“Convertitevi”: 28 anni fa il grido di Giovanni Paolo II contro la mafia. Rosario Livatino beato. Santa Sede istituisce gruppo di studio sulla “scomunica alle mafie”

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Anche il 9 maggio 1993 era una domenica, quando San Giovanni Paolo II al termine della Santa Messa nella Valle dei templi ad Agrigento, aggrappato al Crocifisso, lanciava “a braccio” uno degli anatemi più duri mai pronunciati da un pontefice di condanna alla Mafia, espressione della “cultura della morte”. Oggi, 28 anni dopo, ad Agrigento è stato beatificato il giudice Rosario Livatino, trucidato dai mafiosi. La causa di beatificazione fu avviata da Papa Wojtyła nel 1993 della quale Papa Benedetto XVI ha curato l’istruttoria, aprendola nel 2011, a seguito dei miracoli accertati.

Prologo di quelle parole a braccio fu la commozione di Giovanni Paolo II negli incontri con i famigliari del giudice Antonino Saetta, ucciso con il figlio Stefano nel 1988, e con il papà e la mamma del giudice Rosario Livatino. Oggi il giudice “bambino” Livatino è stato proclamato beato. Spesso la santità si paga al caro prezzo della propria vita, la santità ė la costanza di credere sempre, che con la nostra vita possiamo cambiare il mondo. Questa è l’incrollabile Fede, che la nostra esistenza può condurre a cambiamenti importanti per l’umanità. La vita di Rosario Livatino sia da esempio e dia coraggio a tutti noi, affinché possiamo impegnarci sempre per combattere la criminalità e le ingiustizie a favore della legalità. Per donare un mondo migliore alle nuove generazioni, che guardano a noi come esempi di vita e da noi si aspettano sempre tanto.

Video. Papa Giovanni Paolo II: “Lo dico ai responsabili, convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio”, Agrigento – 9 maggio 1993.

Il grido di un pastore e di un profeta

«Questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: “Non uccidere”: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!  Qui ci vuole civiltà della vita! Nel nome di questo Cristo, crocifisso e risorto, di questo Cristo che è vita, via verità e vita, lo dico ai responsabili, lo dico ai responsabili: convertitevi! Una volta verrà il giudizio di Dio!» (Visita Pastorale in Sicilia. Concelebrazione Eucaristica nella Valle dei Templi. Omelia di Giovanni Paolo II. Agrigento, domenica 9 maggio 1993 [QUI]).

Il portone di San Giorgio al Velabro divelto dall’esplosione dell’autobomba nel luglio 1993 (Foto di Mimmo Frassineti/AGF).

L’allora Arcivescovo metropolita di Agrigento, Mons. Carmelo Ferraro raccontò il 2 maggio 2018 a Benedetta Capelli per Vatican News [QUI]: “Giovanni Paolo II arrivò in un Agrigento sconvolta dalla guerra di mafia agli inizi degli anni ’90 si contano oltre 150 morti, in un paese almeno 40 vittime per mano della criminalità”. “L’incontro con il Papa fu stupendo e quel grido alla conversione dei mafiosi arrivò come un fulmine in tutto il mondo”. “Fu un grido venuto dal cuore che ebbe subito una vasta eco, ce ne accorgemmo all’eliporto quando tutti ne parlavano”. “La mafia travisò le parole di Wojtyla e si vendicò con gli attentati alla Chiesa di San Giorgio al Velabro e presso la Basilica di San Giovanni in Laterano ma anche con l’assassinio di don Pino Puglisi”.

La task force della Santa Sede che dovrà studiare la “scomunica alle mafie”

Per onorare la memoria di Rosario Livatino, primo magistrato beato nella storia della Chiesa Cattolica Romana, che ha esercitato coraggiosamente la professione come missione laicale, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale comunica la nascita del Gruppo di lavoro sulla “scomunica alle mafie”, con l’obiettivo di approfondire il tema, collaborare con i Vescovi del mondo, promuovere e sostenere iniziative.

Coordinatore del gruppo è Vittorio V. Alberti, officiale del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Del gruppo di lavoro sulla “scomunica alle mafie” faranno parte Mons. Michele Pennisi, Arcivescovo di Monreale; il giudice Giuseppe Pignatone il Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano; Don Luigi Ciotti, Presidente dell’Associazione Libera; Rosy Bindi, già Presidente della Commissione parlamentare antimafia; Don Raffaele Grimaldi, Ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane; Don Marcello Cozzi, docente alla Lateranense; e Monsignor Ioan Alexandru Pop, officiale del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

Il Coordinatore Vittorio V. Alberti spiega a Vatican News: “Vogliamo sia chiaro che non è possibile appartenere alle mafie e far parte della Chiesa”.

