AC ambrosiana e Città dell’uomo propongono idee per sconfiggere la pandemia

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“La pandemia da Coronavirus Covid-19, che molti pensavano di potersi lasciare alle spalle dopo pochi mesi, continua a mietere vittime e a colpire inesorabilmente, soprattutto le persone più fragili. Nel nostro Paese la campagna vaccinale procede lentamente, con deprecabili intoppi di vario genere. Ciò non permette, ad oggi, di fare previsioni precise sulle possibili ripartenze a pieno regime di molte attività”.

Così l’Azione cattolica ambrosiana e l’associazione ‘Città dell’uomo’, fondata da Giuseppe Lazzati, iniziano un documento, intitolato ‘Per un Paese solidale. Dalla crisi pandemica a una proposta: il contributo di solidarietà’, per promuovere un “contributo di solidarietà di durata biennale, che dovrebbe ricomprendere quell’ampia parte di contribuenti con disponibilità di redditi e/o di rendite di un certo rilievo, ai quali aggiungere, ovviamente, i detentori di grandi patrimoni”.

Il documento sottolinea che la crisi sanitaria si sta trasformando in crisi sociale: “Le manifestazioni di piazza, fortunatamente ancora contenute, sono segnali preoccupanti di gravi difficoltà da parte di categorie di lavoratori e lavoratrici che fanno fatica ad andare avanti. Al netto di deplorevoli ritardi, gli interventi straordinari di sostegno economico erogati dallo Stato rivestono un significato apprezzabile, ma soltanto lenitivo di condizioni variamente precarie”.

Le associazioni mettono in evidenza le sensazioni causate dalla pandemia: “Bisogna inoltre fare i conti con sensazioni, sentimenti e disagi diffusi, che la pandemia ha ingigantito, intaccando la fiducia personale e quella collettiva, ‘beni’ immateriali indispensabili per ogni ripresa. La paura del futuro e il timore di non farcela, come naufraghi alla deriva, stanno fiaccando molti. Anche questo fronte di malesseri ‘nascosti’, eppure tanto insidiosi, va, dunque, presidiato e monitorato con cura”.

Per le associazioni la pandemia offre alcune lezioni da apprendere per ripianare le diseguaglianze: “Il virus ha messo a nudo quanto abbiamo costruito negli ultimi decenni: l’impalcatura, cioè, di una società caratterizzata da profonde diseguaglianze, da un individualismo spinto e dalla cieca fiducia in un mercato libero di autoregolamentarsi, dove economia e finanza tendono a produrre ricchezza fine a sé stessa, da spartirsi fra poche persone e poche imprese. Questa impalcatura ha finito con il produrre un sistema in cui privato e pubblico, profitto e ‘bene comune’ risultano divisi”.

Un’altra lezione messa in evidenza dalla pandemia è quella della crisi del welfare: “L’emergenza pandemica ha inoltre evidenziato la crisi dei sistemi di welfare, indeboliti negli anni da crescenti tagli di spesa.

Quanto al caso specifico del nostro comparto sanitario, soggetto negli ultimi decenni a una logica di privatizzazione e di competizione tra territori, abbiamo toccato con mano due limiti evidenti.

Primo: la costruzione e il consolidamento di poli ospedalieri (privati e pubblici) di eccellenza, a scapito dello sviluppo di una sanità territoriale e di prossimità, in alcune zone del Paese drammaticamente lacunosa (emblematico il caso-Lombardia).

Secondo limite: un’organizzazione regionale della sanità impermeabile alle esigenze di coordinamento nazionale, anche perché ostaggio di una costante propaganda politica, che nella stessa vicenda pandemica non desiste dal perseguire interessi di parte”.

Tutto ciò dimostra il bisogno della solidarietà: “Di fronte ai problemi scoperchiati dalla crisi si è compreso che nessuno può farcela da solo. La questione della solidarietà, intesa su larga scala, ha guadagnato spazio nel dibattito pubblico.

E’ riemerso, in particolare, il ruolo decisivo degli Stati nazionali e degli organismi internazionali (Unione Europea, in primis) per affrontare l’emergenza sanitaria e sostenere quanti (persone, famiglie, imprese, enti) si sono trovati improvvisamente in difficoltà.

Con la consapevolezza, tuttavia, che, accanto ai pur doverosi contributi di sostegno, occorrano interventi economici di ampio respiro per favorire una solida ripresa specialmente nei settori strategici ai fini dello sviluppo”.

Un’opportunità sono i fondi offerti dal ‘Next Generation’ dell’Europa: “Riusciremo ad impiegarli con lungimiranti progetti nei settori (economia green, digitale, infrastrutture, pubblica amministrazione…) decisivi per lo sviluppo e secondo modalità di efficiente trasparenza, resistendo ai presumibili tentativi di ‘assalti alla diligenza’?”.

Però occorre pensare ad un altro modello di sviluppo: “Se nei settori economico-finanziari si procede con logiche di massimizzazione del profitto fine a sé stesso, fuori da qualsiasi attenzione a forme di ‘economie solidali’ e di crescita ‘sostenibile’, si rimane in un vicolo cieco, di automatica riproduzione delle suddette diseguaglianze”.

Per attuare tale politica occorre un ‘cambio’ di mentalità, come afferma l’art. 53 della Costituzione Italiana: “Per favorire un’inversione di tendenza, nel segno di una visione di società più equa come dovrebbe essere una democrazia degna di questo nome, la leva fiscale assume un ruolo fondamentale…

Sta di fatto che ci troviamo dinanzi a materia incandescente, nella quale si incrociano e scontrano interessi divergenti. Di conseguenza, i partiti procedono con i piedi di piombo, primariamente preoccupati di non compiere mosse a possibile detrimento del proprio consenso.

Così il sistema fiscale langue. E i problemi sul tappeto (dalla stesura di un registro patrimoniale alla razionalizzazione delle varie detrazioni concesse, dalla rimodulazione delle aliquote a strumenti più efficaci per far emergere l’ingente e vergognosa evasione fiscale) restano fermi”.

Ed ecco la proposta di un ‘contributo di solidarietà di durata biennale’: “Esso dovrebbe ricomprendere quell’ampia parte di contribuenti con disponibilità di redditi e/o di rendite di un certo rilievo, ai quali aggiungere, ovviamente, i detentori di grandi patrimoni.

Con il duplice intento di ricavare un gettito adeguato e, nello stesso tempo, fornire un segno concreto di mobilitazione generale per soccorrere chi, a diverso titolo, non ce la fa. Una misura, evidentemente, da studiare bene, ma (riteniamo) da varare presto”.

Il documento, elencando quattro avvertenze, mostra alcune piste percorribili: “La nostra proposta si ispira a un paio di precedenti: il contributo di solidarietà (su tre anni, come da sentenza della Corte costituzionale) richiesto ai titolari di pensioni di elevato importo, a norma della legge di bilancio del 2019; la recente delibera con la quale papa Francesco ha chiesto un sacrificio a tutto il personale della Santa Sede, dai cardinali in giù, proprio per farsi carico degli effetti della crisi pandemica.

Ci rendiamo conto che si tratta di proposta impegnativa e da soppesare attentamente. Ma siamo convinti che essa corrisponda all’esigenza di fare fronte a un vero dramma sociale, dando prova, come Paese, di saper essere una comunità solidale. Se non ora quando?”

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