Dirigenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano devono essere senza macchia. Niente beni o investimenti in paradisi fiscali, niente condanne o indagini per tutta una serie di reati

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Papa Francesco vara novità per garantire trasparenza e prevenire “conflitti di interessi, moralità clientelare e corruzione”, una nuova stretta in campo finanziario, con la firma di una nuova legge anti-corruzione per i dirigenti nei Dicasteri della Curia Romana, nelle istituzioni collegate alla Santa Sede e nel Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede N. 256 di oggi, 29 marzo 2021 pubblica la Lettera apostolica in forma di Motu proprio La fedeltà nelle cose di poco conto del Sommo Pontefice Francesco, firmata il 26 aprile 2021, recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica, con il contenuto che riportiamo di seguito.

Il Motu proprio La fedeltà nelle cose di poco conto del Santo Padre Francesco del 26 aprile 2021 chiede, che i dirigenti e gli amministrativi, inclusi i cardinali, dichiarino di non avere condanne o indagini per terrorismo, riciclaggio, evasione fiscale. Non potranno avere beni nei paradisi fiscali o investire in aziende che operano contro la Dottrina della Chiesa. È proibito a tutti i dipendenti accettare regali del valore superiore a 40 euro.

“La fedeltà nelle cose di poco conto è in rapporto, secondo la Scrittura, con la fedeltà in quelle importanti”. Inizia con queste parole il nuovo Motu proprio di Francesco sulla trasparenza, con il quale il Papa richiede a tutti i livelli dirigenziali della Santa Sede, e a tutti coloro che svolgono funzioni di amministrazione attiva, funzioni giurisdizionali o di controllo, di firmare una dichiarazione assicurando di non aver riportato condanne definitive, di non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio, sfruttamento dei minori, evasione fiscale. E di non detenere contanti o investimenti in paesi ad alto rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, in paradisi fiscali o partecipazioni in aziende che operino contro la Dottrina sociale della Chiesa.

La stretta segue quello del 19 maggio 2020, quando Papa Francesco aveva promulgato il nuovo codice degli appalti e si è reso necessario, spiega il Pontefice, perché la corruzione “può manifestarsi in modalità e forme differenti anche in settori diversi da quello degli appalti e per questo le normative e le migliori prassi a livello internazionale prevedono per i soggetti che ricoprono ruoli chiave nel settore pubblico particolari obblighi di trasparenza ai fini della prevenzione e del contrasto, in ogni settore, di conflitti di interessi, di modalità clientelari e della corruzione in genere”. Per questo la Santa Sede, che ha aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, “ha deciso di conformarsi alle migliori pratiche per prevenire e contrastare” questo fenomeno “nelle sue diverse forme”.

Così Papa Francesco ha stabilito di aggiungere degli articoli al Regolamento generale della Curia romana, con un provvedimento che riguarda tutti i soggetti inquadrati nei livelli funzionali C, C1, C2 e C3 (cioè dai Cardinali capi dicastero ai vicedirettori con contratto dirigenziale quinquennale), e tutti coloro che hanno funzioni di amministrazione attiva giurisdizionali o di controllo e vigilanza. Dovranno sottoscrivere al momento dell’assunzione e poi con cadenza biennale una dichiarazione.

Sono richiesti di attestare di non aver riportato condanne definitive, in Vaticano o in altri Stati, e di non aver beneficiato di indulto, amnistia o grazia, e di non essere stati assolti per prescrizione. Di non essere sottoposti a processi penali pendenti o a indagini per partecipazione a un’organizzazione criminale, corruzione, frode, terrorismo, riciclaggio di proventi di attività criminose, sfruttamento di minori, tratta o sfruttamento di esseri umani, evasione o elusione fiscale.

Dovranno poi dichiarare di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti o partecipazioni in società e aziende in Paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni ad alto rischio di riciclaggio (a meno che i loro consanguinei non siano residenti o domiciliati per comprovate ragioni familiari, di lavoro o studio). Dovranno assicurare, per quanto a loro noto, che tutti i beni, mobili e immobili, di loro proprietà o anche solo detenuti, come pure i compensi di qualunque genere percepiti, hanno provenienza da attività lecite. Significativa anche la richiesta “di non detenere” partecipazioni o “interessenze” in società o aziende che operino con finalità contrarie alla Dottrina sociale della Chiesa.

