Centro Astalli: con pandemia molti tornano a chiedere cibo e aiuti

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Nel 2020 il Centro Astalli nelle sue 8 sedi territoriali  è stato al fianco di oltre 17.000 persone, di cui 10.000 a Roma. La richiesta di servizi come la mensa, le docce, i pacchi alimentari, le medicine, è forte in tutti i territori. Nella sola capitale sono stati distribuiti 54.417 pasti. Nel 2020 in Italia sono aumentati gli arrivi (34.000) ma diminuite le richieste d’asilo (28.000).

Presentando il Rapporto annuale 2021 del Centro Astalli il presidente, p. Camillo Ripamonti, ha tracciato la situazione: “Il 2021 è iniziato all’insegna del piano vaccinale per contenere la pandemia e mantenendo l’immagine della mascherina è come se lo sguardo del mondo intero, da dietro questo dispositivo di protezione, furtivamente cercasse di guardare al futuro, lasciandosi dietro un faticoso passato prossimo, mentre ancora vive il travaglio del presente. Anche per il mondo dei rifugiati in Italia, dall’osservatorio del Centro Astalli mai come nel 2020 gli occhi dei rifugiati, che emergevano da mascherine di ogni tipo, evocavano un passato, parlavano di un presente, speravano in un futuro”.

Il rapporto è un racconto della situazione: “Il Rapporto annuale racconta questo mondo, vissuto nella sede di Roma e nelle varie sedi territoriali (Bologna la nuova realtà della rete Astalli, Catania, Grumo Nevano, Palermo, Trento, Vicenza, e Padova) con un numero di rifugiati che si attesta intorno ai 17.000. Uomini, donne e bambini hanno vissuto come in trappola l’anno della pandemia, mostrando le fatiche di anni di politiche sull’immigrazione ideologiche e strumentali giocate sulla loro pelle”.

Le politiche securitarie hanno determinato la marginalità delle persone: “Per loro è stato importante che la porta di via degli Astalli non sia mai rimasta chiusa, perché in un tempo di grande difficoltà e confusione generale, questa ha costituito un riferimento costante.

Così è stato per tutte le sedi territoriali. Sebbene sia stato necessario rimodulare i servizi non abbiamo mai smesso di accompagnare i rifugiati più in difficoltà e con loro, ove necessario, chi condivideva la stessa sorte.

Alcuni degli effetti dei decreti sicurezza, archiviati definitivamente a fine 2020, si sono fatti sentire duramente con lo scoppio della pandemia (poi il lockdown e i mesi successivi hanno di fatto congelato tutto). Per esempio la difficoltà in molti casi di rinnovare i permessi di soggiorno da umanitari in altre forme di permesso o di convertirli in motivi di lavoro.

Questo ha comportato come conseguenza l’impossibilità per molte persone di iscriversi al Servizio Sanitario Nazionale con grave rischio durante la pandemia per la salute propria e di conseguenza per la salute della collettività. Oltre il 30% delle persone che si sono rivolte all’ambulatorio del Centro Astalli di Palermo non era iscritto al SSN”.

Ed infine uno sguardo sul futuro per costruire una cultura dell’incontro: “Anche nel 2020 sono continuati, tra le difficoltà della didattica a distanza, i progetti di sensibilizzazione e partecipazione nelle scuole, Finestre e Incontri: 15 città, 200 istituti scolastici, circa 15.000 studenti coinvolti.

Abbiamo continuato ad affiancare docenti e studenti perché siamo convinti che la scuola è luogo in cui continuare a cercarsi anche in questo tempo ed è luogo di una conoscenza che responsabilizza. Siamo convinti di questo e siamo convinti che questo impegno possa aiutare tutti a creare una cultura dell’incontro in cui i rifugiati si sentano protagonisti”.

Nel 2020 il servizio dei gesuiti per i rifugiati, nelle sue 8 sedi territoriali (Roma, Bologna, Catania, Grumo Nevano, Palermo, Trento, Vicenza, Padova), è stato al fianco di oltre 17.000 persone, di cui 10.000 a Roma.

La richiesta di servizi come la mensa, le docce, i pacchi alimentari, le medicine, è forte in tutti i territori: si calcolano 3.500 utenti alla mensa di Roma (tra cui 2.198 richiedenti o titolari di protezione) di questi più del 30% è senza dimora, in stato di grave bisogno. Nella sola capitale sono stati distribuiti 54.417 pasti.

Le persone accolte nella rete del Centro Astalli sono state 882 di cui 225 a Roma (126 nei centri Siproimi/SAI; 83 nelle comunità di ospitalità e 16 nelle case famiglia). Nel 2020 a Roma sono state sostenute dallo Spazio Inclusione e dal Servizio di accompagnamento all’autonomia oltre 600 persone, il 30% in più rispetto al 2019. Anche a Trento lo sportello lavoro ha registrato un aumento di oltre il 30% del numero degli interventi effettuati.

Sono stati inseriti 83 beneficiari nelle comunità di ospitalità che il Centro Astalli gestisce a Roma in collaborazione con 30 congregazioni religiose. A Trento 4 studenti universitari italiani fuori sede hanno iniziato un’esperienza di convivenza con 10 richiedenti asilo in una struttura dei padri comboniani.

Anche a Roma nel 2020 è iniziato un co-housing di 5 universitari: 3 rifugiati e 2 italiani. Nei progetti di sensibilizzazione del Centro Astalli in circa 200 istituti scolastici di 15 città italiane sono stati coinvolti circa 15.000 studenti, in gran parte con la Didattica a distanza. Oltre 400 i volontari italiani e stranieri nelle 8 sedi territoriali.

Nel 2020 a Roma sono state sostenute dallo Spazio Inclusione e dal Servizio di accompagnamento all’autonomia oltre 600 persone, il 30% in più rispetto al 2019. Anche a Trento lo sportello lavoro ha registrato un aumento di oltre il 30% del numero degli interventi effettuati.

Sono stati inseriti 83 beneficiari nelle comunità di ospitalità che il Centro Astalli gestisce a Roma in collaborazione con 30 congregazioni religiose. Molti, impiegati nella ristorazione o nel settore alberghiero, settori in cui tradizionalmente c’è molta richiesta, sono rimasti senza occupazione ed esclusi dall’accesso agli ammortizzatori sociali.

Il rapporto, infine, ha sottolineato il valore del volontariato: “Siamo sostenuti in questo impegno dalla collaborazione convinta ed indispensabile di oltre 400 volontari: italiani, stranieri, seconde e terze generazioni di migranti in Italia e anche rifugiati, che desiderano impegnarsi per una società più aperta e più giusta.

In questa direzione ci sembra significativa nella crisi creata dalla pandemia l’apertura di un nuovo Centro Astalli a Bologna. La società civile vuole essere protagonista di un cambiamento che non può più aspettare.

Abbiamo sperimentato la forza di un patto generazionale: tanti giovani si sono offerti di fare servizio volontario anche nei periodi più duri, per permettere così ai volontari più anziani di rimanere a casa”.

(Foto: Centro Astalli)

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