Due bambini vedono un feto di dodici settimane: ecco cosa svelano i loro occhi innocenti

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Se si vuole difendere l’aborto nel dibattito pubblico occorre assumersi la responsabilità di ciò che si sostiene: occorre sapere cosa si sta legittimando. Ci sono in gioco molte vite, vale la pena o no di essere onesti? Penso che non sia vero amore per le donne ‘sorvolare’, mascherare la realtà, addolcirla. Quando andiamo a fare una scelta importante, dobbiamo poterla ponderare. Sennò dov’è la vera libertà di scelta?

Quando ci schieriamo a favore della vita ci sentiamo dire spesso che ‘non dobbiamo giudicare’, perché ci possono essere situazioni gravissime, dolori, paure che inducono una donna a non sentirsi in grado di tenere il figlio concepito. Ci dicono di “non giudicare”, perché non viviamo nei panni altrui. E hanno ragione!

A mio avviso, ‘non giudicare’ è una massima che vale sempre, perché è vero che ci possono essere dolori e ferite molto grandi, di cui non sappiamo nulla. ‘Non giudicare’: dovremmo stampare queste due parole e attaccarle in giro per casa, in ogni parete, perché le nostre anime le conosce fino in fondo solo Dio. Il giudizio spetta a Lui.

Tuttavia, prendere posizione su una determinata azione non necessariamente vuol dire ‘condannare’ chi la compie. Posso dire che non considero buona l’azione di rubare, senza condannare una persona che ha rubato (perché magari si trovava in un momento di grave necessità o non era lucida); posso dire cosa penso dell’aborto, senza condannare chi si è trovato a compiere tale gesto.

Ma il contrario di ‘non giudicare’ non è ‘qualunque azione tu faccia, per me è sempre giusta’.

Avendo una mia scala di valori, posso non condividere l’opzione dell’aborto e non per questo salire in cattedra a insultare. Anzi, magari mi metto al servizio, mi offro come spalla, mi rendo disponibile nell’ascolto, o cerco di dare un aiuto concreto, se so che una mia amica sta pensando di prendere quella decisione.

Posso anche veder compiere quel gesto da una donna e, pur non condividendo, evitare di farla sentire una persona squallida e dannata, ma anzi continuare a desiderare il meglio per lei, in primis gioia e pace vera. Se devo essere sincera, ‘fai quello che vuoi, è una scelta tua’ non mi sembra una risposta carica di amore rispetto al tema dell’aborto, mi sembra una risposta comoda. Ci vedo la stessa comodità di chi nasconde la testa sotto la sabbia per non ammettere la verità.

L’amore, invece, è empatia, è sporcarsi le mani con le fatiche dell’altro, è farsi in quattro per esserci. Gesù dice di comportarsi come vorremmo che gli altri si comportassero con noi. Se io mi sentissi spaventata, stanca, sconvolta per una gravidanza inattesa mi piacerebbe che mi dicessero: “Se hai bisogno, io ci sono, puoi contare su di me. Per qualsiasi cosa. E ti resterò vicino, senza giudicarti, qualunque cosa tu faccia”.

Sicuramente, però, se stessi pensando di abortire vorrei sapere prima cosa sto andando a fare veramente, non scoprirlo dopo, quando non posso più tornare indietro. “Se avessi saputo prima cosa significava abortire…”, quante volte l’ho sentito dire!

Nessuna donna deve vivere un rimorso simile. Smettiamola di pensare che amare significhi far tacere ogni grillo parlante. La verità fa male, forse, ma è l’unica cosa che rende sul serio liberi. Sì, amici pro-choise, anche liberi di scegliere.

(Fine)

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