La Segreteria per l’Economia potrà eseguire controlli sulla veridicità delle affermazioni messe nero su bianco dai dichiaranti, e la Santa Sede, in caso di dichiarazioni false o mendaci, potrà licenziare il dipendente e chiedere i danni eventualmente subiti.

È infine vietato – e questa novità riguarda tutti i dipendenti della Curia romana, dello Stato della Città del Vaticano e degli enti collegati accettare, in ragione del proprio ufficio, “regali o altre utilità” di valore superiore a 40 euro.

Lettera apostolica in forma di Motu proprio del Sommo Pontefice Francesco recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica

La fedeltà nelle cose di poco conto è in rapporto, secondo la Scrittura, con la fedeltà in quelle importanti. Così come l’essere disonesto nelle cose di poco conto, è in relazione con l’essere disonesto anche nelle importanti (cf. Lc 16,10).

La Santa Sede, nell’aderire alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (Convenzione di Merida), ha deciso di conformarsi alle migliori pratiche per prevenire e contrastare la corruzione nelle sue diverse forme. Già con la Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio del 19 maggio 2020, recante «Norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano», sono stati posti presidi fondamentali nel contrasto alla corruzione nella materia dei contratti pubblici. La corruzione, però, può manifestarsi in modalità e forme differenti anche in settori diversi da quello degli appalti e per questo le normative e le migliori prassi a livello internazionale prevedono per i soggetti che ricoprono ruoli chiave nel settore pubblico particolari obblighi di trasparenza ai fini della prevenzione e del contrasto, in ogni settore, di conflitti di interessi, di modalità clientelari e della corruzione in genere.

Considerato che quanti prestano la loro opera nei Dicasteri della Curia Romana, nelle istituzioni collegate alla Santa Sede, o che fanno riferimento ad essa, e nelle amministrazioni del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano hanno la particolare responsabilità di rendere concreta la fedeltà di cui si parla nel Vangelo, agendo secondo il principio della trasparenza e in assenza di ogni conflitto di interesse, stabilisco quanto segue:

§1 Nel Regolamento Generale della Curia Romana, dopo l’articolo 13, è inserito il seguente articolo «Articolo 13bis.

§1 I soggetti inquadrati o da inquadrare nei livelli funzionali C, C1, C2 e C3, ivi compresi i Cardinali Capi Dicastero o Responsabili di Enti, nonché quelli che abbiano funzioni di amministrazione attiva giurisdizionali o di controllo e vigilanza di cui al §2, ivi inclusi i soggetti di cui agli articoli 10, 11 e 13§1 del presente Regolamento e 20 del Regolamento per il personale dirigente laico della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano, devono sottoscrivere all’atto di assunzione dell’ufficio o dell’incarico e con cadenza biennale una dichiarazione nella quale attestano:

a) di non aver riportato condanne definitive per delitti dolosi nello Stato della Città del Vaticano o all’estero e di non aver beneficiato in relazione agli stessi di indulto, amnistia, grazia e altri provvedimenti assimilabili o essere stati assolti dagli stessi per prescrizione;

b) di non essere sottoposti a processi penali pendenti ovvero, per quanto noto al dichiarante, a indagini per delitti di partecipazione a un’organizzazione criminale; corruzione; frode; terrorismo o connessi ad attività terroristiche; riciclaggio di proventi di attività criminose; sfruttamento di minori, forme di tratta o di sfruttamento di esseri umani, evasione o elusione fiscale;

c) di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti, ivi incluse le partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società e aziende, in paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni ad alto rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo come individuati con provvedimento dell’Autorità di Sorveglianza e Informazione Finanziaria, salvo che il dichiarante o i suoi consanguinei entro il terzo grado siano residenti in detti paesi o vi abbiano stabilito il domicilio per comprovate ragioni familiari, di lavoro o di studio;