Rosario Livatino. Mons. Bertolone (postulatore): “Incarnava nella quotidianità il nesso tra fede creduta e pratica della giustizia”
L’arcivescovo di Catanzaro ha seguito la causa del magistrato ucciso dalla mafia “in odium fidei”. Ripercorriamo le tappe del processo che ha portato al rito che sarà celebrato il 9 maggio nella cattedrale di Agrigento
di Filippo Passantino
SIR, 9 maggio 2021


“Rosario Angelo Livatino, un giudice martire di fede: il suo sangue genera oggi nuovo seme di cristianesimo”. Lo dice al Sir mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, postulatore della causa di beatificazione del magistrato siciliano, in occasione del rito di beatificazione che sarà celebrato il 9 maggio nella cattedrale di Agrigento. Una data non casuale ma quella dell’anniversario della visita di san Giovanni Paolo II nella città dei templi, quando lanciò il suo celebre anatema contro la mafia, il suo grido “Convertitevi, arriverà il giudizio di Dio” che risuonò fra i templi nel 1993. E, in quell’occasione, il pontefice incontrò i genitori del magistrato che definì “martire della giustizia”.

Livatino fu assassinato sulla strada che conduce da Canicattì ad Agrigento il 21 settembre 1990, all’età di 37 anni, dai mafiosi della ‘Stidda’. Di Livatino, nato a Canicatti’ il 3 ottobre 1952, la Santa Sede ha riconosciuto il martirio “in odium fidei” (in odio alla fede), come riporta un decreto della Congregazione per le Cause dei santi, di cui Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione nel corso di un’udienza col cardinale prefetto Marcello Semeraro, il 21 dicembre 2020.

La dichiarazione del postulatore. Quasi trentuno anni dopo la sua morte, gli onori degli altari. “Livatino – sottolinea mons. Bertolone – incarnava nella quotidianità l’intimo nesso tra fede creduta e pratica della giustizia. Gli stiddari, con il beneplacito di Cosa Nostra, ne decretarono la morte in odio all’autentica e cristallina fede che egli testimoniava, convergendo ad unum contro quel giusto, conosciuto come magistrato incorruttibile a motivo proprio della sua fede e per questo apostrofato come ‘bigotto’ e ‘santocchio’”. Nella sua riflessione, mons. Bertolone evidenzia: “Il suo martirio è stato ed è il segno di un’insanabile inconciliabilità tra Vangelo e strutture mafiose”. “Il silenzio, che gli fu imposto con la violenza, è diventato canto di lode al Signore profluvio di speranza per la Chiesa, esempio luminoso per la magistratura. Pensavano di essersene sbarazzati per sempre. Sbagliavano: Livatino vive”.

Le tappe dell’iter per la beatificazione. Nel 1993, su impulso della diocesi di Agrigento, iniziò la raccolta di testimonianze per la causa di beatificazione, con il processo diocesano poi aperto ufficialmente il 21 settembre 2011, con decreto a firma dell’arcivescovo, il card. Francesco Montenegro, e dichiarato concluso il 6 settembre 2018, con la trasmissione degli atti alla Congregazione delle Cause dei Santi. Da qui l’avvio dell’iter, con la nomina a postulatore di mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace e presidente della Conferenza episcopale calabrese, che sempre da postulatore aveva già seguito l’iter che aveva portato alla beatificazione di Padre Pino Puglisi, primo martire di mafia ucciso “in odium fidei”. L’annuncio del riconoscimento del martirio in odio alla fede è stato dato dalla Sala stampa vaticana, il 22 dicembre 2020. Ricevendo in udienza, il giorno precedente, il card. Marcello Semeraro, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, Papa Francesco ha autorizzato il Dicastero a promulgare i decreti relativi al nuovo prossimo beato.

Le parole del Papa su Livatino. “Un esempio, anzitutto per coloro che svolgono l’impegnativo e complicato lavoro di giudice”. Così Papa Francesco parlava di Rosario Livatino nel suo discorso ai membri del Centro studi che porta il suo nome, durante un’udienza, il 29 novembre 2019. “Quando Rosario fu ucciso non lo conosceva quasi nessuno. Lavorava in un Tribunale di periferia: si occupava dei sequestri e delle confische dei beni di provenienza illecita acquisiti dai mafiosi. Lo faceva in modo inattaccabile, rispettando le garanzie degli accusati, con grande professionalità e con risultati concreti: per questo la mafia decise di eliminarlo. Livatino è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza tra la sua fede e il suo impegno di lavoro, e per l’attualità delle sue riflessioni”.

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