità nell’appellarci ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa, tra cui il rispetto della dignità del singolo e la promozione di una società giusta, per chiedere la sospensione di alcuni di questi provvedimenti restrittivi del personale, soprattutto la reintegrazione dei bienni con effetto retroattivo. Non si può non tener conto, peraltro, delle difficoltà economiche che le famiglie di oggi sono chiamate a fronteggiare a causa della pandemia. Continuando in questa direzione, Santità, il sistema diventerà sempre più privativo, anti-meritocratico e disincentivante. Secondo le più elementari teorie della psicologia del lavoro, queste strategie non solo non ripagano nel lungo periodo, in termini di motivazione, soddisfazione personale e produzione, ma sono un boomerang a livello di rendimento.

In particolare, le criticità che emergono dal nostro sistema sono:

1. Disparità di trattamento

Non tutti gli Enti sembrano uniformarsi alle disposizioni espresse dalla sopracitata circolare del Cardinale Segretario di Stato del 13 febbraio 2014. Molti dicasteri hanno continuato ad assumere personale, a concedere livelli funzionali e a pagare straordinari. Altri, invece, hanno completamente bloccato la crescita del personale, sotto tutti gli aspetti, mantenendolo perfino allo stato in cui lo si è assunto diversi anni prima. All’interno di uno stesso ente, peraltro, risultano evidenti disparità di trattamento verso gli impiegati che non sono più tollerabili.

2. Privilegi da abolire

Il vero problema è che il Vaticano è basato su un sistema di privilegi che risultano deleteri sia a livello economico che reputazionale. Un capitolo a parte merita l’analisi del trattamento di cui sembrerebbero beneficiare i manager laici, i cui presunti contratti “fuori parametro” non smettono di destare stupore, variando dai 6.000 ai 10.000 fino ai 25.000 euro mensili. Troppo, per un sistema come il nostro, che dovrebbe basarsi sullo spirito di “servizio alla Chiesa”. A nostro parere, occorrerebbe un approfondimento in merito ed eventualmente una riforma. Ciò che è più grave, in riferimento al Motu Proprio, è l’esclusione delle categorie più agiate dalla decurtazione degli stipendi nonostante il riferimento, all’interno della lettera apostolica, a criteri di “proporzionalità e progressività”. Infatti, i livelli C2 e C3 dei manager laici non sono stati inseriti. Inoltre, alcuni di essi sono inquadrati come art. 11, quindi esclusi. Proprio perché beneficiari di contratti decisamente onerosi per lo Stato Vaticano, anch’essi dovrebbero essere interessati dalle nuove disposizioni, in quanto operanti in territorio vaticano in questo momento storico così infelice. Inoltre, i livelli C e C1 sono interessati solo per quel che concerne la quota base dei loro stipendi. Quindi, per esempio, se un manager guadagna 10.000 euro al mese ed è inquadrato al livello C1, la riduzione del suo salario verrà applicata non all’intera somma, ma solo ai circa 3200 euro che rappresentano la paga base. Facendo qualche rapido calcolo in termini percentuali, non si riesce a vedere alcuna proporzionalità.

Per cosa stiamo pagando, Santità? Per le casse dell’Obolo destinato ai poveri, per aumentare gli stipendi ai dirigenti laici o per le costosissime consulenze esterne di cui si servono regolarmente? Peraltro, questi manager possono contare su una serie di vantaggi eccezionali. In primo luogo, essi occupano splendidi appartamenti dell’APSA, posizionati nelle zone più prestigiose di Roma, senza corrispondere alcun affitto all’Amministrazione in questione (si potrebbe fare un calcolo delle mancate entrate da affitti per gli immobili occupati per “privilegio”) e senza farsi carico di alcuna spesa di ristrutturazione, contrariamente a noi impiegati che paghiamo tutto. Oltre alla gratuità dell’affitto vorremmo menzionare macchine per uso privato, sconti sugli acquisti, segretari ad essi dedicati, rimborsi spese di varia natura.

