A Napoli si ripete il prodigio della liquefazione del sangue di san Gennaro

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Sabato scorso a Napoli si è ripetuto il prodigio della Liquefazione del sangue di san Gennaro, che, anche quest’anno, a causa della crisi sanitaria determinata dalla pandemia da Covid-19, si è svolto senza processione che, secondo la tradizione, avveniva nel pomeriggio del sabato che precede la prima domenica di maggio. In tale occasione, si verificava l’evento prodigioso della liquefazione del sangue del martire Gennaro.

Durante l’omelia il neo arcivescovo, mons. Mimmo Battaglia, ha sottolineato il suo ‘impatto’ con questa festa: “In questa giornata, la nostra Chiesa ricorda la traslazione del corpo del vescovo e martire Gennaro e tradizionalmente lo fa con una processione il cui itinerario si snoda per le vie della città.

Tuttavia, anche quest’anno non è possibile a causa dell’emergenza pandemica ed è per questo che ci ritroviamo in cattedrale, con un numero contingentato di fedeli, ma con una certezza chiara: se la liturgia odierna non può snodarsi per le strade di Napoli… sono le strade di Napoli, con i suoi abitanti e le mille storie dei vicoli e dei quartieri, che fanno il loro ingresso in questa chiesa cattedrale attraverso la nostra preghiera e il nostro ricordo”.

Riprendendo il brano evangelico della vite ed i tralci ha sottolineato la linfa vitale dell’Eucarestia: “L’Eucarestia è la linfa vitale, è la presenza del Signore che si dona a noi affinché anche noi impariamo a donarci gli uni agli altri.

Essere uniti a Lui non significa custodire come un tesoro geloso il Suo amore e la Sua vita ma, piuttosto, lasciarli fluire, regalandoci frutti, per poi donarli e condividerli con coloro che ci sono accanto, con coloro che incontriamo ogni giorno tra i sentieri del nostro quotidiano, senza girarci dall’altra parte”.

Quindi ha chiesto cosa vuol dire rimanere uniti nell’amore di Cristo: “Sorelle e fratelli, come Gennaro siamo chiamati ad essere uniti al Signore, a rimanere nelle Sue parole, ad ascoltare, nutrire e trasmettere il Suo amore. Come Lui, siamo chiamati ad annunciare, a denunciare e a rinunciare.

Annunciamo il Vangelo senza timore, con una testimonianza profetica, capace di incidere nel tutto della nostra vita. La città, la nostra città ha bisogno di ricevere la buona notizia del Vangelo, ha bisogno della sua linfa vitale per tornare a sperare, ha bisogno che tutti i discepoli di Cristo irrorino con la linfa vitale della fiducia e dell’amore i tanti deserti che si celano dietro i suoi vicoli, nelle sue periferie, nei condomini e nelle case”.

Ha invitato i cittadini ad imitare san Gennaro nelle azioni quotidiane: “Denunciamo ciò che inquina il tessuto sociale, ciò che rende la comunità disumana, tutto ciò che allontana il popolo dal sogno di Dio che è pace, giustizia, comunione. Il nostro martire con il suo farsi vicino ai compagni sofferenti ha denunciato la piccolezza dei poteri terreni, ha mostrato che un credente non arretra di un millimetro dinanzi al bene ma che per esso è capace di donare anche la vita”.

L’imitazione di san Gennaro vuol dire impegno nella città: “Fratelli e sorelle, vi prego quest’oggi di non cedere alla tentazione di sostare sulla soglia della superficie, incuriositi dal prodigio, afferrati dalla brama di voler leggere in esso buoni auspici o presagi nefasti per il nostro futuro:

il sangue, sia che si sciolga, sia che resti nella sua immodificata sacralità, ci rimanda al sangue di Cristo, nel cui mistero pasquale ancora ci troviamo e che è l’unico che dà il senso alla grande e intensa icona del sangue che si scioglie,  per ricordarci che esso è sempre vivo nella sofferenza e nella speranza di tutti voi, di tutti noi, ci sono anch’io, napoletani, e di tutti gli uomini e donne che sappiamo essere salvati da Gesù, di cui evocheremo e riattualizzeremo l’immenso patto d’amore anche oggi”.

