Il giudice Livatino è beato perché si è messo sotto la tutela di Dio

Condividi su...

“Oggi, ad Agrigento, è stato beatificato Rosario Angelo Livatino, martire della giustizia e della fede. Nel suo servizio alla collettività come giudice integerrimo, che non si è lasciato mai corrompere, si è sforzato di giudicare non per condannare ma per redimere. Il suo lavoro lo poneva sempre ‘sotto la tutela di Dio’; per questo è diventato testimone del Vangelo fino alla morte eroica. Il suo esempio sia per tutti, specialmente per i magistrati, stimolo ad essere leali difensori della legalità e della libertà. Un applauso al nuovo Beato!”

Così papa Francesco al termine del Regina Caeli ha ricordato la beatificazione del giudice Livatino, beatificato ieri ad Agrigento, durante la celebrazione eucaristica, concelebrata dal card. Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento, mons. Alessandro Damiano, arcivescovo coadiutore, mons. Salvatore Gristina, presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, e mons. Vincenzo Bertolone, Postulatore, arcivescovo di Catanzaro- Squillace, presieduta dal card. Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che nell’omelia ha letto a disposizione di Papa Francesco:

“Accogliendo il desiderio del card. Francesco Montenegro, e di molti altri fratelli nell’episcopato e di molti fedeli, concediamo che il venerabile Rosario Livatino, laico e martire che nel servizi della giustizia fu testimone credibile del Vangelo, d’ora in poi possa chiamarsi beato”.

Nell’omelia il card. Semeraro ha sottolineato che è l’amore di Dio per l’uomo la causa di santità: “La consapevolezza cristiana di un amore che ci raggiunge da prima della creazione del mondo, mediante il suo Figlio entra nella storia. Questa consapevolezza vince la cattiveria e la morte. Io ho amato voi, rimanete nel mio amore. Ecco l’origine di tutte le nostre opere buone, questo è il segreto della Santità, rimanere nell’amore di Cristo”.

Riprendendo il suo motto il prefetto della Congregazione dei Santi, ha ribadito la necessità del giudice Livatino di mettersi nelle braccia di Dio: “Rosario Livatino si è collocato come un bambino svezzato in braccio a sua madre. Mi piace pensare cosi al senso di quelle lettere, ‘Sub Tutela Dei’. Il beato scriveva queste parole scriveva in pagine particolari e qualche volta l’ha scritto sovrastato dal segno della croce.

I giusti si pongono sotto la croce. Cioè sotto la tutela della protezione di Dio. Ed è questo che è accaduto a Livatino, è morto perdonando come Gesù i suoi uccisori. Nelle sue parole risentiamo il lamento di Dio. Il pianto del giusto che la liturgia del Venerdì santo pone sulle labbra di Gesù Crocifisso. Ma questo lamento non è un rimprovero, è un invito sofferto a riflettere sulle proprie azione e a convertirsi”.

Il card. Semeraro ha evidenziato un’altra sua frase sulla credibilità, in quanto giudice: “C’è una parola di Rosario su cui vorrei riflettere e possa aiutarci a comprendere non soltanto la sua vita ama anche la sua santità e il suo martirio una parola sul ruolo del giudice in una società che cambia. L’indipendenza del giudice è nella sua credibilità che riesce a conquistare nel travaglio delle sue decisioni e in ogni momento delle sue attività. La parola è credibilità”.

Quindi credibilità e giustizia non possono essere separate: “E’ Gesù l’uomo credibile ed è credibile non soltanto perchè predicava ma perchè agiva coerentemente. Quella del Signore era una vita trasparente limpida, una vita affidabile. E’ proprio la credibilità la condizione posta da Gesù per essere suoi amici. La giustizia sostenuta dalla credibilità, perchè per la giustizia ci si spende. La credibilità è lo specchio della giustizia. Perchè la credibilità e la giustizia o stanno insieme o cadono insieme”.

Ed ha invitato i fedeli ad ascoltare i testimoni: “L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri. Il nostro beato lo fu nel martirio, la sua morte non è solo un sacrificio ed è anche più dell’uccisione di un magistrato cattolico. Livatino è il testimone della giustizia del Regno di Dio. Seppure dunque Livatino è un eroe dello Stato e della legalità è anche martire di Cristo. La chiesa noi qui ad Agrigento lo onora come martire”.

Nei saluti finali l’arcivescovo di Agrigento, card. Francesco Montenegro, ha ricordato che Livatino è stato un martire della fede: “E’ il primo giudice proclamato martire a motivo della fede professata e testimoniata fino all’effusione del sangue. La Sicilia ancora soffre per la mentalità mafiosa, faccia tesoro della lezione di Livatino”.

Ed ha ringraziato il papa per la beatificazione: “E’ il primo giudice proclamato martire a motivo della fede professata e testimoniata fino all’effusione del sangue. Quanto abbiamo vissuto ci responsabilizza a testimoniare con coraggio il Vangelo con una vita di fede semplice e credibile come quella del giudice Livatino”.

Infine il pensiero del card. Montenegro è andato ai “tanti magistrati, uomini delle forze dell’ordine, politici e a quanti altri sono stati vittime della violenza dei malavitosi ma anche a coloro ai quali era rivolto il grido di san Giovanni Paolo II. Quell’accorato appello, che il pontefice polacco elevò proprio in questo stesso giorno, il 9 maggio del 1993, proprio sotto il cielo di Agrigento, nella Valle dei Templi, e proprio dopo aver incontrato i genitori del giudice Livatino”.

La festa ricorre il 29 ottobre.

(Diocesi di Agrigento)

Free Webcam Girls
151.11.48.50