Papa Francesco ai fedeli del Myanmar: custodite la fede

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Nella festa dell’Ascensione papa Francesco dalla basilica di san Pietro ha celebrato la messa per la comunità dei fedeli del Myanmar residenti a Roma, riflettendo sul bisogno di custodire la fede:

“Dobbiamo custodire la fede per non soccombere al dolore e non precipitare nella rassegnazione di chi non vede più una via d’uscita. Prima delle parole, infatti, il Vangelo ci fa contemplare un atteggiamento di Gesù: l’Evangelista dice che pregava ‘alzati gli occhi al cielo’.

Sono le ore finali della sua vita, sente il peso dell’angoscia per la passione che si avvicina, avverte l’oscurità della notte che sta per abbattersi su di Lui, si sente tradito e abbandonato; ma proprio in quel momento, anche in quel momento, Gesù alza gli occhi al cielo”.

Ed ha fatto notare il movimento di Gesù di alzare lo sguardo verso Dio: “Non abbassa la testa davanti al male, non si lascia schiacciare dal dolore, non si ripiega nell’amarezza di chi è sconfitto e deluso, ma guarda in alto.

Lo aveva raccomandato anche ai suoi: quando Gerusalemme sarà invasa dagli eserciti e i popoli saranno in ansia e fuggiranno e ci saranno paura e devastazione, proprio allora ‘alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina’.

Custodire la fede è tenere lo sguardo alto verso il cielo mentre sulla terra si combatte e si sparge il sangue innocente. E’ non cedere alla logica dell’odio e della vendetta, ma restare con lo sguardo rivolto a quel Dio dell’amore che ci chiama ad essere fratelli tra di noi”.

La custodia della fede passa attraverso la preghiera: “La preghiera ci apre alla fiducia in Dio anche nei momenti difficili, ci aiuta a sperare contro tutte le evidenze, ci sostiene nella battaglia quotidiana. Non è una fuga, un modo per scappare dai problemi.

Al contrario, è l’unica arma che abbiamo per custodire l’amore e la speranza in mezzo a tante armi che seminano morte. Non è facile alzare lo sguardo quando siamo nel dolore, ma la fede ci aiuta a vincere la tentazione di ripiegarci su noi stessi! Forse vorremmo protestare, gridare la nostra sofferenza anche a Dio: non dobbiamo avere paura, anche questa è preghiera”.

La seconda parola del papa è incentrata sulla custodia dell’unità: “Gesù prega il Padre perché custodisca i suoi nell’unità… Egli conosceva il cuore dei suoi discepoli; a volte li aveva visti discutere su chi dovesse essere il più grande, chi dovesse comandare. Questa è una malattia mortale: la divisione.

La sperimentiamo nel nostro cuore, perché spesso siamo divisi anche in noi stessi; la sperimentiamo nelle famiglie, nelle comunità, tra i popoli, perfino nella Chiesa… Quando gli interessi di parte, la sete di profitto e di potere prendono il sopravvento, scoppiano sempre scontri e divisioni.

L’ultima raccomandazione che Gesù fa prima della sua Pasqua è l’unità. Perché la divisione viene dal diavolo che è il divisore, il grande bugiardo che sempre divide”.

E la custodia dipende da ognuno: “So che alcune situazioni politiche e sociali sono più grandi di voi, ma l’impegno per la pace e la fraternità nasce sempre dal basso: ciascuno, nel piccolo, può fare la sua parte. Ciascuno può impegnarsi a essere, nel piccolo, un costruttore di fraternità, a essere seminatore di fraternità, a lavorare per ricostruire ciò che si è spezzato invece che alimentare la violenza.

Siamo chiamati a farlo, anche come Chiesa: promuoviamo il dialogo, il rispetto per l’altro, la custodia del fratello, la comunione! E non lasciamo entrare nella Chiesa la logica dei partiti, la logica che divide, la logica che mette al centro ognuno di noi, scartando gli altri. Questo distrugge: distrugge la famiglia, distrugge la Chiesa, distrugge la società, distrugge noi stessi”.

La terza parola riguarda la custodia della verità, che è Gesù: “Gesù chiede al Padre di consacrare nella verità i suoi discepoli, che sono mandati per il mondo a proseguire la sua missione. Custodire la verità non significa difendere delle idee, diventare guardiani di un sistema di dottrine e di dogmi, ma restare legati a Cristo ed essere consacrati al suo Vangelo. La verità, nel linguaggio dell’apostolo Giovanni, è Cristo stesso, rivelazione dell’amore del Padre. Gesù prega perché, vivendo nel mondo, i discepoli non seguano i criteri di questo mondo”.

La verità si concilia male con il compromesso: “A volte, noi cristiani cerchiamo il compromesso, ma il Vangelo ci chiede di essere nella verità e per la verità, donando la vita per gli altri.

E dove c’è guerra, violenza, odio, essere fedeli al Vangelo e artigiani di pace significa impegnarsi, anche attraverso le scelte sociali e politiche, rischiando la vita. Solo così le cose possono cambiare.

Il Signore non ha bisogno di gente tiepida: ci vuole consacrati nella verità e nella bellezza del Vangelo, perché possiamo testimoniare la gioia del Regno di Dio anche nella notte buia del dolore e quando il male sembra più forte”.

(Foto: Santa Sede)

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