ACS: nel mondo in aumento le violazioni alla libertà religiosa

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In 26 Paesi del mondo la libertà religiosa è soffocata dalla persecuzione: lo si evince dal Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo 2021, pubblicato dalla fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) e giunto alla sua XV edizione. In particolare è evidenziato che in una nazione su tre si registrano gravi violazioni della libertà religiosa: questo diritto fondamentale non è stato rispettato in 62 dei 196 Paesi sovrani (31,6% del totale) nel biennio 2018-2020.

Nell’introduzione al rapporto il dott. Thomas Heine-Geldern, presidente di ACN, ha sottolineato il valore del rapporto: “Il Rapporto di ‘Aiuto alla Chiesa che Soffre’ (ACN) sulla libertà religiosa nel mondo è il progetto di ricerca più importante di ACN, e si è evoluto considerevolmente anno dopo anno, trasformandosi da piccolo volume in una pubblicazione in media di oltre 800 pagine, realizzata da un’équipe internazionale…

Nell’ambito di conflitti violenti, come quelli in atto in Siria, Yemen, Nigeria, Repubblica Centrafricana, Mozambico (solo per citarne alcuni) vi è chi, nell’ombra, sta manipolando le convinzioni più profonde dell’umanità, strumentalizzando la religione per acquisire potere”.

Ed ha sottolineato l’impegno verso la garanzia della libertà religiosa: “Il nostro impegno nei confronti di questo diritto fondamentale riflette la nostra missione. Questo Rapporto non è soltanto un mezzo attraverso il quale compiere il nostro servizio a sostegno della Chiesa sofferente, ma è anche uno strumento per dare voce a coloro con cui realizziamo i nostri progetti nei diversi Paesi che sono stati tragicamente segnati dalle conseguenze della persecuzione. Questo è il 22° anno da quando il nostro ufficio italiano pubblicò per la prima volta il Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, nel 1999. E purtroppo non sarà l’ultimo”.

Marcela Szymanski, direttrice del Rapporto, ha notato che “circa 4.000.000.000 di persone, ossia poco più della metà (51%) della popolazione mondiale, vivono nei 26 Paesi classificati come quelli in cui vengono perpetrate le più gravi violazioni della libertà religiosa. Quasi la metà di questi Paesi si trova in Africa”.

Sempre la direttrice ha evidenziato l’operato del presidente turco Erdogan: “Durante il periodo in esame il presidente Erdogan ha messo da parte il laicismo di Atatürk e ha introdotto una politica estera neo-ottomana che fa della Turchia una potenza globale sunnita.

Come dimostrato dalla conversione dell’Hagia Sophia di Istanbul in una moschea, l’Islam è promosso in ogni aspetto della vita pubblica. A livello internazionale, Erdogan ha deciso interventi militari in Libia, Siria, Iraq settentrionale e nell’ambito della guerra tra Armenia e Azerbaijan. Il governo di Ankara ha anche cercato di influenzare la libertà religiosa in Albania, Bosnia, Kosovo e Cipro”.

Anche il direttore italiani di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Alessandro Monteduro, ha sintetizzato il Rapporto: “Nove Paesi per la prima volta si sono aggiunti alla lista: sette in Africa (Burkina Faso, Camerun, Ciad, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Mali e Mozambico) e due in Asia (Malesia e Sri Lanka).

La causa principale è la progressiva radicalizzazione del continente africano, specie nelle aree sub-sahariana e orientale, dove la presenza di gruppi jihadisti è notevolmente aumentata…

Questa radicalizzazione non si limita tuttavia all’Africa. Il Rapporto descrive il consolidamento di un network islamista transnazionale che si estende dal Mali al Mozambico, dalle Comore nell’Oceano Indiano alle Filippine nel Mar Cinese Meridionale, il cui scopo è creare un sedicente califfato transcontinentale”.

Intervenendo in videoconferenza dal Canada, dove vive insieme alle due figlie e al marito, Asia Bibi ha chiesto ‘alla comunità internazionale e alle autorità in Pakistan di far rispettare il diritto alla libertà religiosa’.

Ricordando ‘il sacrificio’ di Shahbaz Bhatti, il ministro pakistano per le Minoranze religiose ucciso dopo averle fatto visita in carcere, Asia Bibi ha parlato della legge sulla blasfemia come di una “spada nelle mani della maggioranza del Paese, composta per il 95% da musulmani. Noi cristiani siano perseguitati da questa legge del codice penale pakistano”.

In 42 Paesi (21% del totale), abbandonare o cambiare la propria religione può determinare gravi conseguenze legali e/o sociali, con uno spettro di possibili conseguenze che va dall’ostracismo familiare alla pena di morte.

La relazione di ACS denuncia anche l’incremento della violenza sessuale impiegata come un’arma contro le minoranze religiose, in particolare i crimini contro donne adulte e minorenni le quali vengono rapite, violentate e costrette a ripudiare la loro fede per abbracciare coattivamente quella maggioritaria.

Il 67% circa della popolazione mondiale, pari a circa 5.200.000.000 persone, vive attualmente in nazioni in cui si verificano gravi violazioni della libertà religiosa. Anche la persecuzione religiosa da parte dei governi autoritari si è intensificata:

la promozione della supremazia etnica e religiosa in alcune nazioni asiatiche a maggioranza indù e buddista ha contribuito a intensificare l’oppressione ai danni delle minoranze, riducendone spesso i componenti a livello di cittadini di seconda classe. L’India rappresenta il caso più eclatante, ma tali politiche vengono applicate anche in Pakistan, Nepal, Sri Lanka e Myanmar.

In Occidente si registra una diffusione della ‘persecuzione educata’, secondo l’espressione coniata da papa Francesco per descrivere il conflitto fra le nuove tendenze culturali e i diritti individuali alla libertà di coscienza, conflitto a causa del quale la religione viene relegata nel ristretto perimetro dei luoghi di culto.

In ultimo è esaminato l’impatto del covid 19 sulla libertà religiosa: “Nessun evento della storia moderna ha colpito la vita della popolazione mondiale in modo così significativo e universale come la pandemia di COVID-19. Senza distinzioni di razza, colore o credo, la pandemia ha lacerato il tessuto della salute pubblica e ha sconvolto le pratiche tradizionali nell’economia globale, così come i governi, spesso con profonde implicazioni per i diritti umani, incluso quello della libertà religiosa. L’impatto della pandemia non ha soltanto rivelato le debolezze di fondo della società, ma in molte aree del mondo ha esacerbato le fragilità esistenti derivanti da povertà, corruzione e strutture statali vulnerabili…

La reazione dei governi all’emergenza sanitaria ha colpito profondamente i diritti umani fondamentali, tra cui la libertà di riunione e la libertà religiosa, provocando dibattiti sulle implicazioni delle decisioni politiche…

Esempi di disparità sono stati evidenziati da regolamenti comparativi in alcuni Stati degli Stati Uniti ed in Spagna, dove la partecipazione alle funzioni religiose è stata molto limitata, mentre le attività economiche o ricreative sono state autorizzate ad accettare un numero maggiore di partecipanti…

La pandemia di COVID-19 ha aperto un importante dibattito in tutto il mondo circa i diritti fondamentali della persona umana, incluso quello alla libertà religiosa, sulle implicazioni dell’eccesso di legislazione e sul fatto che, in alcuni casi, governi aggressivamente laici siano adeguatamente in grado di discernere l’importanza di questi diritti”.

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