d) che tutti i beni, mobili e immobili, di proprietà o anche solo detenuti dal dichiarante ovvero i compensi di qualunque genere da questo percepiti, per quanto noto al dichiarante, hanno provenienza da attività lecite e non costituiscono il prodotto o il profitto di reato;

e) di non detenere, per quanto a conoscenza del dichiarante, partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società o aziende che operino con finalità e in settori contrari alla Dottrina Sociale della Chiesa;

f) di non detenere, anche per interposta persona, contanti o investimenti, ivi incluse le partecipazioni o interessenze di qualunque genere in società e aziende, nei paesi inclusi nella lista delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali individuati con provvedimento della Segreteria per l’Economia, salvo che il dichiarante o i suoi consanguinei entro il terzo grado siano residenti in detti paesi o vi abbiano stabilito il domicilio per ragioni familiari, di lavoro o di studio e tali disponibilità siano state dichiarate alle autorità fiscali competenti.

§2 Per funzioni di amministrazione attiva si intendono quelle che comportano la partecipazione ai procedimenti che determinano l’assunzione di impegni economici di qualunque tipo da parte dell’Ente. Le funzioni giurisdizionali di cui al paragrafo 1 sono solo quelle giudicanti. Il paragrafo 1 non si applica al personale di supporto degli organismi di controllo e vigilanza. Con provvedimento dell’Ufficio del Revisore Generale in quanto autorità anticorruzione sono individuati gli uffici e gli incarichi cui si applicano gli obblighi dichiarativi in base al presente paragrafo.

§3 La dichiarazione di cui al paragrafo 1 è conservata dalla Segreteria per l’Economia nel fascicolo personale del dichiarante. Copia della stessa è trasmessa, per quanto di competenza, alla Segreteria di Stato.

§4 Ove ne abbia ragionevole motivo, la Segreteria per l’Economia, avvalendosi delle strutture a ciò preposte nella Santa Sede o nello Stato della Città del Vaticano, può eseguire controlli sulla veridicità delle dichiarazioni presentate.

§5 Fermi i casi di responsabilità penale, la mancata dichiarazione ovvero la dichiarazione falsa o mendace costituiscono grave illecito disciplinare ai sensi dell’articolo 76, §1, n. 2) e legittimano la Santa Sede a richiedere il danno eventualmente subito».

§2 All’articolo 40, paragrafo 1, del Regolamento Generale della Curia Romana, dopo la lettera m) è inserita la seguente lettera:«n) accettare o sollecitare, per sé o per soggetti diversi dall’Ente nel quale prestano servizio, in ragione o in occasione del proprio ufficio, doni, regali o altre utilità di valore superiore a euro quaranta».

§3 Il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, i Tribunali dello Stato della Città del Vaticano e gli Enti inclusi nell’elenco di cui all’art.1§1 dello Statuto del Consiglio per l’Economia per i quali non è prevista l’applicazione del Regolamento Generale della Curia Romana debbono provvedere a modificare la propria normativa sul personale in maniera conforme a quanto previsto dai paragrafi 1 e 2 entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente Motu Proprio.

Dispongo che quanto stabilito abbia immediato, pieno e stabile valore, anche abrogando tutte le disposizioni incompatibili, e che la presente Lettera Apostolica in forma di Motu proprio sia pubblicata su “L’Osservatore Romano” del 29 aprile 2021 e successivamente negli Acta Apostolicae Sedis.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 26 aprile 2021, nono del Pontificato.

FRANCISCUS

Postilla

“Vescovi, sacerdoti e leader nella Chiesa hanno l’obbligo davanti a Dio di guidare i fedeli dando esempio di santità, non dando esempio di ‘politicamente corretto’. Altrimenti sarebbero come dei cialtroni che spacciano moneta falsa” (Kattoliko Pensiero @kattolikamente- Twitter, 29 aprile 2021). Adesso che è promulgata la nuova legge, occorre iniziare da Zanchetta – a piedi liberi in Vaticano con inciarico alla Curia romana – e da Maradiaga – che rimane coordinatore del Consiglio dei Cardinali -per dare il buon esempio, affinché ciò che si fa per il parroco si farà anche per il Papa. Altrimenti resterà la contraddizione, e ciò che non si fa per il Papa, non si farà mai per il parroco.

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