In Vaticano da domani cardinali e vescovi saranno giudicati per reati penali comuni come tutti gli altri… previa autorizzazione del Sommo Pontefice

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Il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 262 di oggi pubblica la Lettera apostolica in forma di Motu proprio del Sommo Pontefice Francesco recante modifiche in tema di competenza degli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano. Con questa modifica dell’ordinamento giudiziario dello Stato della Città del Vaticano promulgato il 16 marzo 2020, d’ora in avanti cardinali e vescovi accusati di reati penali dai magistrati vaticani, se rinviati a giudizio, saranno processati dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano come tutti gli altri e non da una Corte di Cassazione presieduta da un cardinale, come avveniva fino ad oggi. Non cambia invece la necessità dell’autorizzazione previa del Sommo Pontefice per portare cardinali e vescovi a processo.

La modifica della legislazione arriva dopo l’intervento di Papa Francesco all’inaugurazione dell’anno giudiziario in Vaticano, il 27 marzo scorso. Il Santo Padre, nel Motu proprio firmato in data odierna, citando le parole pronunciate in quella occasione, richiama la “prioritaria esigenza, che – anche mediante opportune modifiche normative – nel sistema processuale vigente emerga la eguaglianza tra tutti i membri della Chiesa e la loro pari dignità e posizione, senza privilegi risalenti nel tempo e non più consoni alle responsabilità che a ciascuno competono nella aedificatio Ecclesiae”. È dunque sulla base di un principio di uguaglianza di tutti i membri della Chiesa, che Francesco stabilisce di abolire l’articolo 24 dell’ordinamento, dove si prevedeva per cardinali e vescovi accusati di reati penali nell’ambito dello Stato della Città del Vaticano, il ricorso alla Corte di Cassazione. Una Corte che è costituita da tre cardinali e da due o più giudici applicati.

Cardinali e vescovi rinviati a giudizio per reati penali comuni (non legati alla violazione di leggi ecclesiastiche regolate dal Diritto canonico) saranno pertanto giudicati al pari di tutti dallo stesso Tribunale vaticano, secondo i tre gradi di giudizio. Viene infatti introdotto un nuovo comma nell’articolo 6 dell’ordinamento giudiziario: “Nelle cause che riguardino gli Eminentissimi Cardinali e gli Eccellentissimi Vescovi, fuori dei casi previsti dal can. 1405 § 1, il tribunale giudica previo assenso del Sommo Pontefice”.

Ciò che resta immutata è la necessità, per cardinali e vescovi, di un’autorizzazione previa del Capo di stato vaticano perché siano processati.

LETTERA APOSTOLICA IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»
DEL SOMMO PONTEFICE FRANCESCO
RECANTE MODIFICHE IN TEMA DI COMPETENZA DEGLI ORGANI GIUDIZIARI DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO


Secondo la Costituzione conciliare Lumen Gentium, nella Chiesa tutti sono chiamati alla santità e hanno ugualmente la bella sorte della fede per la giustizia di Dio; infatti, “vige tra tutti una vera eguaglianza riguardo alla dignità e all’azione comune a tutti i fedeli nell’edificare il Corpo di Cristo” (n. 32). Anche nella costituzione Gaudium et Spes si afferma che “tutti gli uomini hanno la stessa natura e la medesima origine; tutti, da Cristo redenti, godono della stessa vocazione e del medesimo destino divino; è necessario perciò riconoscere ognor più la fondamentale uguaglianza fra tutti” (n. 29). Principio pienamente recepito nel codice di diritto canonico del 1983, che al canone 208 stabilisce: “fra tutti i fedeli […] sussiste una vera eguaglianza nella dignità e nell’agire […]”.

La consapevolezza di tali valori e princìpi, progressivamente maturata nella comunità ecclesiale, sollecita oggi un sempre più adeguato conformarsi ad essi anche dell’ordinamento vaticano.

In tal senso, nel recente discorso di apertura dell’Anno giudiziario ho inteso richiamare la “prioritaria esigenza, che – anche mediante opportune modifiche normative – nel sistema processuale vigente emerga la eguaglianza tra tutti i membri della Chiesa e la loro pari dignità e posizione, senza privilegi risalenti nel tempo e non più consoni alle responsabilità che a ciascuno competono nella aedificatio Ecclesiae; il che richiede non solo solidità di fede e di comportamenti, ma anche esemplarità di contegno ed azioni”.

Muovendo da queste considerazioni, e fermo quanto disposto dal diritto universale per alcune specifiche fattispecie espressamente indicate, si avverte oggi l’esigenza di procedere ad alcune ulteriori modifiche dell’ordinamento giudiziario dello Stato della Città del Vaticano, anche al fine di assicurare a tutti un giudizio articolato in più gradi ed in linea con le dinamiche seguite dalle più avanzate esperienze giuridiche a livello interazionale.

Tanto premesso, con la presente Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, dispongo che:

1. Nella Legge sull’ordinamento giudiziario del 16 marzo 2020, n. CCCLI, all’art. 6, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente: «4. Nelle cause che riguardino gli Eminentissimi Cardinali e gli Eccellentissimi Vescovi, fuori dei casi previsti dal can. 1405 § 1, il tribunale giudica previo assenso del Sommo Pontefice.»;

2. Nella Legge sull’ordinamento giudiziario del 16 marzo 2020, n. CCCLI l’art. 24 è abrogato.

Questo decido e stabilisco, nonostante qualsiasi disposizione in contrario.

Stabilisco che la presente Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio venga promulgata mediante la pubblicazione su L’Osservatore Romano ed entri in vigore il giorno successivo.

Dato a Roma, dal Palazzo Apostolico, 30 aprile dell’anno 2021, nono di Pontificato.

FRANCISCUS

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