4^ domenica; Chi è Gesù? ‘Io sono il buon Pastore’!

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Chi è Gesù?  Domanda legittima alla quale l’apostolo Pietro aveva dato una risposta: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente; domanda alla quale nel brano del Vangelo è Gesù stesso che si autodefinisce ‘Io sono il buon Pastore’: immagine suggestiva quella del Pastore buono che conosce le sue pecorelle, le chiama per nome, le conduce fuori e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce.

‘Buono’ non nel senso di paziente e delicato con pecore ed agnelli; non è un pastore, ma il Pastore vero ed autentico. Il Pastore ‘bello’ (dice letteralmente il testo originale): la bellezza non sta nell’aspetto esteriore ma nel rapporto autentico con le pecore; io offro la vita, dice Gesù, non domando nulla ma dono tutto l’amore; non pretendo nulla ma regalo il meglio; non tolgo la vita a nessuno ma dono la vita eterna. Gesù è il buon pastore, non è il mercenario, colui che va dietro le pecore per il salario, per la mercede pattuita.

Il mercenario, se vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge; il lupo le rapisce e le disperde perché al mercenario non importa la salute delle pecore ma interessa il salario, la mercede. Il buon Pastore invece dà la vita per le sue pecore, ha interesse di far crescere sane e sicure le sue pecore ed accrescere il  suo gregge; ecco perché Gesù subito aggiunge:

“Ho altre pecore che non appartengono a questo recinto: anche quelle io devo guidare; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore”. Davanti allo sguardo del Cristo è presente l’esperienza drammatica della moltitudine di persone ‘stanche e sfinite come pecore senza pastore’.

Si rende  necessaria la preghiera al Padre, che vuole tutti salvi: “pregate, egli dice, il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”; con la preghiera occorre anche l’azione: Gesù infatti non solo prega, ma chiama gli Apostoli, li forma alla sua scuola per tre anni, li invia ad annunciare il vangelo: ‘come il Padre ha mandato me, io ora mando voi…’.  Ieri come oggi Gesù chiama giovani ed adulti all’apostolato attivo; ad impegnarsi a seguirlo in modo totale e ripete loro: ‘non abbiate paura; non vi lascio soli’.

Gesù conosce le difficoltà dell’apostolato e dona ai ‘chiamati’ forza e coraggio per superarle.  Egli è quel Pastore buono che vive ed attua il respiro di quella fraternità di cui oggi il Pontefice: papa Francesco,  ci parla nell’enciclica ‘Fratelli tutti’ ed invita i giovani di questo terzo millennio di cristianesimo a vivere e riscoprire l’affascinante vocazione fondamentale ricevuta nel Battesimo: la chiamata alla vera libertà che ci rende figli di Dio e fratelli e sorelle tra di noi.  Chi è allora Gesù?

La risposta ce la dà, come vedi, lo stesso Cristo Gesù: ‘Io sono il buon Pastore’. Il buon pastore offre la vita per le sue pecore; nessuno, egli dice, me la toglie, ma la offro da me stesso.

Due mila anni di cristianesimo ci hanno fatto incontrare capi di popolo che hanno mandato allo sbaraglio, al macello, grandi masse di gente; agitatori politici che per interessi personali, sotto l’egida di ideali veri o presunti, si sono insanguinati le mani ma nessuno ha preferito sacrificare se stesso per il bene del popolo. 

Il primo dovere del vero Pastore, sull’esempio di Gesù, è conoscere il proprio gregge: Gesù diceva ‘conosco le mie pecore ed esse conoscono me ed ascoltano la mia voce’;  dovere del Pastore è custodire il gregge: non come il mercenario che fugge o come un freddo e distaccato funzionario che ha solo l’interesse di fare quadrare i conti e guarda la gente dell’alto in basso,  dimenticando che comandare, guidare un popolo significa ‘servire il popolo’ come ha fatto Gesù, pronto anche a lavare i piedi ai suoi: ‘mi chiamate Signore e Maestro e dite bene perché lo sono’;  ma io vi ho lavato i piedi, vi ho dato l’esempio: ‘come ho fatto io , fate voi!’.

Il buon Pastore offre la vita per le sue pecore; fa udire la sua voce; si preoccupa per ciascuna di esse, per la salvezza di tutte.  Chi è Gesù, questo buon pastore? La risposta la darà l’apostolo Pietro, che, ricolmo di Spirito Santo e della grazia divina, si rivolge ai Capi e al popolo dicendo:

“Oggi siamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo dalla nascita. Sia noto a tutti voi e al popolo di Israele: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui   che vi sta innanzi è stato risanato. Gesù è quella pietra, come dice la Scrittura, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra angolare, e non c’è salvezza se non nel nome di Gesù”.

Con Gesù Cristo si viene ad instaurare l’era nuova, l’era dei figli di Dio, l’era della libertà. I dominatori, quelli che hanno potere sugli altri hanno sempre concepito il loro rapporto con i sudditi in chiave di dominio e di sfruttamento: spremere dai sudditi tutto il possibile, come si spreme dalle pecore il latte, la carne, la lana lasciando le pecore sempre più deboli, malate, ferite, disperse per poterle dominare più facilmente. 

Questi sono falsi pastori, ladri e delinquenti; sono veri mercenari ai quali importa solo il loro tornaconto e non il bene delle pecore, del popolo; questo è quel quadro amaro del dominio dell’uomo sull’uomo, radicato sull’orgoglio diabolico. Gesù venendo nel mondo si presenta invece con note diametralmente opposte.

Egli è il Pastore a servizio del gregge, e dirà: ‘Tra di voi chi comanda sia il servitore di tutti’. Dio-Amore vuole tutti salvi con sé, desidera il nostro bene, la nostra felicità. La Chiesa è chiamata a svolgere nel mondo le stesse funzioni di Cristo buon pastore. Guardatevi attorno ed osservata come si svolge la vita in una città lontana da Dio: è l’immagine triste di un gregge senza pastore; un gregge che esce, che si agita, grida, ruba, uccide in nome della libertà.

Questa però non è libertà ma libertinaggio. Libertà è rispetto, collaborazione, servizio, amore. Gesù ci propone una esperienza di liberazione nel rispetto della libertà dei figli di Dio. L’apostolo Giovanni ci ricorda: “Fratelli, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre da essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente”.

Il Padre vuole solo la nostra felicità e per aiutare questo uomo ha mandato il Figlio, che ha assunto la natura umana e, come uomo, è morto in croce per noi, per salvarci. In nome di Gesù noi, oggi, invochiamo Dio ‘Padre nostro che sei nei cieli’.

Questo Gesù si presenta a noi come ‘il buon pastore’. Però, da persone intelligenti, sappiamo che: amore con amore si paga; allora la necessità di tornare al Signore che ci invita dicendo: ‘convertitevi’. Solo così troveremo Gesù con le braccia aperte per accoglierci, liberarci da ogni male. Come pecore del grande gregge del Signore: ascoltiamo la sua voce ed assicureremo per noi un posto nel regno dei cieli.

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