Ed ha raccontato la sua trepidazione nel tenere in mano l’ampolla contenente il sangue del martire napoletano, nel ricordo di tanti cittadini uccisi: “Il sangue parla ed è vivo, come viva resta la sete di giustizia e il bisogno di una “normalità” di vicinanza, di prossimità, bisogno reso ancora più impellente dalla pandemia attuale.

Questo sangue vivo ci racconta di Maurizio, morto per difendere la propria figlia dalla logica camorristica del sopruso; di Giovanni, che ha speso ogni giorno della sua esistenza per assicurare un futuro al proprio figlio disabile e che è morto senza la certezza di una comunità capace di custodirlo. Oggi, queste ampolle ci conducono ad Ornella e a Fortuna che a causa della violenza maschile hanno versato il proprio sangue colpite dalle mani di coloro che avevano amato.

Oggi, questo sangue ci introduce nelle periferie dell’esistenza, ai piedi di Concetta e dei tanti anziani invisibili dimenticati da tutti, lasciati soli dalla comunità che avrebbe dovuto ripagare con la cura il debito tra generazioni. Oggi, questo sangue ci narra di Salvatore e Tina e di tutti i ragazzi di Napoli, a cui un sistema economico, uno stile di vita egoistico e il cancro della camorra stanno rubando il futuro.

Oggi, questo sangue ci racconta delle ferite delle tante famiglie della Whirlpool e dei tanti disoccupati che non chiedono altro che un lavoro capace di garantire la dignità a sé stessi e alle proprie famiglie: in questo primo maggio a loro il mio pensiero e la mia vicinanza!”

Storie, nomi che sono raccolte nelle ampolle del santo, segno di una Chiesa che non si rassegna alla sofferenza, perché si è nati per amare: “Fratelli e sorelle, in queste ampolle confluiscono come affluenti perenni i rivoli di sangue che sgorgano dalle ferite aperte di questa città, dalle vulnerabilità del suo popolo, dai dolori dei suoi figli. Non c’è piaga sociale e ferita comunitaria che non abbia diritto di cittadinanza in questo reliquiario così prezioso, apice meraviglioso dell’intero tesoro di san Gennaro”.

Il tesoro di san Gennaro è la gente, come ha detto Totò nel film ‘Operazione San Gennaro’: “E’ da questo tesoro che san Gennaro ci chiede di ripartire insieme. E’ questo tesoro che il Signore ci chiede di incrementare, facendolo fruttificare nella vita di ogni giorno, con entusiasmo generoso e coraggio indomito. E’ questa la vera ‘operazione san Gennaro’ da cui non dobbiamo mai desistere, a cui ci invita il Vangelo stesso”.

L’omelia è stata chiusa da una preghiera: “Ed ecco Vescovo e Martire Gennaro, che da uomo e a nome degli uomini e delle donne della Chiesa di Napoli, mi rivolgo a te! Insegnaci a scoprire e a comprendere tra i riflessi luminosi delle tue ampolle le gocce di sangue dei poveri, dei piccoli, degli ultimi.

Aiuta la Chiesa partenopea, con la testimonianza della tua fede, ad annunciare la bellezza del Vangelo con parole fresche e sguardi appassionati. Sostieni, con l’esempio del tuo coraggio, coloro che si incamminano per i sentieri della giustizia e della pace, liberali dal timore dei poteri di morte e ricorda loro che la fragilità dell’amore è l’unica arma capace di cambiare il mondo.

Aiuta tutti noi a rinunciare alla vita comoda e superficiale, fatta di indifferenza e di egoismo e ricordaci che il palco della storia di questa città non lo si calca con l’atteggiamento dello spettatore, bensì con l’entusiasmo del protagonista.

E non smettere di sussurrare ai nostri cuori che il tuo tesoro più prezioso siamo noi, la tua gente di Napoli, la tua città baciata dal mare e accarezzata dal sole, chiamata ad essere per il mondo intero una parabola di accoglienza e di comunione, un popolo che nonostante le tante tenebre non ha mai smesso e mai smetterà di scorgere, vivere ed annunciare la Luce. Il tuo sangue ha spaccato e spaccherà il tempo con l’amore per il bene”.

(Foto: Diocesi di Napoli)

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