Finanza vaticana: a cosa serve e perché è così importante?

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Il recente scandalo dell’investimento su un immobile di lusso a Londra ha riportato i riflettori sulle finanze vaticane. E questo proprio nel momento in cui la Santa Sede si preparava a ricevere gli ispettori di MONEYVAL, il comitato del Consiglio d’Europa che valuta l’aderenza agli standard internazionali di trasparenza finanziaria dei Paesi membri. Si tratta, in pratica, di stabilire se le norme contro il riciclaggio di denaro sono adeguate e aderenti alle normative internazionali. Non riguarda il denaro della Santa Sede, ma il controllo di come i fondi vengono gestiti. MONEYVAL, alla fine, non definisce, né vuole sapere, quanto è ricco il Vaticano, né quanto è ricco alcuno degli Stati membri.

Questa ispezione di MONEYVAL c’è stata nel novembre 2020. Il rapporto sulla finanza della Santa Sede è stato discusso e approvato nell’assemblea plenaria dell’organismo, che si è tenuta dal 26 al 30 aprile. Dalla prossima settimana, ogni giorno sarà buono per la pubblicazione del rapporto, che renderà noti quali sono i punti di forza e i punti invece deboli.

Restano, però, delle domande di fondo: perché la Santa Sede gestisce delle finanze? E perché, tra l’altro, nonostante sia uno Stato molto particolare, si sottopone comunque al giudizio di un organismo europeo?

Per rispondere a queste domande, è utile fare un passo indietro e comprendere la storia delle finanze vaticane. Prima ancora, però, serve una spiegazione approfondita di quello che sta succedendo.

La Santa Sede è una entità internazionale, e il suo territorio è lo Stato di Città del Vaticano. La Santa Sede è nel concerto delle nazioni;  partecipa come osservatore o membro a moltissimi organismi internazionali nel mondo, a cominciare dalle Nazioni Unite; e ha uno Stato, la Città del Vaticano, che ha più un peso simbolico che reale. Serve a dare allo Stato un territorio, e al Papa una cittadinanza internazionale, in modo che non sia soggetto a nessun altro Stato, nemmeno indirettamente.

Lo Stato di Città del Vaticano è uno stato particolare, perché è uno Stato funzionale. Nello Stato di Città del Vaticano non c’è un libero mercato, e non ci sono nemmeno banche. L’Istituto delle Opere di Religione è detto “banca vaticana”, ma è una dizione sbagliata. Lo IOR non è una banca, non ha filiali fuori dal Vaticano.

Però ha una sua autonomia, che permette allo IOR di essere il luogo dove missionari di Paesi sperduti e ostili alla Chiesa possono prelevare o inviare soldi, o persino investire qualcosa, secondo il principio dell’investimento prudente e sicuro. Le finanze vaticane non sono un fine, ma un mezzo per portare avanti la missione della Chiesa e per sostenerne la sovranità.

La struttura delle finanze vaticane nasce proprio quando, dopo anni di contesa con lo Stato Italiano, la Santa Sede riacquista un territorio, lo Stato di Città del Vaticano, che viene costruito passo dopo passo sotto la supervisione di Papa Pio XI. Può sembrare strano, ma quando si firma la cosiddetta Conciliazione, nel 1929, lo Stato di Città del Vaticano è qualche villetta e nulla di più.

Pio XI tratta personalmente il denaro con cui la Santa Sede deve essere compensata per l’invasione di anni, e usa un terzo di questo rimborso per la costruzione della Città del Vaticano. Quindi, altri fondi sono destinati al restauro delle nunziature, le ambasciate del Papa, che erano praticamente cadenti; mentre un’altra parte dei fondi viene affidata a Bernardino Nogara, che proveniva dalla Banca Commerciale Italiana e che diede una prima struttura delle finanze della Santa Sede.