3. Modalità

Non si può fare a meno di mostrare amarezza di fronte alla modalità con cui i Superiori della SPE hanno deciso di raggiungere tale obiettivo così mortificante per i dipendenti, senza interpellarli in alcun modo e permettere loro un contraddittorio. Sacrificarsi per un bene comune va bene, a condizione che lo si faccia in proporzione alle possibilità economiche del singolo e dopo aver risolto le enormi criticità che caratterizzano l’intero sistema e che lo inducono a sprecare molto denaro.

4. Conclusioni

Nel ribadire la necessità di creare un sistema più incoraggiante e meno punitivo per i dipendenti vaticani, che passi attraverso una seria riflessione sulle Risorse Umane e l’implementazione di una riforma strutturale, siamo a chiedere, Santità, la reintroduzione dei bienni in tempi brevi con effetto retroattivo e conseguente sterilizzazione degli effetti sulla pensione nonché un rigido inquadramento salariale dei dirigenti laici entro limiti ben precisi, coerenti con lo spirito di servizio e sacrificio cui ci si appella sempre rivolgendosi a noi impiegati.

Certi della Sua comprensione e permettendoci di avanzare la proposta di incontrare una nostra piccola delegazione, ci valiamo della circostanza per confermarci con sensi di profonda stima.

* * *

Questa petizione è certamente opportuna.

Non ci dobbiamo dimenticare anche che nel 2013 i dipendenti non hanno usufruito del benefit riservato per tradizione al periodo della Sede Vacante quando il lavoro è più oneroso e intenso. Si tratta di un periodo nel quale si gestisce un Conclave e i lavoratori dimostrano sempre grande abnegazione, prestando servizio con turni estenuanti h24 per assicurare a cardinali, vescovi, personale religioso e laico un servizio che senza il quale non sarebbe possibile assicurare le attività di un Conclave, evento unico al mondo. Il lavoro degli operai, delle maestranze e dei dipendenti è un lavoro di fondamentale importanza, che troppo spesso non viene debitamente considerato. So di cosa parlo, visto che ho fatto due Conclavi nei miei 30 anni di servizio alla Santa Sede, quello del 2005 e del 2013. Tagliare le assunzioni, tagliare i servizi o tagliare gli stipendi non è la soluzione al problema. Non serve a nessuno e danneggia l’intera barca di Pietro sulla quale ci troviamo tutti.

Un esempio lampante è l’episodio nel quale il Papa è rimasto chiuso in ascensore perché è stato deciso che nei giorni festivi gli straordinari non possono più essere pagati e quindi i lavoratori stanno a casa. II Pontefice nei giorni festivi si sposta per l’Angelus, quindi gli ascensori del Palazzo apostolico – anche se è domenica – devono funzionare, ma senza ascensorista di turno che supervisiona tecnicamente la salita e la discesa del Pontefice. L’ascensore decide di bloccarsi ma l’ascensorista non è presente. Vengono quindi chiamati i vigili del fuoco che sono erroneamente dirottati sull’ascensore sbagliato. Prima di raggiungere e riattivare quello con il Papa al suo interno impiegano 25 minuti [QUI].

Per i dipendenti nel 2013 i soldi per il benefit della Sede Vacante non ci sono stati, ma alla Promotory per la revisione dei conti allo IOR sono stati accordati 10 milioni euro. Per il loro servizio alla Promontory 10 milioni euro sì, ma ai dipendenti che si sono sobbarcati un Conclave nulla.

Il 2013 è stato anche l’Anno straordinario della misericordia durante il quale abbiamo perso il conto delle Udienze, delle Cerimonie e delle Celebrazioni. Quando in un Anno straordinario della misericordia ogni evento è andato bene è perché è stato assicurato un servizio da personale qualificato che ha dalla sua una non indifferente comprovata esperienza. E anche in questo anno ero ancora in servizio e quindi so di cosa parlo.

