Il Papa: il sacerdote deve portare l’unzione alla periferia dell’uomo

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É dai paramenti liturgici dell’antico Israele, dall’unzione del sacerdote che Papa Francesco trae lo spunto per parlare ai sacerdoti nel giorno della Messa Crismale celebrata nella Basilica Vaticana. Le vesti come la casula dei sacerdoti che ci ricorda come il sacerdote porta sulle spalle il popolo davanti a Dio “può farci bene sentire sopra le spalle e nel cuore il peso e il volto del nostro popolo fedele, dei nostri santi e dei nostri martiri.” E aggiunge: “Dalla bellezza di quanto è liturgico, che non è semplice ornamento e gusto per i drappi, bensì presenza della gloria del nostro Dio che risplende nel suo popolo vivo e confortato, passiamo a guardare all’azione.” C’è poi la immagine dell’ olio, quello prezioso che unge Aronne che “si sparge e raggiunge “le periferie”. Il Signore lo dirà chiaramente: la sua unzione è per i poveri, per i prigionieri, per i malati e per quelli che sono tristi e soli. L’unzione non è per profumare noi stessi e tanto meno perché la conserviamo in un’ampolla, perché l’olio diventerebbe rancido … e il cuore amaro.”

E il Papa continua: “Il buon sacerdote si riconosce da come viene unto il suo popolo.” Così se esce dalla Messa con il volto felice, e va verso le situazione di “periferia”, dice “dove il popolo fedele è più esposto all’invasione di quanti vogliono saccheggiare la sua fede.” Con l’eco della sua esperienza personale Papa Francesco ricorda: “La gente ci ringrazia perché sente che abbiamo pregato con le realtà della sua vita di ogni giorno, le sue pene e le sue gioie, le sue angustie e le sue speranze. E quando sente che il profumo dell’Unto, di Cristo, giunge attraverso di noi, è incoraggiata ad affidarci tutto quello che desidera arrivi al Signore: “preghi per me, padre, perché ho questo problema”, “mi benedica”, “preghi per me”, sono il segno che l’unzione è arrivata all’orlo del mantello, perché viene trasformata in supplica.” La Grazia di Dio passa attraverso il sacerdote spiega il Papa. Il sacerdote come mediatore tra Dio e gli uomini. Il sacerdote deve “ravvivare sempre la grazia e intuire in ogni richiesta, a volte inopportuna, a volte puramente materiale o addirittura banale – ma lo è solo apparentemente – il desiderio della nostra gente di essere unta con l’olio profumato, perché sa che noi lo abbiamo.” Ricorda il miracolo dell’ emorroissa dove Gesù “in mezzo alla gente che lo circondava da tutti i lati, incarna tutta la bellezza di Aronne rivestito sacerdotalmente e con l’olio che scende sulle sue vesti. È una bellezza nascosta che risplende solo per quegli occhi pieni di fede della donna che soffriva perdite di sangue.”

Torna spesso nella omelia la parola “periferia” dell’uomo dove il sacerdote deve portate il potere della sua unzione. Là dove c’è “ sofferenza, c’è sangue versato, c’è cecità che desidera vedere, ci sono prigionieri di tanti cattivi padroni. Non è precisamente nelle autoesperienze o nelle introspezioni reiterate che incontriamo il Signore: i corsi di autoaiuto nella vita possono essere utili, però vivere passando da un corso all’altro, di metodo in metodo, porta a diventare pelagiani, a minimizzare il potere della grazia, che si attiva e cresce nella misura in cui, con fede, usciamo a dare noi stessi e a dare il Vangelo agli altri, a dare la poca unzione che abbiamo a coloro che non hanno niente di niente.” Un sacerdote con la sua unzione deve “ungere” il popolo e diventare mediatore Fuggendo il rischio di diventare “a poco a poco un intermediario, un gestore. Tutti conosciamo la differenza: l’intermediario e il gestore “hanno già la loro paga” e siccome non mettono in gioco la propria pelle e il proprio cuore, non ricevono un ringraziamento affettuoso, che nasce dal cuore. Da qui deriva precisamente l’insoddisfazione di alcuni, che finiscono per essere tristi e trasformati in una sorta di collezionisti di antichità oppure di novità, invece di essere pastori con “l’odore delle pecore”, pastori in mezzo al proprio gregge, e pescatori di uomini. È vero che la cosiddetta crisi di identità sacerdotale ci minaccia tutti e si somma ad una crisi di civiltà; però, se sappiamo infrangere la sua onda, noi potremo prendere il largo nel nome del Signore e gettare le reti. È bene che la realtà stessa ci porti ad andare là dove ciò che siamo per grazia appare chiaramente come pura grazia, in questo mare del mondo attuale dove vale solo l’unzione – e non la funzione -, e risultano feconde le reti gettate unicamente nel nome di Colui del quale noi ci siamo fidati: Gesù.”

Papa Francesco, porta sempre la sua esperienza concreta di vescovo in un paese segnato dalla povertà, ma ancora fiduciosa nella figura del sacerdote e conclude chiedendo a Dio Padre che rinnovi lo Spirito di Santità “ in modo tale che l’unzione giunga a tutti, anche alle “periferie”, là dove il nostro popolo fedele più lo attende ed apprezza. La nostra gente ci senta discepoli del Signore, senta che siamo rivestiti dei loro nomi, che non cerchiamo altra identità; e possa ricevere attraverso le nostre parole e opere quest’olio di gioia che ci è venuto a portare Gesù, l’Unto. Così sia.” Durante la celebrazione il Papa ha poi rinnovato le promesse sacerdotali e benedetto gli Olii santi che si usano per amministrare i sacramenti. Quella di stamattina è la unica celebrazione pubblica del Giovedì Santo, nel pomeriggio infatti il Papa celebra in forma privata la Messa in Coena Domini nell’Istituto penale minorile di Casal del Marmo. Non ci sarà la diretta tv ma solo quella radiofonica tramite la Radio Vaticana. Le immagini saranno poi distribuite dal CTV a siti e tv.

 

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