Pio XI muore il 9 febbraio 1939. Il 10 febbraio, appena 24 ore dopo, monsignore Angelo Pomata si presentò dinanzi ad uno sportello delle Opere di Religione con un fascio di banconote. Erano i soldi trovati nel cassetto della scrivania del Papa, in lire e in dollari, e fu il Cardinale Eugenio Pacelli, come Camerlengo (colui che ha l’incarico di gestire la sede vacante) a incaricare monsignor Pomata di versare quei soldi. Il cassiere, Massimo Spada, aprì un conto sotto la dizione “Segreteria di Stato – Obolo nuovi conti correnti”.

L’excursus storico aiuta a comprendere in che modo nascono le finanze della Santa Sede, e perché. L’idea è quella di far fruttare il denaro, per poi poterlo destinare alla missione. Una doppia missione: da una parte, è necessario sostenere lo Stato e la Curia, organi di governo che permettono alla Santa Sede di essere presente e attiva a livello internazionale; dall’altra, ci sono i missionari o i sacerdoti in terra di missione, che hanno bisogno di poter contare su qualcuno che, libero da influenze esterne, possa in qualche modo dare loro la mano.

Per questo motivo, non deve scandalizzare se il denaro raccolto dalla Chiesa viene anche usato per pareggiare i bilanci. Serve anche per quello.

Ma come mai la Santa Sede, così particolare, deve adeguarsi agli standard internazionali? Perché, come detto, la Santa Sede fa parte di un sistema internazionale. Per poter battere moneta, e perché la sua moneta sia valida, deve rispettare delle regole. Così, dopo la firma nel 2009 di una Convenzione Monetaria con l’Unione Europea, la Santa Sede ha prima messo in piedi un sistema antiriciclaggio, con una Autorità di Informazione Finanziaria e una legge, e poi ha deciso di entrare nel circuito internazionale, unendosi a MONEYVAL.

Quest’ultimo è un comitato del Consiglio d’Europa. I Paesi che vi aderiscono entrano  in un sistema di mutua valutazione. Non ci sono ispezioni, né punizioni. Come la Santa Sede ha ricevuto degli ispettori, così la Santa Sede deve far parte di alcune delegazioni di ispettori. Non ci sono liste nere, come spesso raccontano i giornali. C’è un sistema finanziario da valutare, e sul quale proporre miglioramenti.

MONEYVAL ha, finora, pubblicato un rapporto generale e tre rapporti sui progressi della Santa Sede. Quello che arriverà sarà dunque il quinto rapporto di MONEYVAL, e riguarderà un tema specifico: l’efficacia del sistema giudiziario vaticano nel combattere il riciclaggio.

Se finora i rapporti sono sempre stati generalmente positivi, la questione del sistema giudiziario sembra la più problematica. Il Vaticano, come Stato, ha un sistema giudiziario con un suo codice, che non è un codice moderno: si decise di adottare il testo del codice italiano del 1899 (lo Zanardelli) e poi non recepire la riforma del codice voluta dal fascismo.

Il punto, però, non è tanto sulla specificità del diritto, quanto sul modo in cui il Tribunale lavora.

Le notizie certe, perché pubbliche, sono queste: nel 2016 è stata creata una sezione speciale nel Tribunale vaticano contro i crimini economici e finanziari;  che, al 2018,  in 6 anni sono state 27 le segnalazioni dell’AIF al Promotore di Giustizia dello Stato della Città del Vaticano con “ipotesi di violazione dell’art. 421 bis c.p” la norma antiriciclaggio;  nove sono stati archiviati e per 6 si è chiesta l’archiviazione; che nel periodo precedente al 2016 non risultano invece azioni benché la creazione del sistema antiriciclaggio vaticano risalga al 2011.

Il sistema giudiziario, allora, sarà chiamato ad adeguarsi, e c’è molta curiosità di vedere come MONEYVAL valuterà non solo queste situazioni, ma in generale tutto il sistema vaticano.

C’è da dire che il Vaticano non rischia niente da una valutazione negativa. È, però, tenuto ad ascoltare i consigli dei valutatori MONEYVAL, che non sanzionano ma certamente possono avere una parola forte in caso si decida se mantenere o meno il Vaticano all’interno del sistema.

