40 anni fa l’attentato a papa Giovanni Paolo II

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Oggi ricorrono 40 anni dall’attentato a papa Giovanni Paolo II da parte di Alì Agca durante la catechesi pubblica del mercoledì. Mentre il papa stava facendo il giro di piazza san Pietro, tra i fedeli a distanza ravvicinata il ‘lupo grigio’ sparò alcuni colpi al ventre, al gomito destro e all’indice, come ha ricordato mons. Stanislaw Dziwisz nel discorso ufficiale pronunciato il 13 maggio 2001 in occasione del conferimento della ‘Laurea honoris causa’ in teologia all’Università di Lublino:

“Un proiettile trapassò il corpo e cadde tra il Papa e me. Udii due colpi. Le pallottole ferirono altre due persone. Io fui risparmiato, benché la loro forza fosse tale da poter trapassare otto persone. Domandai al Santo Padre: ‘dove?’. Rispose: ‘Al ventre’. ‘Fa male?’. Rispose: ‘fa male’.

E in quell’istante cominciò ad accasciarsi. Stando in piedi dietro a lui potevo sostenerlo. Stava perdendo le forze. Fu un momento drammatico. Oggi posso dire che in quell’istante entrò all’opera una potenza invisibile che consentì di salvare la vita del Santo Padre in pericolo mortale. Non c’era tempo per pensare, non c’era un medico a portata di mano.

Una sola decisione errata poteva avere effetti catastrofici. Non abbiamo neppure tentato di dare il primo aiuto, né pensammo di portare il ferito nell’appartamento. Ogni minuto era prezioso. Immediatamente dunque lo trasferimmo nell’ambulanza. Si trovò anche il medico personale, dott. Renato Buzzonetti, e a grandissima velocità ci recammo al Policlinico Gemelli.

Durante il tragitto il Santo Padre era ancora cosciente, perse conoscenza entrando nel Policlinico. Finché gli fu possibile pregò sottovoce. Al Policlinico trovammo costernazione. Non c’era di che meravigliarsi. Il ferito fu prima trasportato in una camera al decimo piano riservata ai casi speciali e da lì direttamente fu poi portato in sala operatoria”.

In quell’udienza generale, mai effettuata, san Giovanni Paolo II avrebbe affrontato il tema della Dottrina Sociale della Chiesa a 90 anni dell’enciclica sociale ‘Rerum Novarum’: “La voce di Leone XIII si levò coraggiosa in difesa degli oppressi, dei poveri, degli umili, degli sfruttati, e non fu che l’eco della voce di Colui che aveva proclamato beati i poveri e gli affamati di giustizia.

Il Papa, seguendo l’impulso e l’invito ‘della coscienza del suo Apostolico Ministero’, parlò: non solo ne aveva il diritto, ma anche e soprattutto il dovere. Ciò che infatti giustifica l’intervento della Chiesa e del suo Supremo Pastore nelle questioni sociali, è sempre la missione ricevuta da Cristo di salvare l’uomo nella sua integrale dignità”.

Per il papa santo la Chiesa è la ‘tutrice’ della dignità: “La Chiesa è per vocazione chiamata ad essere ovunque la tutrice fedele della dignità umana, la madre degli oppressi e degli emarginati, la Chiesa dei deboli e dei poveri. Essa vuole vivere tutta la verità contenuta nelle Beatitudini evangeliche, soprattutto la prima, ‘Beati i poveri di spirito’; la vuole insegnare e praticare così come fece il suo Divin Fondatore che venne a fare e ad insegnare”.

E, citando il Concilio Vaticano II, la Chiesa ha il compito di aiutare gli uomini e le donne al bene: “Emerge così il primo grande insegnamento della celebrazione di questo novantesimo anniversario: quello di riaffermare il diritto e la competenza della Chiesa di ‘esercitare senza ostacoli la sua missione tra gli uomini e dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l’ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e della salvezza delle anime’:

quello di rendere sempre più coscienti le Chiese locali, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i laici del loro diritto-dovere di prodigarsi per il bene di ogni uomo, e di essere in ogni momento i difensori e gli artefici dell’autentica giustizia nel mondo”.

Infatti per il papa l’enciclica leonina è ancora attuale: “Il tempo non l’ha esaurita, ma collaudata; tanto che i cristiani la sentono così feconda da derivarne coraggio e azione per i nuovi sviluppi dell’ordine sociale cui il mondo del lavoro è interessato. Continuiamo dunque a viverne lo spirito con slancio e generosità, approfondendo con amore operoso le vie tracciate dall’attuale Magistero sociale e interpretando con genialità creativa le esperienze dei nuovi tempi”.     

(Foto: Archivio Rai)

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