Terni: il Vangelo del lavoro luce nella crisi dell’acciaio

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Nei giorni scorsi Terni ha ricordato i 40 anni dalla visita che papa san Giovanni Paolo II fece all’acciaieria di Terni il 19 marzo 1981 con una celebrazione eucaristica, presieduta dal vescovo della diocesi, mons. Giuseppe Piemontese, nello stesso piazzale interno alla fabbrica, dove il papa incontrò migliaia di lavoratori.

Nell’incontro con il mondo del lavoro papa Giovanni Paolo II toccò temi fondamentali per la vita dell’uomo: la dignità del lavoro, la giustizia sociale e la moralità come condizioni essenziali per la pace in tutte le nazioni, la famiglia, la libertà dell’uomo e la creatività dell’opera umana; temi attualissimi dai quali attingere motivi di speranza e incoraggiamento per un futuro di benessere spirituale e materiale per tutti.

Anche papa Francesco, nel messaggio indirizzato alla città e alle Acciaierie, in questa circostanza, ribadisce alcune consegne fatte 40 anni fa da Giovanni Paolo II, aggiornandole con il tema della custodia della casa comune: “E’ necessario adoperarsi con sollecitudine affinché le istanze etiche e i diritti della persona mantengano il primato su ogni esigenza di profitto. Lavorare è la prima vocazione dell’uomo, una vocazione che dà dignità all’uomo. Tutti sono chiamati a non sottrarre alle persone questa dignità del lavoro!”

Nell’omelia mons. Piemontese avrebbe voluto invitare papa Francesco, ma le norme anti covid non lo hanno permesso: “La Messa, con il rispetto di tutte le norme anti covid-19, è l’unica manifestazione di popolo consentita in questo momento. E noi, Istituzioni civili e religiose, governance e tutto il mondo delle Acciaierie, non abbiamo voluto rinunciare a ritrovarci per celebrare qui all’aperto, nello stesso luogo, teatro principale dell’evento di 40 anni fa”.

Ed ha ricordato quella giornata del papa santo in città: “Quel papa, che strinse migliaia di mani, che trascorse un’intera giornata, gran parte in questo luogo, che volle condividere le dinamiche del lavoro delle Acciaierie, con gli ‘Uomini del lavoro’, (come li chiamerà nell’enciclica ‘Laborem exercens’), ma anche le pene, le speranze e le gioie di questo popolo, oggi è santo della Chiesa.

I segni da lui posti, i dialoghi e i discorsi pronunciati alle autorità, al Consiglio di fabbrica, a tutti i lavoratori, alla città… sono diventati patrimonio della nostra identità e monito e incoraggiamento anche per i nostri giorni”.

La pandemia però non è terminata: “Le varie quarantene causate dalla pandemia: quella del lockdown, quelle delle zone rosse, quelle fiduciarie, quelle obbligatorie, hanno consentito una seria riflessione sul senso dell’esistenza, su come superare la terribile epidemia e i mali, che continuano a mietere migliaia di vittime e disagi.

Il mondo, immagine e primizia del giardino dell’Eden e casa comune dell’umanità, spazio vitale dell’operosità, dell’ingegno e degli affetti personali, famigliari, amichevoli, sociali e universali, purtroppo si appresta a diventare caverna insicura, instabile, umida, in balia di continue perturbazioni, di belve selvagge, voraci e velenose, quasi cimitero sconfinato che genera sconforto e disperazione a tutti noi che ci sentiamo superstiti smarriti”.

Però questa celebrazione offre speranza: “L’odierna memoria celebrativa assume un carattere particolare di speranza per la coincidenza della Festa dell’Ascensione: Gesù Risorto, Colui che ha vinto le tenebre della morte e soprattutto ha vinto l’odio con l’amore, col dono della propria vita, ha segnato l’inizio di una nuova creazione e di una rinnovata missione. Ha soffiato sugli apostoli l’alito di vita, donando loro lo Spirito Santo e riaffidando all’uomo il compito di rinnovare la terra”.

Il lavoro è una vocazione: “Il lavoro è una vocazione, perché nasce da una chiamata che Dio rivolse fin dal principio all’uomo, perché ‘coltivasse e custodisse’ la casa comune…

Pertanto, esorto quanti sono coinvolti, a vario titolo, nel mondo del lavoro e dell’impresa, ad adoperarsi non solo perché il lavoro sia opportunamente tutelato, ma anche perché si attuino valide politiche sociali in favore della persona e della sua professionalità”.

Affermando che parti del discorso di papa Giovanni Paolo II confluirono nell’enciclica ‘Laborem exercens, mons. Piemontese ha ricordato Giunio Tinarelli: “Infine voglio ricordare un umile cittadino ternano, il venerabile Giunio Tinarelli (1922-1956), già operaio in questa fabbrica, ma soprattutto cristiano che ha vissuto con coraggio, pazienza e intraprendenza la sua missione di uomo, di lavoratore, poi di malato affetto da poliartrite anchilosante, di apostolo che ha dato speranza a migliaia di persone alle prese con i problemi della disoccupazione, della salute, della fede. Oggi egli è venerabile e noi auspichiamo che presto venga proclamato santo”.

Infine un invito a superare gli egoismi: “In questo delicato momento della storia della nostra nazione, alle prese con una crisi senza precedenti e proiettata verso la ripresa confidando sui fondi europei, avverto il bisogno di rivolgere un appello a Istituzioni, mondo politico, Imprese, sindacati, società civile e alla comunità ecclesiale per unire ogni sforzo di ingegno e di responsabilità.

Un invito a superare egoismi e visioni di parte, per pensare e promuovere progetti per le future generazioni, la Next Generation della nostra Umbria e del territorio di Terni-Narni-Amelia. Non restiamo a guardare, né lasciamoci prendere dall’accidia o dagli istinti avidi di insensato accaparramento, che distrugge i singoli e la comunità intera”.

(Foto: diocesi di Terni)

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