Ma si sa che la prima frase che ha detto il Regnante nel 2013 visitando per la prima volta la Segreteria di Stato fu “siete impagabili” [QUI] e i dipendenti non hanno più visto un centesimo di incentivo al loro lavoro. Oltretutto è fatto risaputo che per qualcuno il male più grande dello Stato della Città del Vaticano e della Santa Sede sono proprio i dipendenti. Chi sa far di conto farà bene a fare una distinzione perché ci sono dipendenti e dipendenti, e 10mila o 25mila euro al mese non li prendono tutti i dipendenti.

Il Regnante farà bene se vorrà vederci chiaro, perché il male del Vaticano e della Curia romana non sono i dipendenti, perché che se ne dica aldilà delle battute che in Vaticano ci lavora in realtà la metà dei dipendenti che ci sono, gli stessi assicurano h24 365giorni all’anno servizi essenziali e fondamentali per lo stato e per le “funzionalità” pontificie, cardinalizie, vescovili, dei cittadini, dei residenti, dei pellegrini e dei turisti, che nei decenni hanno potuto godere di uno stato multitasking e multiservice, sempre pronto a rispondere ad ogni aspettativa e ad ogni tipo di evento internazionale. Uno stato limpido e pulito come uno specchio addobbato con le migliori essenze floreali allineato e coperto dalle 50mila sedie messe in riga in Piazza San Pietro o le 8mila sedie allestite per le celebrazioni nella Basilica vaticana che le maestranze sistemano minuziosamente e meticolosamente. Le maestranze gli operai i dipendenti che si arrotolando le maniche della camicia come i boyscout per lavorare ogni giorno e assicurare acqua, luce, gas, viabilità e ogni tipo di servizio utile all’essere umano in uno Stato che è anche zeppo di edifici uso ufficio che devono tutti girare a regime, dove pc, stampanti e linea internet non possono mancare mai. Non possiamo dimenticare chi questo Stato lo lava e lo stira rendendolo presentabile, il giardino vaticano dopo alcuni mesi senza la professionalità dei giardinieri sarebbe una giungla percorribile solo col machete alla mano. Non possiamo dimenticare chi questo Stato lo rifornisce di ogni genere alimentare. Non possiamo dimenticare chi assicura i servizi quotidiani e giornalieri che non possono essere considerati superflui o un male da debellare. La vigna del Signore senza operai che lavorano nei suoi filari marcisce, perché nei filari ci lavorano gli operai e non i dirigenti. Lo Stato della Città del Vaticano e la Curia romana senza operai e maestranze all’opera sono destinati a chiudere. Da che esistono gli ascensori, ogni volta che un Pontefice prende un un’ascensore, in loco è presente un ascensorista qualificato, per ogni eventualità. Il lavoro festivo ha un costo che in ogni caso si paga se un Pontefice vuole prendere l’ascensore. Lo Stato della Città del Vaticano e la Curia romana sono come quell’ascensore che il Papa ha preso nel quale è rimasto chiuso al suo interno solo ed esclusivamente per le sue scelte. Lo Stato della Città del Vaticano e la Curia romana sono come un ascensore pieno di meccanismi che girano alla perfezione solo se esiste il personale qualificato alla gestione di detti meccanismi. Ma solo quando si resta chiusi dentro l’ascensore se ne apprezza il suo funzionamento.

E ripeto per la terza volta – repetita iuvant – so di cosa parlo. Tutte le feste comandate, Pasqua, 15 agosto, Natale, ecc. ecc. ero in servizio, non con la mia famiglia. E – ovviamente – gli straordinari e i trasferti venivano pagati. Il minimo, anche se non conteggiato per la valutazione della pensione (ma non mi lamento).

Quindi, ribadisco ex professo: questa è una petizione opportuna.

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