La corruzione come mancanza di verità: il metodo ignaziano negli scritti spirituali di Papa Bergoglio

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Cos’è un cuore corrotto? Come può l’animo umano guarire da quel male oscuro che rende accettabile il peccato? Sono alcune delle domande che con forza emergono da alcuni scritti del cardinale Bergoglio ora pubblicati in due libricini dalla Editrice missionaria italiana. Guarire dalla corruzione e Umiltà la strada verso Dio offrono a chi voglia conoscere il pensiero e la spiritualità di Papa Francesco una grande opportunità. I titoli non devono trarre però in inganno. Quando l’ arcivescovo di Buenos Aires parla di “corruzione” non pensa al fatto socio politico, che semmai è una conseguenza. Pensa piuttosto a quella attitudine dell’animo umano che nega la verità, che permette alla “frivolezza” di prendere il sopravvento sulla severità spirituale. Insomma c’è tutta la forza degli esercizi spirituali di Sant’ Ignazio nei testi del cardinale Bergoglio. A commentare i due scritti di Papa Francesco da cardinale, in una affollata conferenza nella sede della Civiltà Cattolica a Roma, sono stati il direttore della prestigiosa rivista Padre Antonio Spadaro, la storica Lucetta Scaraffia e don Luigi Ciotti presidente di Libera.

Padre Spadaro ha riletto proprio le pagine di Sant’ Ignazio che riguardano la corruzione dell’anima presentando i punti di continuità con i testi di Bergoglio. Lucetta Scaraffia ha ricordato che della “strana mistura” di Francesco ed Ignazio i media hanno evidenziato soprattuto la parte più francescana che si coglie nei gesti, ma è grazie ai testi che si vede la profonda matrice ignaziana del Papa. E si può dire che mentre la irruente umanità intrisa di francescanesimo rende il Papa facilmente amato da tutti, lo studio dei testi, severi e profondi basati sull’esame di coscienza, e l’accusa di se che cerca la verità, che chiama i peccati con il loro nome, sarà forse più difficile da accettare. L’idea di Chiesa di Bergoglio, oggi Papa Francesco, è una idea inclusiva ed apostolica. Non una Chiesa che si arrocca in auto difesa e autoreferenzialità. E del resto la corruzione per Bergoglio è la “stanchezza della trascendenza”.

E in questo c’è la perfetta continuità con quello che Papa Benedetto XVI ha sempre con lucida chiarezza denunciato: quando l’uomo si dimentica di Dio il peccato diventa un modo normale di vivere. E’ questo il male della corruzione, di quell’allontanamento da Dio che Ratzinger vedeva nella cultura e Bergoglio denuncia nell’animo di ogni uomo. Così anche umiltà e povertà, che non sono solo fatti di segni e di simboli, ma di una libertà interiore che può anche far si che, come fece Matteo Ricci alla corte cinese, ci si possa vestire d’oro se serve a comunicare meglio. Essere umili secondo il Vangelo è essere liberi, ma per esserlo fino in fondo si deve avere ben chiara la verità. Sono concetti che la società contemporanea non “digerirà” facilmente. Più facile invece soffermarsi sulle scelte esteriori senza comprenderne il significato più profondo e religioso.

Ecco l’umiltà come “accusa di sè stessi” alla scuola di un padre della Chiesa come Doroteo di Gaza. Quello che noi oggi chiameremmo appunto esame di coscienza. Insomma questi scritti di Jorge Mario Bergoglio non sono solo libri di denuncia e non sono solo libri di devozione, sono spiritualità e dialettica giocata su tre livelli come è tipico del metodo ignaziano, una vera scienza dello spirito alimentata da quella sete di verità cui ci ha abituati Benedetto XVI.

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