Papa Francesco invita a vedere

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Nel Messaggio per la 55^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, che si celebra oggi, sul tema ‘Vieni e vedi. Comunicare incontrando le persone dove e come sono’, papa Francesco mette in guardia dal rischio di un’informazione sempre uguale, esortando ad andare ‘laddove nessuno va’ e non raccontare la pandemia solo con gli occhi del mondo più ricco, perché la chiamata a ‘venire e vedere’ è anche ‘il metodo di ogni autentica comunicazione umana’.

Ad inizio del messaggio il papa ha richiamato una frase del beato Lozano Garrido (‘Apri con stupore gli occhi a ciò che vedrai, e lascia le tue mani riempirsi della freschezza della linfa, in modo che gli altri, quando ti leggeranno, toccheranno con mano il miracolo palpitante della vita’) per raccogliere le suggestioni della realtà:

“Desidero quindi dedicare il Messaggio, quest’anno, alla chiamata a ‘venire e vedere’, come suggerimento per ogni espressione comunicativa che voglia essere limpida e onesta: nella redazione di un giornale come nel mondo del web, nella predicazione ordinaria della Chiesa come nella comunicazione politica o sociale. ‘Vieni e vedi’ è il modo con cui la fede cristiana si è comunicata, a partire da quei primi incontri sulle rive del fiume Giordano e del lago di Galilea”.

Nel messaggio c’è l’invito a non fare giornali ‘fotocopia’: “Voci attente lamentano da tempo il rischio di un appiattimento in ‘giornali fotocopia’ o in notiziari tv e radio e siti web sostanzialmente uguali, dove il genere dell’inchiesta e del reportage perdono spazio e qualità a vantaggio di una informazione preconfezionata, ‘di palazzo’, autoreferenziale, che sempre meno riesce a intercettare la verità delle cose e la vita concreta delle persone, e non sa più cogliere né i fenomeni sociali più gravi né le energie positive che si sprigionano dalla base della società”.

Per questo occorre consumare le suole delle ‘scarpe’: “La crisi dell’editoria rischia di portare a un’informazione costruita nelle redazioni, davanti al computer, ai terminali delle agenzie, sulle reti sociali, senza mai uscire per strada, senza più ‘consumare le suole delle scarpe’, senza incontrare persone per cercare storie o verificare de visu certe situazioni”.

Per questa realizzazione occorre aprirsi all’incontro: “Se non ci apriamo all’incontro, rimaniamo spettatori esterni, nonostante le innovazioni tecnologiche che hanno la capacità di metterci davanti a una realtà aumentata nella quale ci sembra di essere immersi. Ogni strumento è utile e prezioso solo se ci spinge ad andare e vedere cose che altrimenti non sapremmo, se mette in rete conoscenze che altrimenti non circolerebbero, se permette incontri che altrimenti non avverrebbero”.

Poi il papa sprona a raccontare i dettagli: “Ai primi discepoli che vogliono conoscerlo, dopo il battesimo nel fiume Giordano, Gesù risponde: ‘Venite e vedrete’, invitandoli ad abitare la relazione con Lui. Oltre mezzo secolo dopo, quando Giovanni, molto anziano, redige il suo Vangelo, ricorda alcuni dettagli ‘di cronaca’ che rivelano la sua presenza nel luogo e l’impatto che quell’esperienza ha avuto nella sua vita…

La fede cristiana inizia così. E si comunica così: come una conoscenza diretta, nata dall’esperienza, non per sentito dire… Il ‘vieni e vedi’ è il metodo più semplice per conoscere una realtà. E’ la verifica più onesta di ogni annuncio, perché per conoscere bisogna incontrare, permettere che colui che ho di fronte mi parli, lasciare che la sua testimonianza mi raggiunga”.

Il papa, quindi, ringrazia i giornalisti: “Anche il giornalismo, come racconto della realtà, richiede la capacità di andare laddove nessuno va: un muoversi e un desiderio di vedere. Una curiosità, un’apertura, una passione.

Dobbiamo dire grazie al coraggio e all’impegno di tanti professionisti (giornalisti, cineoperatori, montatori, registi che spesso lavorano correndo grandi rischi) se oggi conosciamo, ad esempio, la condizione difficile delle minoranze perseguitate in varie parti del mondo; se molti soprusi e ingiustizie contro i poveri e contro il creato sono stati denunciati; se tante guerre dimenticate sono state raccontate.

Sarebbe una perdita non solo per l’informazione, ma per tutta la società e per la democrazia se queste voci venissero meno: un impoverimento per la nostra umanità”.

Ed ha invitato a raccontare gli avvenimenti al tempo del coronavirus: “Numerose realtà del pianeta, ancor più in questo tempo di pandemia, rivolgono al mondo della comunicazione l’invito a ‘venire e vedere’. C’è il rischio di raccontare la pandemia, e così ogni crisi, solo con gli occhi del mondo più ricco, di tenere una ‘doppia contabilità’…

Così le differenze sociali ed economiche a livello planetario rischiano di segnare l’ordine della distribuzione dei vaccini anti-Covid. Con i poveri sempre ultimi e il diritto alla salute per tutti, affermato in linea di principio, svuotato della sua reale valenza.

Ma anche nel mondo dei più fortunati il dramma sociale delle famiglie scivolate rapidamente nella povertà resta in gran parte nascosto: feriscono e non fanno troppa notizia le persone che, vincendo la vergogna, fanno la fila davanti ai centri Caritas per ricevere un pacco di viveri”.

Per il papa niente sostituisce il vedere di persona: “La buona novella del Vangelo si è diffusa nel mondo grazie a incontri da persona a persona, da cuore a cuore. Uomini e donne che hanno accettato lo stesso invito: ‘Vieni e vedi’, e sono rimaste colpite da un ‘di più’ di umanità che traspariva nello sguardo, nella parola e nei gesti di persone che testimoniavano Gesù Cristo”.

Anche se occorre usare tutti gli strumenti l’occasione della comunicazione è l’annuncio: “Tutti gli strumenti sono importanti, e quel grande comunicatore che si chiamava Paolo di Tarso si sarebbe certamente servito della posta elettronica e dei messaggi social; ma furono la sua fede, la sua speranza e la sua carità a impressionare i contemporanei che lo sentirono predicare ed ebbero la fortuna di passare del tempo con lui, di vederlo durante un’assemblea o in un colloquio individuale.

Verificavano, vedendolo in azione nei luoghi dove si trovava, quanto vero e fruttuoso per la vita fosse l’annuncio di salvezza di cui era per grazia di Dio portatore. E anche laddove questo collaboratore di Dio non poteva essere incontrato in persona, il suo modo di vivere in Cristo era testimoniato dai discepoli che inviava”.

Il messaggio è concluso dalla preghiera: “Signore, insegnaci a uscire dai noi stessi, e a incamminarci alla ricerca della verità. Insegnaci ad andare e vedere, insegnaci ad ascoltare, a non coltivare pregiudizi, a non trarre conclusioni affrettate.

Insegnaci ad andare là dove nessuno vuole andare, a prenderci il tempo per capire, a porre attenzione all’essenziale, a non farci distrarre dal superfluo, a distinguere l’apparenza ingannevole dalla verità. Donaci la grazia di riconoscere le tue dimore nel mondo e l’onestà di raccontare ciò che abbiamo visto”.

(Manifesto: Sofia Novelli)

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