Si tratta di una situazione che non favorisce certo la Santa Sede, la quale, per quanto certamente è dotata di una indiscutibile peculiarità, è chiamata a rispondere con criteri obiettivi. Questi sono del resto gli obblighi internazionali assunti, e le statistiche di cinque anni non si sanano in un giorno.

La Santa Sede non è favorita nemmeno dall’immagine che ha dato con la gestione degli ultimi cosiddetti scandali, a partire da quello che riguarda il broker italiano Gianluigi Torzi, persino arrestato in Vaticano dove era andato per testimoniare. Torzi era l’intermediario che era intervenuto nell’investimento della Segreteria di Stato in un palazzo di lusso nel quartiere di Chelsea  a Londra.

L’investimento è al centro di una indagine vaticana che non ha ancora portato a nessun processo, ma che causato la sospensione di sei officiali vaticani: di questi, uno non è stato rinnovato nell’incarico, due sono stati reinviati nelle loro diocesi, altri due sono stati pre-pensionati e un altro è stato trasferito ad altro incarico.

Torzi chiederà un risarcimento. L’altro broker coinvolto nell’affare, Mincione, cittadino italiano prelevato in albergo e posto in stato di fermo in Italia. I giudici hanno anche visto annullato dalla Cassazione il carcere per Cecilia Marogna,  accusata di aver usato per spese personali denaro ricevuto dalla Segreteria di Stato per consulenze. È stata arrestata, ha fatto due settimane in carcere, quindi la Cassazione ha annullato il provvedimento per via di “un vuoto motivazionale che determina la nullità dell’ordinanza cautelare impugnata, difettando l’esposizione delle specifiche esigenze cautelari di richiesta”.

I magistrati italiani hanno anche considerato “nulla la perquisizione della casa di Fabrizio Tirabassi, uno dei sei officiali vaticani sospesi. Insomma, sembra che alla fine la giustizia vaticana, al di là di un certo attivismo, abbia dei problemi di procedure.

Ma, soprattutto, mette a rischio la Santa Sede. Perché se la giustizia vaticana è la giustizia di una monarchia assoluta, in cui anche le indagini possono essere portate avanti senza passare dai magistrati, ma su ordine del magistrato supremo – il Papa – la Santa Sede firma trattati internazionali sui diritti umani, sostiene la necessità dei giusti processi, afferma il diritto di ogni accusato di essere innocente fino a prova contraria.

Ci si trova così di fronte ad uno Stato che mette a rischio la sua stessa entità internazionale. Sembra una raffinatezza giuridica, ma non lo è. Perché è l’entità internazionale che poi ha bisogno di una struttura giudiziaria e finanziaria riconosciuta dalle altre nazioni. È questo che consente alla Santa Sede di mantenere la sua indipendenza e la sua imparzialità, potendo così essere un Paese in grado di difendere i diritti dei cristiani e di tutte le religioni nel mondo.

Sono questi i motivi per cui la valutazione di MONEYVAL che sta per essere pubblicata ha una importanza che va bene al di là la trasparenza finanziaria della Santa Sede. Dirà, piuttosto, se la Santa Sede è stata uno Stato credibile, dopo un percorso di continui miglioramenti. Vero che tutti gli Stati devono sempre migliorare qualcosa, anche perché i metodi per aggirare la trasparenza finanziaria sono sempre nuovi e rinnovati. Ma è anche vero che la Santa Sede è chiamata a portare avanti un progetto con una missione e visione ben precisa.

In fondo – si leggeva nel primo rapporto di MONEYVAL del 2012 – quello intrapreso dalla Santa Sede era un percorso “coerente con la sua natura  e la sua personalità internazionale”, così come “della sua missione religiosa e morale”.

Articolo pubblicato dall’autore sul suo blog Vatican Reporting, oggi 17 maggio [QUI], versione in lingua italiana della sua analisi per l’agenzia stampa della Conferenza Episcopale Polacca KAI, pubblicata lo scorso 14 maggio [QUI].

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