Papa Francesco chiede la pace per la Terra Santa

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“Seguo con grandissima preoccupazione quello che sta avvenendo in Terra Santa. In questi giorni, violenti scontri armati tra la Striscia di Gaza e Israele hanno preso il sopravvento, e rischiano di degenerare in una spirale di morte e distruzione. Numerose persone sono rimaste ferite, e tanti innocenti sono morti. Tra di loro ci sono anche i bambini, e questo è terribile e inaccettabile. La loro morte è segno che non si vuole costruire il futuro, ma lo si vuole distruggere”.

Così ha detto papa Francesco ha detto al termine del ‘Regina Coeli’ di domenica scorsa, facendo un appello alla ‘calma’: “Inoltre, il crescendo di odio e di violenza che sta coinvolgendo varie città in Israele è una ferita grave alla fraternità e alla convivenza pacifica tra i cittadini, che sarà difficile da rimarginare se non ci si apre subito al dialogo. Mi chiedo: l’odio e la vendetta dove porteranno? Davvero pensiamo di costruire la pace distruggendo l’altro?..

Preghiamo incessantemente affinché israeliani e palestinesi possano trovare la strada del dialogo e del perdono, per essere pazienti costruttori di pace e di giustizia, aprendosi, passo dopo passo, ad una speranza comune, ad una convivenza tra fratelli. Preghiamo per le vittime, in particolare per i bambini; preghiamo per la pace la Regina della pace”.

Intanto continua l’escalation di tensione tra Israele e palestinesi con scontri che hanno di nuovo incendiato la Striscia di Gaza, tanto che Amnesty International ha chiesto alle forze israeliane e ai gruppi armati palestinesi di non ripetere le violazioni del diritto internazionale commesse in passato, già causa di uccisioni e ferimenti di civili e della distruzione di abitazioni e infrastrutture civili.

Dal 10 maggio i gruppi armati palestinesi hanno lanciato oltre 1500 razzi verso aree abitate nel centro di Israele e nelle città nei pressi del confine con Gaza, uccidendo e ferendo civili. Israele ha portato a termine attacchi aerei che hanno danneggiato o distrutto almeno due palazzi che ospitavano decine di famiglie palestinesi, oltre che un edificio che ospitava uffici: questi attacchi mirati costituiscono una forma di punizione collettiva nei confronti della popolazione palestinese, come ha dichiarato Saleh Higazi, vicedirettore di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord:

“Temiamo un ulteriore bagno di sangue nei prossimi giorni. Ricordiamo a entrambe le parti che hanno l’obbligo di proteggere i civili e che c’è un’indagine in corso presso il Tribunale penale internazionale: non pensino di poter continuare a commettere crimini di guerra riuscendo a restare impuniti come in passato… Il ricordo va al 2008, al 2012 e al 2014 e alle massicce morti e distruzioni nella Striscia di Gaza, che dal 2007 è sottoposta a un blocco illegale che costituisce punizione collettiva”.

Amnesty International chiede alla comunità internazionale e in particolare agli stati membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di denunciare le violazioni del diritto umanitario in corso e di pretendere da entrambe le parti la protezione dei civili. Gli Stati Uniti d’America devono uscire dall’attuale stallo e consentire al Consiglio di sicurezza di fare una dichiarazione in questo senso: “Chiediamo al Consiglio di sicurezza di condannare quanto sta accadendo e imporre un embargo totale sulle forniture di armi dirette a Israele, Hamas e altri gruppi armati palestinesi”.

Sami El-Yousef, amministratore delegato del Patriarcato latino di Gerusalemme, ha esplicitato una riflessione su Gerusalemme: “La città della pace, che occupa un posto speciale nei cuori e nelle preghiere di miliardi di persone delle tre religioni monoteiste, è oggi una città ferita e molto divisa.

Quella che era iniziata come una battaglia legale per lo sfratto di alcune famiglie nel quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est ha aperto ferite vecchie di decenni, per il duplice criterio di giudizio usato in Israele che da diritto agli ebrei di rivendicare le proprietà che possedevano prima del 1948 a Gerusalemme est, mentre nega lo stesso diritto ai palestinesi che hanno perso proprietà a Gerusalemme ovest”.

Ma anche nelle altre città la situazione non è migliore: “Nonostante questi disastrosi avvenimenti a Gerusalemme e a Gaza, forse le situazioni peggiori sono quelle in cui ci sono state violente proteste in molte città israeliane tra cui Haifa, Lod, Ramleh, Jaffa, Acri e molte altre, nelle quali sin dalla nascita di Israele c’era una civile seppur cauta convivenza.

In passato ci sono state tensioni, ma gli eventi di Gerusalemme e Gaza sembrano aver avuto un impatto conflittuale molto forte su queste comunità che hanno visto episodi di razzismo tra arabi ed ebrei ad un livello mai raggiunto prima, e nei quali il linciaggio sta diventando un evento quotidiano. Il fragile tessuto della convivenza, che ha resistito per così tanto tempo, si sta frantumando e le manifestazioni di odio e gli slogan razzisti stanno diventando la norma.

Vicini che attaccano vicini e proprietà prese di mira. Purtroppo, ancora una volta, la polizia sta mostrando di usare due pesi e due misure: ha la mano pesante verso gli arabi e chiude un occhio verso gli estremisti ebrei”.

Ed infine ha chiesto preghiere per la pace in Terra Santa: “Se i miliardi già sprecati in guerre e distruzione fossero stati investiti nello sviluppo, nell’istruzione, nella sanità, nella creazione di posti di lavoro e nelle infrastrutture, Gaza e la Terra Santa sarebbero ora in una situazione molto migliore.

Preghiamo che il buonsenso ritorni e queste ostilità finiscano immediatamente. Altrimenti, purtroppo, ci aspettano tempi bui! Pregate per noi perché solo un miracolo può salvare la Terra Santa dal disastro che incombe su di lei!”

Inoltre un gruppo di giovani ebree ed ebrei italiani ha condannato questa guerra ed i ‘giochi di potere’ di Netanyahu, Hamas, Abu Mazen ‘che non tengono conto delle vite umane’:

“La situazione attuale rappresenta l’apice di un sistema di disuguaglianze e ingiustizie che va avanti da troppi anni: l’occupazione israeliana dei Territori Palestinesi e l’embargo contro Gaza incarnano l’intollerabile violenza strutturale che il popolo palestinese subisce quotidianamente. Condanniamo le politiche razziste e di discriminazione nei confronti dei palestinesi”.

I cinquanta giovani hanno invitato alla solidarietà: “All’interno delle nostre società riteniamo necessaria ogni forma di solidarietà e mobilitazione, ma ci troviamo spesso in difficoltà. Pur coscienti che antisionismo non sia sinonimo di antisemitismo, osserviamo come un antisemitismo non elaborato, che si riversa più o meno consciamente in alcune delle giuste e legittime critiche alle politiche di Israele, rende alcuni spazi di solidarietà difficili da attraversare. Si tratta di una impasse dalla quale vogliamo uscire, per combattere efficacemente ogni tipo di oppressione”.

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